I principi del servizio pubblico per i funzionari dell’Unione europea

Oggi, 19 giugno 2012, il Mediatore europeo (forse più noto come European Ombudsman) ha presentato i principi deontologici dei funzionari europei. Il rischio è che, nella bufera che l’Unione europea sta attraversando, passino inosservati. E invece, al di là del tono a tratti un po’ roboante, sono un passo importante: perché è difficile immaginare che i cittadini europei non chiedano anche ai civil servant nazionali di aderire ai principi che guidano il comportamento dei funzionari delle istituzioni europee.

Per questo vi chiedo la pazienza di leggere almeno i 5 principi fondamentali e il breve commento che ne fa il mediatore stesso (European Ombudsman Resources – Principi del servizio pubblico per i funzionari dell’Unione). I più volonterosi trovano qui il documento completo in italiano.

I cinque principi del servizio pubblico

  1. Impegno verso l’Unione europea e i suoi cittadini
  2. Integrità
  3. Obiettività
  4. Rispetto per gli altri
  5. Trasparenza

1. Impegno verso l’Unione europea e i suoi cittadini

I funzionari sono consapevoli che le istituzioni dell’Unione esistono per servire gli interessi dell’Unione e dei suoi cittadini ai fini della realizzazione degli obiettivi dei trattati.

I funzionari adottano raccomandazioni e decisioni al solo scopo di servire tali interessi.

I funzionari svolgono le loro funzioni al meglio delle loro capacità e si adoperano per rispettare sempre i più elevati standard professionali.

Sono consapevoli di ricoprire una posizione che gode della fiducia dei cittadini e dimostrano di essere un buon esempio per gli altri.

2. Integrità

I funzionari s’ispirano a un principio di ragionevolezza e si comportano sempre in modo tale da sostenere il più rigoroso esame pubblico. Tale obbligo non è assolto comportandosi semplicemente secondo la legge.

I funzionari non assumono obblighi finanziari o di altra natura che potrebbero ripercuotersi sullo svolgimento delle loro funzioni, ivi incluso il ricevimento di donativi e dichiarano con sollecitudine eventuali interessi privati connessi alle loro funzioni.

I funzionari si adoperano per evitare i conflitti di interesse e il loro insorgere. Intervengono rapidamente per risolvere gli eventuali conflitti di interesse. Tale obbligo perdura anche dopo la fine del loro incarico.

3. Obiettività

I funzionari assumono un atteggiamento imparziale, aperto, basato sulla concretezza e incline all’ascolto di punti di vista differenti. Sono pronti a riconoscere e correggere gli errori.

Nel procedere con valutazioni comparative, i funzionari basano le proprie raccomandazioni e decisioni unicamente sul merito e su ogni altro fattore espressamente previsto dalla legge.

I funzionari non operano discriminazioni né consentono che simpatie e antipatie personali influenzino il proprio comportamento professionale.

4. Rispetto per gli altri

I funzionari agiscono nel rispetto reciproco e dei cittadini. Sono educati, disponibili, tempestivi e cooperativi.

Si impegnano seriamente a comprendere le affermazioni altrui e si esprimono con chiarezza, utilizzando un linguaggio semplice.

5. Trasparenza

I funzionari sono pronti a spiegare le proprie iniziative e a motivare il proprio operato.

Tengono registri idonei e sono disponibili per l’esame pubblico della loro condotta e del rispetto di questi principi del servizio pubblico.

Diamandouros

/www.europarl.europa.eu

Ed ecco il breve commento del Mediatore europeo, Nikiforos Diamandouros.

Come Mediatore europeo, è mia opinione che sia i cittadini sia i funzionari dell’Unione ritengono che questi cinque principi siano quelli a cui si dovrebbe ispirare il servizio pubblico dell’UE. […]

Conoscerli può aiutare i funzionari a comprendere e ad applicare le norme in maniera corretta nonché orientarli verso la decisione giusta laddove siano chiamati a operare in base al proprio giudizio.

Non sono principi nuovi. Al contrario, rappresentano le attuali aspettative dei cittadini e dei funzionari. Inoltre, sono già racchiusi, esplicitamente e implicitamente, nello statuto dei funzionari e in altri documenti quali il regolamento finanziario e il Codice europeo di buona condotta amministrativa.

Il valore aggiunto rappresentato dal presente documento risiede nell’enunciazione semplice e concisa di tali principi, frutto di un’ampia fase di riflessione e consultazione. Un primo progetto è stato elaborato nel corso del 2010, al termine di una consultazione con i difensori civici nazionali della rete europea dei difensori civici. Successivamente, è stata avviata una consultazione pubblica, che si è svolta tra febbraio e giugno 2011. I documenti correlati sono disponibili sul sito web del Mediatore (www.ombudsman.europa.eu), insieme alla relazione sui risultati della consultazione pubblica. Desidero esprimere la mia sincera gratitudine a tutte le istituzioni, le organizzazioni e le persone che hanno risposto alle consultazioni. Il loro contributo è stato decisivo per la formulazione definitiva di tali principi.

I principi costituiscono la quintessenza delle norme etiche dei funzionari dell’Unione. Come tali, rappresentano anche una componente essenziale della cultura del servizio a cui l’amministrazione pubblica dell’UE aderisce. Fissare norme dettagliate è un modo per rendere operativi tali principi in situazioni concrete. Norme di questo tipo esistono, per esempio, nel campo della prevenzione e della regolamentazione dei conflitti di interesse. Come rilevato da alcuni partecipanti alla consultazione pubblica, servirebbero probabilmente norme migliori e in numero più elevato. I principi della funzione pubblica non sono intesi in sostituzione di tali norme. Allo stesso tempo, vi sono tre ragioni per le quali simili norme, per quanto accuratamente definite, non esimono dalla necessità di mettere a fuoco anche alcuni principi etici di alto livello.

Innanzitutto, è probabile che l’elaborazione di tali norme dettagliate, legislative o amministrative che siano, risulti migliorata dalla definizione di una serie di principi di alto livello cui fare riferimento.

In secondo luogo, le norme non si interpretano né si applicano da sole. Per conoscere il loro significato in situazioni concrete, spesso è necessario esercitare il proprio giudizio.

In terzo luogo, non è possibile stabilire norme in grado di disciplinare tutto. Si considerino, ad esempio, il terzo e quarto paragrafo del principio 1:

I funzionari svolgono le loro funzioni al meglio delle loro capacità e si adoperano per rispettare sempre i più elevati standard professionali.

Sono consapevoli di ricoprire una posizione che gode della fiducia dei cittadini e dimostrano di essere un buon esempio per gli altri.

Risulta difficile immaginare norme dettagliate in grado di disciplinare ogni singola azione, effettiva o potenziale, a cui i paragrafi sopra riportati possono riferirsi, soprattutto perché essi prevedono non soltanto che i funzionari reagiscano in maniera appropriata a situazioni particolari, ma anche che si dimostrino proattivi.

Per citare un altro esempio, il principio 3 afferma, fra l’altro, che i funzionari non operano discriminazioni. Secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, la non discriminazione si compone di due aspetti: (i) situazioni analoghe non sono trattate in maniera diversa e (ii) situazioni diverse non sono trattate in maniera uguale, a meno che, in ambo i casi, tale trattamento non sia obiettivamente giustificato. Non operare discriminazioni, quindi, non significa trattare tutti allo stesso modo senza tenere conto delle differenze tra le diverse situazioni. Al contrario, l’esercizio del giudizio è necessario per distinguere fra differenze pertinenti e non pertinenti.

Prima di concludere, è importante chiarire l’ambito di applicazione dei principi enunciati. Il termine «funzionario» è una comoda abbreviazione di ciò che lo statuto dei funzionari definisce «funzionari e altri agenti dell’Unione europea». Lo statuto dei funzionari prevede, inoltre, la categoria dei consulenti speciali, anch’essi considerati come funzionari al fine di definire l´ambito di applicazione dei principi del servizio pubblico.

Il mio proposito era quello di formulare i principi in modo tale che risultassero pertinenti per tutti i funzionari, non solo per quanti rivestono responsabilità gestionali o di leadership. In tale contesto, occorre inoltre ricordare che i membri delle istituzioni, ad esempio della Commissione, della Corte dei conti e del Parlamento europeo, così come i giudici della Corte di giustizia non sono «funzionari» né «altri agenti» ai sensi dello statuto dei funzionari. Né lo statuto dei funzionari è applicabile a detti membri o giudici. Essi non sono, quindi, «funzionari» ai fini dei principi del servizio pubblico. Tuttavia, queste categorie di soggetti hanno la facoltà di considerare i principi pertinenti al loro incarico e fonte di ispirazione per le loro particolari responsabilità.

Ho evitato di includere tra i principi elementi che, a mio giudizio, riguardano principalmente le responsabilità delle istituzioni e non le responsabilità dei singoli funzionari. Mi riferirò, tuttavia, a tali principi ogniqualvolta risulterà opportuno durante le mie future indagini su presunti casi di cattiva amministrazione nelle attività delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione europea.

Credo fermamente che l’esplicitazione dei principi del servizio pubblico possa contribuire a generare e a definire un dialogo continuo e costruttivo tra i funzionari e tra questi e i cittadini. La diversità culturale, celebrata dal motto «Unita nella diversità», è uno dei punti di forza più importanti dell’Unione europea. Significa anche che il dialogo è uno strumento essenziale per consolidare e approfondire una lettura condivisa dei valori etici del servizio pubblico tra i funzionari e i cittadini di diversa provenienza culturale.

Music for Airports bis

Giusto per vedere se funziona …

...

Funziona, e allora per ringraziarvi della vostra pazienza, eccovi:

Music for Airports

In un post del 7 giugno 2012 su un blog di Smithsonian.org, Design Decoded, Jimmy Stamp ricostruisce la vicenda del famoso album di Brian Eno, Music for Airports.

Music for Airports

smithsonianmag.com

È lo stesso Eno a raccontare che l’idea gli venne all’aeroporto di Colonia una domenica mattina, mentre aspettava di imbarcarsi:

The light was beautiful, everything was beautiful, except they were playing awful music. And I thought, there’s something completely wrong that people don’t think about the music that goes into situations like this. They spend hundreds of millions of pounds on the architecture, on everything. Except the music.
[…]
I had in my mind this ideal airport where it’s late at night; you’re sitting there and there are not many people around you: you’re just seeing planes take off through the smoked windows.

Music for Airports nasce dunque come una piccola musica notturna: il pianoforte, il violoncello, un coro sintetico, tutto si ripete sempre diverso e sempre uguale.

Scrive Eno sulle note di copertina:

Whereas the various purveyors of canned music proceed from the basis of regularizing environments by blanketing their acoustic and atmospheric idiosyncracies, ambient music is intended to enhance these. Whereas conventional background music is produced by stripping away all sense of doubt and uncertainty (and thus all genuine interest) from the music, ambient music retains these qualities. And whereas their intention is to ‘brighten’ the environment by adding stimulus to it (thus supposedly alleviating the tedium of routine tasks and leveling out the natural ups and downs of the body rhythms) ambient music is intended to induce calm and a space to think.
Ambient music must be able to accommodate many levels of listening attention without enforcing one in particular; it must be as ignorable as it is interesting.

Da questi principi nascono i vincoli che Eno si impone nella composizione:

  • L’ambient music non deve avere un ritmo immediatamente percettibile
  • Non deve interferire con la conversazione, perciò deve essere a una frequenza superiore o inferiore di quella della voce umana
  • Deve durare per lumghi periodi, ma poter essere interrrotta dagli annunci.
Loops

smithsonianmag.com / Brian Eno’s graphic notation for Music for Airports, published on the back of the album sleeve

Curioso che, benché Eno stesso abbia dichiarato di avere improvvisato e montato i loop senza una partitura, qualcuno ne abbia trovato una scatola intera in un negozio di Copenhagen: http://www.flickr.com/photos/dawn/6161379487/

Se, come diceva Goethe, l’architettura è musica congelata, allora Music for Airports è un contrappunto alla cacofonia dell’architettura aeroportuale.

Grazie a Jimmy Stamp per questa bella intuizione: Music for Airports Soothes the Savage Passenger | Design Decoded

Le rapine in banca non convengono

Ancora una volta un incontro casuale sul web mi accompagna a un articolo scientifico interessante.

Ma forse è più onesto fare una premessa e ammettere che gli incontri che si fanno sul web non sono casuali: non lo sono in generale perché ognuno di noi naviganti ha un suo stile di navigazione, un suo modo di passare da una pagina all’altra e da un link all’altro, seguendo l’ispirazione e le esigenze del momento, essendo condizionati e lasciandosi condizionare dal contesto (a casa, al lavoro, in treno, in albergo, …), dall’ora del giorno, dalle condizioni atmosferiche e chissà da quante altre circostanze. Ma non lo sono neppure nel mio caso specifico, perché uso sull’iPad una piccola meraviglia che si chiama Zite e si autodefinisce «A personalized magazine that gets smarter as you use it» ed è esattamente quello che dice di essere: a partire da una prima indicazione delle mie predilezioni (ad esempio, dagli RSS cui sono iscritto con Google Reader) aggiorna dinamicamente gli articoli che mi suggerisce di leggere sulla base dei miei mi piace/non mi piace e delle richieste di leggere più cose su quell’argomento/da quella fonte/da quell’autore.

Zite: Personalized Magazine for iPad from zite.com on Vimeo.

Insomma, per caso ma non a caso ho trovato una segnalazione di ArsTechnica (Economists demonstrate exactly why bank robbery is a bad idea | Ars Technica) che mi ha condotto all’articolo pubblicato su Significance (una rivista di statistica pubblicata da Wiley sotto l’egida della Royal Statistical Society e dell’American Statistical Association): Robbing banks: Crime does pay – but not very much, di Barry Reilly,  Neil Rickman e Robert Witt, pubblicato online il 12 giugno 2012.

Rapina in banca

arstechnica.net / FBI

Gli autori hanno potuto lavorare sui dati elementari di un database riservato, quello della British Bankers’ Association, e sono in condizione di pubblicare i risultati aggregati delle loro elaborazioni. In questo modo, sono in grado di rispondere ad alcune domande che tutti ci siamo posti, anche solo guardando Butch Cassidy.

Butch Cassidy: Do you believe I’m broke already?
Etta Place: Why is there never any money, Butch?
Butch Cassidy: Well, I swear, Etta, I don’t know. I’ve been working like a dog all my life and I can’t get a penny ahead.
Etta Place: Sundance says it’s because you’re a soft touch, and always taking expensive vacations, and buying drinks for everyone, and you’re a rotten gambler.
Butch Cassidy: Well that might have something to do with it.

  1. Quanto sono diffuse le rapine in banca?
    Nel 2007 nel Regno Unito le rapine e tentate rapine in banca sono state 106. Gli sportelli sono 10.500: quindi la probabilità di ciascuno di essere oggetto dell’attenzione dei rapinatori è 1 su 100.
    Nello stesso anno, nel Regno Unito le rapine denunciate alle forze dell’ordine sono state nel complesso 80.000, di cui 7.500 ad attività commerciali o imprenditoriali (il resto aveva come vittima una persona fisica) e – come abbiamo visto – poco più di 100 a banche.
    Per gli Stati Uniti, i dati si riferiscono al 2006: 440.000 rapine, di cui 12.000 in banca.
  2. Che tipo di sportelli sono presi di mira? Fanno differenza la localizzazione, il numero di impiegati, quanto è frequentato?
    Gli autori hanno tenuto conto della distanza dal più vicino posto di polizia come proxy della localizzazione e del numero di clienti, ma nessuna di queste variabili è risultata significativa. Soltanto 13 filiali di quelle colpite nel 2007 era al secondo tentativo di rapina e solo 1 ne ha subiti 3.  Neppure la dimensione fa differenza (forse perché al crescere della dimensione cresce la disponibilità di contante ma crescono anche le dotazioni di sicurezza).
  3. Quali sono i costi più importanti delle rapine per la banca?
    Sorprendentemente, non la perdita di danaro, ma i costi di immagine e i costi psicologici a carico del personale e dei clienti.
  4. E i costi finanziari indiretti?
    Secondo uno studio italiano, nel 2006 la spesa per sistemi di sicurezza anti-rapina è ammontata in Italia a oltre 300 milioni di euro, quasi 11.000 € a filiale. Si tratta di costi pagati in ultima istanza dalla clientela.
  5. Quanto rende una rapina?
    Secondo il campione esaminato dagli autori (346 rapine e tentate rapine tra il 2005 e il 2008 nel Regno Unito) il bottino medio è stato di 20.330,50 £, con una deviazione standard di 53.510,20 £. Circa un terzo dei tentativi fallisce: la buona notizia è che questo fa salire il bottino medio di una rapina riuscita a circa 30.000 £ (ma,ancora una volta, in una rapina riuscita su 5 i colpevoli vengono beccati in un secondo tempo e il bottino recuperato). Inoltre, l’elevata variabilità comporta che l’ammontare del bottino sia una  specie di lotteria, e che i rapinatori non siano in grado di prevederlo con ragionevole sicurezza.
    Negli USA è anche peggio: come abbiamo visto le rapine in banca sono di più, ma il bottino medio è di soli 4.330 $.
  6. Meglio il rapinatore solitario o la banda?
    Le rapine del campione sono state effettuate in circa il 60% dei casi da un solo rapinatore, anche se in media la banda è risultata composta da 1,6 banditi. Le bande più organizzate sono più efficienti e l’entità del bottino cresce al crescere del numero di rapinatori, tanto che il modello può calcolare in 9.000 £ il bottino afferente a ogni componente aggiuntivo. Tuttavia, al crescere del bottino complessivo, diminuirebbe la quota destinata a ognuno (se la divisione fosse in parti eguali).
  7. Conviene fare il rapinatore?
    Francamente no, conclude lo studio. Il bottino medio è di 12.706,60 £ per rapina per bandito. Niente di che, considerando che lo stipendio netto medio di un lavoratore dipendente a tempo pieno nel Regno Unito era negli stessi anni di 26.000 £. Per campare decentemente il nostro bandito deve portare a termine con successo almeno 2 rapine l’anno. Ma poiché c’è una probabilità di essere beccato a ogni rapina, già con 4 tentativi è probabile almeno un arresto.

In conclusione, il crimine non paga. O meglio, questo crimine non paga. E infatti le rapine in banca sono in netta diminuzione, mentre aumentano gli assalti ai furgoni portavalori.

E poi, naturalmente, ci sono i white-collar crimes

Negli USA per la prima volta le vendite di e-book superano quelle delle prime edizioni

Nella relazione relativa al 1° trimestre di quest’anno pubblicata il 15 giugno 2012 (io ho trovato la notizia qui, EBook Revenues Beat Hardcovers For The First Time | TechCrunch, ma non sono riuscito a risalire alla fonte primaria) l’Association of American Publishers rivela che, nel comparto “narrativa”, per la prima volta nell’anno trascorso i proventi dalla vendita di e-book hanno superato quelli delle prime edizioni (l’industria editoriale anglo-sassone, come vedete qui sotto, distingue tra hardcover – i libri con copertina telata o cartonata, in genere prime edizioni – paperback – i libri rilegati in brossura, cioè con la copertina in cartoncino leggero, e in genere di formato più piccolo degli hardcover – e mass market paperback – della stessa dimensione degli hardcover ma con la copertina in cartoncino leggero, in genere destinati all’estero).

ebook vs. paper

techcrunch

Benché le vendite di hardcover siano cresciute del 2,7% negli ultimi 12 mesi rispetto ai 12 mesi precedenti, in valore assoluto si sono fermate a 229,6 milioni di dollari, contro i 282,3 milioni di $ degli e-book. Un segnale importante, anche se il valore complessivo del mercato dei volumi cartacei (anche limitandosi alla narrativa per adulti) supera tuttora i 600 milioni.

D’altra parte, già l’Economist del 10 settembre 2011 ci aveva raccontato che IKEA ha introdotto una nuova versione della sua ubiqua ed economica libreria BILLY, più profonda e dunque più simile a un mobile da soggiorno per contenere oggetti che a una scaffalatura dedicata ai libri.

Billy

economist.com

La penuria di capitale delle imprese italiane – FT.com

In un articolo pubblicato il 13 giugno 2012, il Financial Times sostiene che l’assetto societario delle imprese italiane è un ostacolo alla crescita in questi tempi di crisi e ci spiega perché.

Italian companies: a scarcity of capital – FT.com

What is Italy’s problem? Investors fret that it is next in line to be hit by the eurozone crisis now that Spain’s banks have been bailed out. Its sovereign debt, at 120 per cent of gross domestic product, is a heavy burden. But Italy, unlike Spain, remains a vastly wealthy country that ought to be able to help itself. The danger is that its anachronistic corporate ownership structure gets in the way of that.

Three types of shareholder hold sway at Italian companies – families, holding companies and charitable foundations. All have strong local connections and experience in their industries. They form the backbone of Italy’s prowess as an industrial economy. The structure just about works in a growing economy. But in a recession such as today’s, it exacerbates a fundamental problem – a scarcity of non-bank capital.

Recent developments illustrate the issue. One is at Fondiaria-SAI, an insurance company subject to a takeover by rival Unipol. The deal has revealed, among other things, the inability of the Ligresti family to finance its control of Italy’s number-two insurer. Another is the looming shake-out of charitable foundations as key shareholders in Italian banks. The foundations’ lack of capital hurts the banks and cripples the foundations’ own activities. That problem is especially acute at Banca Monte dei Paschi di Siena.

MPS

mps.it

Two other recent developments suggest, at the least, a model for a solution. The acquisition by Cassa Depositi e Prestiti, a well-financed state holding company, of a 29 per cent stake in Snam, a utility, is one way of disentangling vested interests. The restructuring of Fiat, led by a strong chief executive backed to the hilt by the Agnelli family, is another. The government is taking steps to reduce multi-directorships in Italian boardrooms. Without a revolution in ownership, however, corporate Italy will always be short of capital.

Quando Noioso si gemella con Monotono | Daily Mail Online

La notizia è comparsa sul Daily Mail online il 7 giugno 2012: due località, una statunitense (Boring nell’Oregon) e una scozzese (Dull nel Perthshire) hanno deciso di gemellarsi. Il fatto è che il significato di entrambe è “noioso, monotono”.
Grazie a Lolo per la segnalazione.

Exciting times as U.S. town of Boring approves plan to ‘twin’ with Scottish village of Dull | Mail Online

L’idea di gemellare le due comunità è venuta a Elizabeth Leighton, che vive ad Aberfeldy, vicino a Dull, passando per Boring durante una vacanza in bicicletta negli Stati Uniti. Ha telefonato subito alla sua amica Emma Burtles, che vive proprio a Dull e che ha interessato al progetto il consiglio comunale della sua cittadina (Dull and Weem Community Council) e quello di Boring (Boring Community Planning Organisation).

Dull & Boring

Exciting times: They may be more than 9,000 miles apart but the communities of Dull and Boring are set to become close friends / dailymail.co.uk

Qualche problema è legato al fatto che Boring è una cittadina di circa 10.000 abitanti, mentre Dull è un villaggio minuscolo (84 residenti)

Naturalmente il progetto ha la sua bella pagina su Facebook.

INPS: dati, metadati e esodati | Saperi PA

A complemento del mio intervento di ieri (Fornero e l’Inps: quale accountability senza libertà d’informazione?) riporto, senza aggiungere altro, l’editoriale di Carlo Mochi Sismondi, presidente di ForumPA.

Carlo Mochi Sismondi

flickr.com / © 4ITGroup

INPS: dati, metadati e esodati. | Saperi PA

Sul pasticciaccio dei dati relativi ai cosiddetti “esodati” è difficile aggiungere parole che non alimentino un’ulteriore confusione, mi pare però necessario che anche qui sfruttiamo l’occasione per imparare dall’esperienza. Voglio quindi ribadire alcuni concetti fondamentali che sono alla base dei nostri valori e del nostro impegno per l’open government e per la trasparenza. Provo a dirvi i miei punti chiave, che riguardano per prima cosa la proprietà dei dati, poi il diritto di accesso e il dovere della trasparenza, poi la cultura del dato e l’obbligo della chiarezza, infine i rapporti istituzionali tra amministrazione e politica. Attendo vostri commenti.

La materia non è banale e lo spazio di un editoriale è poco, quindi mi scuserete se sarò un po’ tranchant, partendo da quattro asserzioni da cui poi discenderà qualche considerazione:

  • I dati non sono dell’INPS, non sono del Ministro, non sono del Parlamento: i dati pubblici sono dei cittadini. Questo vuol dire che nessuno può essere accusato, a meno che non violi le regole della privacy, perché mette a disposizione dell’opinione pubblica dati pubblici in suo possesso. La parola “fuga di notizie” in questo caso è impropria e fuorviante: si tratta infatti di “notizie” che tornano ai legittimi proprietari.
  • La trasparenza non è un optional, è un diritto dei cittadini ed un obbligo delle amministrazioni sancito dalla legge. Vale la pena di rileggere l’art. 11 della legge delega 15 del 2009: La trasparenza è intesa come accessibilità totale (…) delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
  • I dati però non bastano: perché la trasparenza sia reale bisogna che siano forniti con una adeguata descrizione che ne aiuti la comprensione [su questo consiglio l’intervento del Presidente Giovannini a FORUM PA 2012]. Io ho letto quasi tutti gli articoli che sono usciti sui mezzi di informazione, ma confesso che non ho le idee chiare su cosa c’è dentro i 390.200 “esodati” o simili indicati dall’INPS. Probabilmente è perché non abbiamo la possibilità di leggere la relazione completa. Sarebbe però nostro diritto, se vogliamo farci un’opinione, se vogliamo esercitare un controllo, se vogliamo essere partecipi democraticamente di scelte così importanti avere insieme ai dati una loro precisa definizione.
  • Una pubblica amministrazione non è proprietà del Governo né tantomeno di uno dei suoi ministri, alcune considerazioni sul fatto che in un’azienda privata i vertici dell’INPS, colpevoli di aver diffuso dati pubblici importanti per un tema politico a cui l’opinione pubblica è così sensibile, sarebbero stati sostituiti sono anche qui improprie e fuorvianti. Un’azienda ha un padrone, il cui arbitrio è per altro ben contenuto dalla legge, una pubblica amministrazione è proprietà dei cittadini. I suoi vertici giurano fedeltà non al Governo, ma alla Repubblica, alla Costituzione, alla legge. Veramente dopo tanti anni dal decreto legislativo 29 del ’93 non credevo ci fosse ancora bisogno di ricordarlo.

Come avete visto non ho parlato del merito: guarda caso non posso farlo … perché non ho i dati. Mi limito quindi a suggerirvi due letture. La prima è il bell’articolo del mio amico Marco Rogari che su Il Sole24Ore fa il punto sui numeri, almeno su quelli che si sanno. La seconda è la relazione annuale dell’INPS così è stata presentata da un grande manager pubblico, e a cui va tutta la mia stima e tutto il mio incoraggiamento, Antonio Mastrapasqua.

Escrementi commestibili: l’ambra grigia

L’ambra grigia è stata a lungo una sostanza misteriosa, e come tale soggetta a innumerevoli leggende. Come l’ambra, la si ritrovava spinta a riva dalla risacca. Ma a differenza dell’ambra comune – sostanza dura e giallo dorata (di colore ambrato, appunto) – qui si parla di una massa grigiastra e tenera, che si scioglie al calore della mano.

Gli arabi la ritennero la concrezione prodotta dai sali disciolti nelle sorgenti del fondo marino o l’escremento del leggendario uccello Rokh.

Rokh

wikipedia.org

I cinesi, invece, ritenevano si trattasse di sputo di drago coagulato dall’acqua marina. In occidente, più prosaicamente, fu descritto come vomito di capodoglio.

Capodoglio sì, ma non vomito: escremento. Non propriamente le feci ordinarie, ma una sostanza escreta dallo stomaco per proteggerne le pareti dall’azione irritante dei becchi di calamaro, che i capodogli ingurgitano in grande quantità. La secrezione ingloba i taglienti becchi e poi si solidifica. Resta a lungo nello stomaco e nell’intestino del cetaceo, ma prima o poi viene espulsa. Galleggia sulle onde finché non giunge a riva, dove – seccandosi – libera il suo gradevole profumo.

Ambra grigia

smithsonianmag.com

Non sto scherzando: il profumo gradevole è la principale caratteristica della sostanza e il motivo dell’interesse commerciale che la circondava in passato, soprattutto per i suoi usi in cosmetica e in profumeria. Ora che il capodoglio è specie protetta, l’ambra non può più essere estratta dall’intestino di un animale ucciso all’uopo, ma si deve contare sulle minime quantità che giungono a riva. Un tempo, invece, il commercio della sostanza aveva enorme importanza economica (era, ad esempio, una delle principali esportazioni della colonia italiana della Somalia). Hermann Melville dedica all’ambra grigia il capitolo 92 di Moby Dick:

Now this ambergris is a very curious substance, and so important as an article of commerce, that in 1791 a certain Nantucket-born Captain Coffin was examined at the bar of the English House of Commons on that subject. For at that time, and indeed until a comparatively late day, the precise origin of ambergris remained, like amber itself, a problem to the learned. Though the word ambergris is but the French compound for grey amber, yet the two substances are quite distinct. For amber, though at times found on the sea-coast, is also dug up in some far inland soils, whereas ambergris is never found except upon the sea. Besides, amber is a hard, transparent, brittle, odorless substance, used for mouth-pieces to pipes, for beads and ornaments; but ambergris is soft, waxy, and so highly fragrant and spicy, that it is largely used in perfumery, in pastiles, precious candles, hair-powders, and pomatum. […]
Who would think, then, that such fine ladies and gentlemen should regale themselves with an essence found in the inglorious bowels of a sick whale! Yet so it is. By some, ambergris is supposed to be the cause, and by others the effect, of the dyspepsia in the whale. How to cure such a dyspepsia it were hard to say, unless by administering three or four boat loads of Brandreth’s pills, and then running out of harm’s way, as laborers do in blasting rocks.
I have forgotten to say that there were found in this ambergris, certain hard, round, bony plates, which at first Stubb thought might be sailors’ trowsers buttons; but it afterwards turned out that they were nothing more than pieces of small squid bones embalmed in that manner.
Now that the incorruption of this most fragrant ambergris should be found in the heart of such decay; is this nothing? Bethink thee of that saying of St. Paul in Corinthians, about corruption and incorruption; how that we are sown in dishonour, but raised in glory. […]

Capodoglio

wikipedia.org

L’odore gradevole e pungente dell’ambra grigia è dovuto «al grande contenuto di feromone, analogamente ad altre sostanze aromatiche di origine animale (castoreo, muschio).» [Wikipedia]

Pertanto, oltre a essere utilizzata in profumeria (ove la sostanza è apprezzata anche come fissatore, cioè come «composto che può abbassare il tasso di evaporazione delle sostanze più volatili di una composizione di essenze, oppure dare una nota particolare o, ancora, amalgamandosi con gli altri ingredienti, esaltarli e renderli più incisivi»), l’ambra grigia ha avuto fama di potente afrodisiaco. Secondo Melville, i musulmani la portavano alla Mecca (allo stesso modo in cui i pellegrini portavano incenso a San Pietro a Roma) ma non disdegnavano di usarlo in cucina, mentre alcuni mercanti di vino ne aggiungevano qualche grano al chiaretto per esaltarne il sapore. Nel Medioevo veniva usato nelle tinture medicinali, Insieme ad acqua, zucchero e limone, compariva nella ricetta tradizionale persiana del sorbetto. Casanova l’aggiungeva alla mousse au chocolat (come tonico e afrodisiaco, naturalmente).

Paradise regained

wikipedia.org

Anche John Milton ne parla, nel suo Paradise Regained, quando Satana tenta Gesù Cristo con un banchetto luculliano:

He spake no dream; for, as his words had end,
Our Saviour, lifting up his eyes, beheld,
In ample space under the broadest shade,
A table richly spread in regal mode,
With dishes piled and meats of noblest sort
And savour—beasts of chase, or fowl of game,
In pastry built, or from the spit, or boiled,
Grisamber-steamed; all fish, from sea or shore,
Freshet or purling brook, of shell or fin,
And exquisitest name, for which was drained
Pontus, and Lucrine bay, and Afric coast. [vv. 337-347]

Brillat-Savarin

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Il grande Jean Anthelme Brillat-Savarin – patriarca e vate di tutti noi gastronomi intellettuali – raccomandava di sostituire il caffè (che aveva l’effetto collaterale di rendere nervosi e insonni) con un tonico a base di zucchero e cioccolato con un pizzico d’ambra grigia:

C’est ici le vrai lieu de parler des propriétés du chocolat à l’ambre, propriétés qui j’ai vérifiées par un grand nombre d’expériences, et dont je suis fier d’offrir le résultat à mes lecteurs.
Or donc, que tout homme qui aura bu quelques traits de trop à la coup de la volupté; que tout homme qui aura passé à travailler une portion notable du temps qu’on doit employer à dormir; que tout homme d’esprit qui se sentira temporairement devenu bête; que tout homme qui trouvera l’air humide, le temps long, et l’atmosphère difficile à porter; que tout homme qui sera tourmenté d’une idée fixe qui lui ôtera la liberté de penser; que tous ceux-là, disons-nous, s’administrent un bon demi-litre de chocolat ambré, a raison de soixante à soixante-douze grains d’ambre par demi-kilogramme, et ils verront merveille.
Dans ma manière particulière se spécifier les choses, je nomme le chocolat à l’ambre chocolat des affligés, parce que, dans chacun des divers états que j’ai désigné, on éprouve je ne sais quel sentiment qui leur est commun, et qui ressemble à l’affliction. [Physiologie du gout; ou, Méditations de gastronomie transcendante, pp. 225-226]

Sulla storia dell’ambra grigia ha scritto un libro (che mi sono appena affrettato a comprare) il biologo molecolare Christopher Kemp, Floating Gold: A Natural (and Unnatural) History of Ambergris. Risparmiamoci pure la scontata ironia sulla coprofagia coatta di chi voglia fare ricerca seriamente, in questo e in altri paesi: resta il fatto che Kemp la sua brava ambra grigia se l’è cucinata:

It crumbles like truffle. I fold it carefully into the eggs with a fork. Rising and mingling with curls of steam from the eggs, the familiar odor of ambergris begins to fill and clog my throat, a thick and unmistakable smell that I can taste. It inhabits the back of my throat and fills my sinuses. It is aromatic — both woody and floral. The smell reminds me of leaf litter on a forest floor and of the delicate, frilly undersides of mushrooms that grow in damp and shaded places.

Il primo spunto per questo post l’ho trovato sul blog dello Smithsonian Food & Think: A heaping helping of food news, science and culture, nel post A Taste of Edible Feces, pubblicato il 4 giugno 2012.

Le password più diffuse

Mark Burnett è il massimo esperto di uso delle password. È l’autore di Perfect Passwords, un libro del 2005. In quell’occasione pubblicò una lista delle 500 password più diffuse (e quindi peggiori).

Il suo database ne contiene ormai 6 milioni e Burnett ha appena pubblicato la lista aggiornata delle 10.000 più diffuse. Di seguito le prime 10:

  1. password
  2. 123456
  3. 12345678
  4. 1234
  5. qwerty
  6. 12345
  7. dragon
  8. pussy
  9. baseball
  10. football

Anche da noi si è parlato di questa classifica: lo ha fatto Linkiesta con questo articolo, in cui si scherza sulla posizione e il significato di pussy.

Mark Burnett

Mark Burnett

La notizia vera, però, mi pare quella che, rispetto al precedente studio di Mark Burnett del 2005, “pussy” sia crollata dalla quinta all’ottava posizione. Che sia un effetto indiretto della caduta del berlusconismo? O è l’universale calo della libido?