Angier, Natalie (2007). The Canon: The Beautiful Basics of Science. London: Faber and Faber. 2008.
Ho comprato questo libro, come mi accade spesso, senza saperne molto, dopo una scorsa all’indice e un’annusata alla bibliografia. L’ho comprato alla libreria parigina di WHSmith, e lo dico per chi ci fosse stato e per chi ci dovesse capitare: la parte dedicata alla divulgazione scientifica è al piano di sopra, in fondo a una fuga di stanze e stanzette, ma occupa un’intera parete e ce n’è abbastanza da perderci la testa ogni volta (per capirci, da Feltrinelli International a Roma ce n’è sì e no uno scaffale, insieme ai libri di self-help e vari santoni alla Coelho; Feltrinelli International di Milano mi riesce incomprensibile nello spreco di spazio e di razionalità … e poi Milano è lontana quasi come Parigi). E a pochi metri da WHSmith, sempre in Rue di Rivoli, c’è Galignani, con una sezione in inglese quasi altrettanto ben fornita. Naturalmente, Parigi pone anche altri problemi: se non intendi imbarcare il bagaglio, ma hai soltanto il bagaglio a mano, ci sono i limiti di spazio e soprattutto di peso imposti dalle compagnie (tutte con regole diverse e altrettanto incomprensibili: chi pone soltanto limiti di dimensione, chi ti limita a 5 kg – facili da superare se ti porti il laptop; addirittura, anche se viaggi sullo stesso aereo, il peso che puoi portare in cabina è diverso se il biglietto è Alitalia o AirFrance; e per farti irritare di più, nelle “cappelliere” c’è una bella targhetta che dice che sono collaudate per un peso fantastico, ci potrebbe viaggiare un bambino!).
Insomma, quello che mi ha fatto scegliere questo tra quelli che mi sono comprato nell’ultimo viaggio a Parigi è stato, lo devo confessare, l’endorsement di Richard Dawkins in copertina (questa è l’edizione inglese di un libro originariamente americano): una garanzia, ho pensato, Dawkins con il carattere che ha non loderebbe mai un libro inesatto o mal scritto. Questo è quello che scrive (così non dovete sforzarvi a leggerlo sull’immagine della copertina):
Every sentence sparkles with wit and charm … An intoxicating cocktail of fine science writing.
Sì, lo so non bisogna credere a quelle poche parole di lode che ci sono sulle copertine dei libri. “Indimenticabile”, scrivono, e poi scopri che te lo ricorderai per tutta la vita come il peggior romanzo che tu abbia mai letto. E poi, magari, è quella che in gergo si chiama una “marchetta”, perché Dawkins e Angier hanno lo stesso agente letterario (e infatti è così!).
Il problema è che Dawkins non scrive il falso. Ha ragione. Soltanto che ha letteralmente ragione.”Every sentence sparkles with wit and charm”: letteralmente, ogni singola frase. “An intoxicating cocktail”. In effetti. Il problema non mi sembra neppure quello che sottolinea la recensione del Times che ho appena citato, cioè che Angier scrive in modo inutilmente barocco, e si sente in dovere di evitare le ripetizioni sostituendo (la seconda volta che lo usa) un termine tecnico con un fantasioso giro di parole, e che spesso si perde in irritanti voli lirico-pindarici. Il problema per me è che il libro è scritto come un testo di Woody Allen degli anni di Io e Annie. Aggiungete un po’ di sceneggiature di Friends (ve lo ricordate?) e magari qualche pillola di anfetamina e avete lo stile di Natalie Angier. Un fiume inarrestabile di parole, di battute, di giochi di parole, di riferimenti culturali (alla cultura pop e televisiva newyorkese, soprattutto).
Vi faccio un esempio (altri li trovate nella recensione del Times), e ve lo faccio “europeo”, così almeno evitate lo straniamento culturale. Angier sta parlano della tettonica a zolle:
In Europe, the Alps delineate where the Italian peninsula, riding on the African plate, slammed into what are today Germany and France at about the same time, a churlish merger that two world wars , a common currency, and the frequent consumption of each other’s pastries have not entirely placated. [p. 226]
Ho visto che il libro è stato tradotto in italiano (è pubblicato da Rizzoli nei saggi BUR) e compiango il povero traduttore. Come avrà fatto a tradurre tutte le allitterazioni e i giochi di parole? Come avrà fatto a rendere i riferimenti culturali? Se qualcuno di voi per caso l’ha letto, me lo fa sapere?
Per il resto, il libro parte da una buona idea: fare il punto sui principali concetti-chiave della scienza contemporanea (nella prima parte, la migliore) e su alcune aree disciplinari (nella seconda). E farlo a cominciare da una serie di conversazioni con scienziati (quasi esclusivamente americani). Il quadro che ne emerge è abbastanza vivido, e probabilmente utile al neofita o al giovane (ma veramente giovane!) studente. Peccato che Angier la tiri tanto per le lunghe (forse sarebbe bastata la metà delle pagine) e sia tanto barocca!.
Eppure la Angier è una giornalista scientifica reputata, e ha anche vinto il Pulitzer.
Colgo l’occasione per segnalarvi l’intervento di Natalie Angier su Edge (una rivista online che merita di essere sempre letta: iscrivetevi alla newsletter!) su scienza e religione (My God Problem).
mercoledì, 24 agosto 2011 alle 23:38
[…] convincenti. Insomma, cade negli stessi eccessi in cui – a mio parere (la mia recensione è qui) –cadeva Natalie Augier nel suo The Canon: soprattutto all’inizio di ogni capitolo, Linden […]