Le acciughe hanno ragione

La vita è una dura maestra (o quella era la storia? o la luna?). Insomma, in genere non è molto clemente: se fai uno sbaglio, te la fa pagare duramente. A volte, per fortuna, l’errore è virtuale e le conseguenze che paghi sono minime. [Uno scherzo nello scherzo: è stato il romanzo di Robert Heinlein, The Moon Is a Harsh Mistress, a rendere popolare l’acronimo TANSTAAFL!, There Ain’t No Such Thing As A Free Lunch! – era il 1966.]

Tanstaafl

wikipedia.org

Ma andiamo con ordine. Da qualche giorno gironzola viralmente per la rete (io l’ho vista su Facebook) questa vignetta:

Don't Panic, Organise

media.tumblr.com

L’altro ieri, dopo averla vista, commentandola, mi sono messo a polemizzare. Mi sembrava che l’organizzazione della seconda vignetta non fosse un’organizzazione vera, ma un’organizzazione soltanto apparente. In altro parole: sembra un pesce più grosso di quello che scappa, ma non lo è realmente. Basta che il predatore ora in fuga rifletta un secondo, che si gira e ti si mangia i pescetti in un boccone.

Pensavo di avere ragione, influenzato anche dal poeta che ammonisce che sì, “le acciughe fanno il pallone” ma che il tonno non si fa ingannare e se non sei veloce con la rete “non te ne lascia una.”

Le acciughe fanno il pallone
che sotto c’è l’alalunga
se non butti la rete
non te ne lascia una

alla riva sbarcherò
alla riva verrà la gente
questi pesci sorpresi
li venderò per niente

se sbarcherò alla foce
e alla foce non c’è nessuno
la faccia mi laverò
nell’acqua del torrente

ogni tre ami
c’è una stella marina
amo per amo
c’è una stella che trema

ogni tre lacrime
batte la campana
passano le villeggianti
con gli occhi di vetro scuro

passano sotto le reti
che asciugano sul muro
e in mare c’è una fortuna
che viene dall’oriente

che tutti l’hanno vista
e nessuno la prende
ogni tre ami
c’è una stella marina

ogni tre stelle
c’è un aereo che vola
ogni tre notti
un sogno che mi consola

bottiglia legata stretta
come un’esca da trascinare
sorso di vena dolce
che liberi dal male

se prendo il pesce d’oro
ve la farò vedere
se prendo il pesce d’oro
mi sposerò all’altare

ogni tre ami
c’è una stella marina
ogni tre stelle
c’è un aereo che vola

ogni balcone
una bocca che m’innamora
ogni tre ami
c’è una stella marina

ogni tre stelle
c’è un aereo che vola
ogni balcone
una bocca che m’innamora

le acciughe fanno il pallone
che sotto c’è l’alalunga
se non butti la rete
non te ne lascia una
non te ne lascia una
non te ne lascia

Poesia, poesia, “perché di tanto inganni i figli tuoi?”

Dopo essermi incaponito a vilipendere la virale vignetta e chi me l’aveva mandata, tornato sobrio sono andato ad abbeverarmi alla più affidabile scienza, e mi sono dovuto ricredere: la strategie delle acciughe funziona.

Ecco che cosa ho trovato, sull’archivio di Tuttoscienze, inserto scientifico de La Stampa.

SCIENZE DELLA VITA. STRATEGIE DIFENSIVE
Acciughe, argento vivo
Banchi compatti contro i predatori
di Matteo Perelli
17 dicembre 1997

ERO a 15 metri sotto la superficie marina quando all’improvviso fui colpito dal luccicare di una massa argentea che si muoveva davanti a me. Non era un sommergibile nucleare né un grosso mammifero marino e nemmeno un grosso squalo bianco ma semplicemente un banco di acciughe. Mi tuffai allora dentro quella nuvola argentata, costituita da almeno un migliaio di individui, nel tentativo di toccarne qualcuna. Il banco di acciughe cambiò però rapidamente direzione e si dileguò lasciandomi a mani vuote. Come potevano tanti pesci spostarsi contemporaneamente così da costituire un unico insieme indivisibile sia nella forma sia nei movimenti?
Le acciughe sono pesci dalle abitudini gregarie che trovano il loro meccanismo difensivo nel rimanere uniti in modo da confondere i predatori; il gioco di luci che si viene a creare sui loro corpi è uno spettacolo meraviglioso, ma tentare di fissare lo sguardo su una sola creatura in questa massa scintillante è quasi impossibile. I predatori rimanendo così confusi non riescono a catturare un singolo individuo perché non sanno scegliere la loro vittima.
Il colore argenteo è prodotto da microscopiche lamelle rifrangenti che ricoprono le loro squame. Esse sono formate da iridociti, sorta di cristalli opachi composti da un materiale chiamato Guanina (composto chimico presente anche negli acidi nucleici, come Dna ed Rna, comuni alle cellule di tutti gli esseri viventi). Questo cristallo riflette la luce in vari modi, tanto che a volte conferisce al pesce un colore argenteo mentre altre volte il colore è bianco. L’unione di diversi strati di Iridociti ad uno strato di pigmento normale, in cui si mescolano anche alcuni di questi cristalli opachi, produce l’iridescenza. Non è ancora ben chiaro come la luce è riflessa, ma probabilmente gli strati sovrapposti di cristalli permetterebbero ad alcune lunghezze d’onda, o colori, di essere riflesse con un angolo particolare, mentre altre verrebbero assorbite. L’acciuga (Engraulis encra sicholus) appartiene all’ordine dei Clupeiformi, pesci apparsi nel Cretaceo comprendenti le principali famiglie dei Clupeidi e degli Engraulidi. Ai Clupeidi appartengono specie come l’aringa (Clupea harengus), la sardina (S. pilchardus sardina), l’alaccia (Sardinella aurita) e l’alosa (Alosa alosa) con la quale non dobbiamo confondere invece l’acciuga. In particolare viene infatti spesso confusa dal profano con la sardina. Anche se si tratta di pesce azzurro, esistono alcune particolari diversità per le quali è pressoché impossibile incorrere nell’errore. È presente in tutto il Mediterraneo, nell’Oceano Atlantico, nonché nel Baltico e nel Mare del Nord.
L’acciuga, chiamata anche alice, ha il corpo affusolato, poco compresso, con la superficie ventrale liscia. L’occhio è grande e circolare. La bocca, apparentemente piccola, è in effetti molto grande. Il colore del dorso è azzurro-verdastro quando è ancora viva ma dopo pescata assume una colorazione bluastra. Fianchi e ventre sono argentati. Può raggiungere una lunghezza totale di 20 cm. La sardina invece ha una corporatura più massiccia con il ventre leggermente carenato, presenta varie macchie nere non ben definite dietro l’opercolo branchiale, che è nettamente striato. Inoltre ha il dorso verde oliva e lungo i fianchi corre una striscia bluastra. […]

Sull’argomento torna, due settimane dopo (nel numero del 31 dicembre 1997), Isabella Lattes Coifmann:

SCIENZE DELLA VITA. STRATEGIE DEI PESCI PICCOLI
La salvezza è nel branco
E tanti sistemi per comunicare
di Isabella Lattes Coifmann
31 dicembre 1997

SI è parlato recentemente su queste pagine dell’esperienza di un biologo che, durante un’immersione, capita in mezzo a una miriade di acciughe. Un’esperienza affascinante, perché mette l’uomo a contatto diretto con quella che si può definire una delle più efficienti strategie difensive della natura. Al fenomeno del “banco di pesci” ha dedicato anni di ricerche una biologa americana, Evelyn Shaw della Stanford University. Cos’è il banco? E’ la forma più semplice di raggruppamento sociale. Non è una vera e propria società, come potrebbe essere quella delle api o dei babbuini, in cui c’è un ordine gerarchico e una suddivisione del lavoro. Non esiste un leader, un capofila che guida lo sciame, ma i pesci che nuotano in prima linea si scambiano frequentemente il posto con quelli che si trovano in posizioni arretrate. È come se i componenti del banco rispondessero a una misteriosa parola d’ordine: “Attenzione! Mantenere le distanze. Nuotare paralleli ai compagni di destra e di sinistra. Pronti a virare se gli altri virano. Sempre compatti e all’unisono in tutti i movimenti”. È la strategia vincente per sopravvivere in un mondo, come quello acquatico, popolato da predoni affamati. La adottano i pesci piccoli, come quei graziosi pesciolini giallo-rossi lunghi una decina di centimetri che rispondono al nome di Anthias squamipinnis, ma la adottano anche pesci più grossi come le acciughe, le aringhe, i merluzzi, i tonni e tanti altri. Sono banchi costituiti da esemplari di dimensioni pressoché identiche e quindi presumibilmente della stessa età, che possono contare anche milioni di individui e ricoprono allora superfici immense. Si è accertato che l’attrazione reciproca si basa su stimoli visivi. È l’immagine del conspecifico che determina la reazione dell’individuo e lo fa adeguare immediatamente alla posizione degli altri. Una così perfetta sincronia di movimenti si evolve durante lo sviluppo. Negli esperimenti fatti in laboratorio dalla ricercatrice americana sui piccoli pesci argentei del genere Menidia, è apparso evidente che le larve di questi pesciolini, che alla nascita misurano quattro millimetri e mezzo, incominciano a formare banchi riunendosi in gruppo soltanto quando raggiungono gli undici o dodici millimetri di lunghezza. Man mano che crescono, l’istinto gregario si fa sempre più accentuato e i banchi diventano più compatti.
Indubbiamente il gruppo ha un effetto deterrente sul predatore, un banco di pesci piccoli che procede compatto simula un pesce grosso e la sua vista generalmente scoraggia il predatore. Ma anche nel caso che non raggiunga lo scopo di intimorirlo, riesce tuttavia a ridurre le perdite al minimo. Perché tutto quel turbinio di pesci che si muovono all’unisono intorno a lui, quel balenio di riflessi argentei finiscono per confonderlo. Non riesce a mangiarne che una minima parte, mentre ne mangerebbe assai di più se nuotassero isolati.
[…]
Per tutt’altro scopo si coalizzano le inoffensive e graziose donzelle (Coris julis). Non hanno nessuna intenzione di commettere un’azione teppistica come quella degli Zebrasoma. Vogliono semplicemente unire le proprie forze per scacciare un visitatore importuno. Lo fanno per esempio per mettere in fuga un grosso polpo che tenta d’insediarsi nella loro tana, oppure per cacciar via un barracuda che vorrebbe stabilirsi nel loro territorio. Queste coalizioni di creature inermi per combattere un nemico assai più forte di loro prende nome di “mobbing“. E’ un termine inglese che si può tradurre: ” raggrupparsi in bande”. Una strategia abbastanza diffusa nel mondo animale.
[…]
La straordinaria coesione del banco di pesci presuppone che esista un sistema di comunicazione tra i suoi membri. Qualche volta si tratta di una vera e propria comunicazione vocale a base di fruscii, di strofinii, di crepitii, in barba al detto che i pesci sono muti. Un altro canale di comunicazione è quello chimico. Come gli insetti e i mammiferi, anche i pesci emettono messaggi odorosi, i cosiddetti feromoni, che trasmettono messaggi di vario tipo. E infine vi sono pesci che comunicano mediante l’elettricità. Come i mormiridi africani che producono debolissime scariche elettriche. Non appena si profila all’orizzonte la sagoma di un predatore, l’avvistatore passa parola (elettrica, naturalmente) ai compagni che nuotano in ordine sparso e in men che non si dica si aggregano tutti a simulare un pesce grosso che tiene il nemico a distanza. La salvezza, dunque, sta nel numero.

[In entrambi gli articoli, i corsivi sono miei]

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