Impressionante: come sarebbe l’economia americana senza Apple?

Nel febbraio del 2012, Jonathan Golub, un economista dell’UBS, ha lanciato una nuova moda, pubblicando le sue previsioni per l’andamento dell’indice di borsa S&P500 in 2 versioni, con e senza Apple: nel primo trimestre dell’anno, secondo Golub, la crescita sarebbe stata del 6,8% per l’intero aggregato, ma soltanto del 2,8% escludendo il titolo Apple. Molti altri analisti (tra i quali: Morgan Stanley, Goldman Sachs, Barclays e Wells Fargo) hanno fatti esercizi simili.

Qui sotto un grafico elaborato da Barclays Capital che illustra l’andamento degli utili nel settore tecnologico con e senza Apple.

Con e senza Apple

Barlays Capital via Business Insider

Qui trovate l’articolo nella sua versione integrale:

The S&P 500 with and without Apple: Round 2 – Apple 2.0 – Fortune Tech

The picture is even more striking than it was a month ago

In February, Jonathan Golub at UBS started a new fashion on the Street by publishing two versions of his regular quarterly forecast: one for the S&P 500, and another for what he called the “S&P 500 ex-Apple.”

Strategists at Morgan Stanley, Goldman Sachs, Barclays and Wells Fargo soon followed suit.

In Golub’s February calculation, the S&P 500’s Q1 2012 earnings were on track to rise 6.8% with Apple (AAPL), but would shrivel to 2.8% without.

“By stripping away that one single company,” Golub told the Wall Street Journal, “it is like seeing light through a prism — you see things more clearly.”

Last week, Dan Sanborn of Ned Davis Research took another look at the S&P 500 through Golub’s prism and saw an even wider spread. Now, according to Sanborn, the index’s total earnings growth drops from 7.8% year over year with Apple to just 2.7% without.

Meanwhile Barclays Capital has produced the chart above — spotlighted Sunday on Business Insider by Joe Weisenthal — showing the earnings growth of the tech sector with and without its star player. What was a gap has become a chasm.

I’m reminded of Horace Dediu’s response the last time this came up. In his Feb. 22 Critical Path podcast, the founder of Asymco.com described his “visceral reaction” to the notion that Wall Street would take Apple’s stellar performance as a sign of pessimism, an indication that things aren’t as rosy in the broader economy as they seem.

In his view, these with-and-without-Apple analysts have it exactly backward.

Rather than being the exception, he suggests, Apple may be the rule that defines a new era in business. The company is not there to make up for the deficiencies of the rest of the economy. Rather, it is the engine of growth for its era, redefining our ideas about marketing and productivity and changing business processes across whole industries, much as GM (GM) did in its time and IBM (IBM) did in its.

See Apple as the new GM for a summary of Dediu’s analysis and the last third of The Critical Path, Episode 26, for the whole megillah.

L’apprendimento permanente e il porno

Secondo Wikipedia, l’apprendimento permanente (o life-long learning)

è un processo individuale intenzionale che mira all’acquisizione di ruoli e competenze e che comporta un cambiamento relativamente stabile nel tempo. Tale processo ha come scopo quello di modificare o sostituire un apprendimento non più adeguato rispetto ai nuovi bisogni sociali o lavorativi, in campo professionale o personale.
Con il termine life-long learning si intende l’educazione durante tutto l’arco della vita, dalla vita alla morte, quell’educazione che inizia ancor prima della scuola e si prolunga fin dopo il pensionamento.

Lo so che lo sapevate, ma portate ancora un po’ di pazienza. Ho bisogno di un’altra premessa.

AlterNet è una rivista online statunitense (e anche una comunità di utenti-produttori, i famigerati pro-sumers) di forte orientamento democratico e liberal, attiva fin dal 1998. Vanta quasi 4 milioni di visite al mese. Loro stessi si presentano così:

AlterNet is an award-winning news magazine and online community that creates original journalism and amplifies the best of hundreds of other independent media sources. AlterNet’s aim is to inspire action and advocacy on the environment, human rights and civil liberties, social justice, media, health care issues, and more. Since its inception in 1998, AlterNet.org has grown dramatically to keep pace with the public demand for independent news. We provide free online content to millions of readers, serving as a reliable filter, keeping our vast audience well-informed and engaged, helping them to navigate a culture of information overload and providing an alternative to the commercial media onslaught. Our aim is to stimulate, inform, and instigate.

Bene, adesso avete tutti gli elementi che vi servono. AlterNet ha pubblicato ieri, 26 marzo 2012, un articolo sulla pornografia negli USA (The Absurd Myths Porn Teaches Us About Sex | | AlterNet) – il tema è d’attualità negli Stati Uniti, dove la lotta alla pornografia e l’attribuzione di ogni male sociale al suo presunto dilagare soprattutto tra i giovani è un cavallo di battaglia dei candidati repubblicani – in cui si presenta questa singolare tesi:

Alan McKee, an Australian university professor and pornography researcher, tells AlterNet, “Pornography is good at teaching lifelong learning, open communication, that sexual development should not be aggressive, coercive, or joyless, self-acceptance, awareness and acceptance that sex is pleasurable, and competence in mediated sexuality.”

news.qut.edu.au / Alan McKee

Il professor McKee non è nuovo a queste posizioni. Alcuni anni fa ha pubblicato un articolo [McKee, Alan (2007). “Positive and negative effects of pornography as attributed by consumers“. Australian Journal of Communication 34(1):pp. 87-104.] che presentava i risultati di un’indagine volta ad accertare gli (eventuali) effetti del consumo di pornografia sulle attitudini sessuali e il loro segno. Dei 1023 consumatori australiani che hanno compilato il questionario, il 58,8% ha dichiarato di avere riscontrato effetti positivi o molto positivi, il 6,8% effetti negativi o molto negativi, mentre il 34,6% ha affermato di non non aver notato alcun effetto. Tra gli effetti positivi (in ordine decrescente di segnalazione): l’essere meno repressi; l’essere più aperti; l’essere più tolleranti della sessualità altrui; provare piacere (al 4° posto?!); apprendere cose nuove; sostenere l’interesse sessuale in una relazione di lungo termine; imparare a essere più attenti alle esigenze del partner; aiutare a trovare un’identità o una comunità; aiutare a parlare con il/la partner di sesso. Tra gli effetti negativi più citati: la reificazione delle persone e dei rapporti; la creazione di aspettative sessuali non realistiche; problemi di coppia; caduta del desiderio; dipendenza.

Schumpeter: “Essere imprenditori vuol dire sfidare il guadagno facile”

Sul quotidiano online Linkiesta, lo “storico sociale delle idee” David Bidussa ripropone un intervento tenuto da Joseph Schumpeter a Bonn all’associazione degli industriali metallurgici tedeschi il 22 maggio 1929: “Essere imprenditori vuol dire sfidare il guadagno facile” | Linkiesta.it

Dalla presentazione di Bidussa:

Secondo Schumpeter la funzione imprenditoriale richiede capacità di leadership, intuizione, risolutezza, caratteristiche, queste, che connotano un tipo specifico di personalità e di condotta. Chi le rappresenta oggi?

Joseph Schumpeter

New York Review of Books

Ecco il testo pubblicato da Linkiesta:

Joseph Alois Schumpeter, Essere imprenditore

Se vogliamo afferrare il nocciolo della funzione dell’imprenditore, occorre fare una precisazione: definire quella che possiamo chiamare la gestione dell’industria, il management. Con questo termine s’intende la direzione tecnica, commerciale, organizzativa, rappresentativa, disciplinare delle aziende. Essenziale in tutti i comparti, è il momento della formazione ed esecuzione della decisione, anche se quasi ogni imprenditore, a seconda della sua formazione, svolge anche un lavoro corrente di natura tecnica, giuridica, ecc.. Tuttavia non sta qui il nocciolo della questione, sebbene queste cose riempiano normalmente la vita quotidiana dell’imprenditore. (…)

Il nocciolo della questione e la vera funzione dell’imprenditore consistono piuttosto nel tradurre in pratica nuove combinazioni tecniche e commerciali, ovvero per dirla in termini più accessibili, nell’essere egli il protagonista del progresso economico. A questa funzione di guida sono legati i profitti dell’imprenditore, spesso molto alti ma per la loro natura temporanei, che sono all’origine della maggior parte dei patrimoni industriali, quando non sono frutto di situazioni di monopolio di guadagni fortunosi. Quando si dice, e lo si fa spesso, che il progresso industriale è un atto dell’intero sistema sociale, si dice naturalmente una cosa esatta nella sua genericità, ma che non elimina il fatto che per aiutare il sistema sociale a compiere questo atto occorre una guida particolare e che le qualità necessarie ad esercitarla sono presenti soltanto in una piccola frazione della popolazione.

Quando inoltre si sostiene che il metodo capitalistico del progresso economico destina questo progresso a privato vantaggio di una piccola minoranza, occorre replicare che, anche prescindendo dall’importanza di questo metodo per la formazione del capitale e la reazione di risorse fiscali, è appunto questo collegamento tra profitto privato ed efficace applicazione di nuovi metodi di produzione – da distinguere nettamente dalla loro invenzione, che è funzione di tutt’altra specie – , rafforzato dalla responsabilità personale per le perdite in caso d’insuccesso, ad assicurare il perfetto funzionamento del meccanismo, e che in seguito i risultati del processo vanno automaticamente a vantaggio dell’intera collettività.

La domanda che dobbiamo porci a questo proposito è allora la seguente: L’imprenditore dà prova di essere, nella sua funzione amministrativa, l’amministratore scrupoloso delle forze produttive nazionali affidategli, e nella sua funzione di guida, un capo energico ed efficiente?

[Ökonomie und Psychologie des Unternehmers [1929], in Aufsätze zur Tagespolitik: Ökonomie und Psychologie des Unternehmers. Eds. Ch. Seidl, W. F. Stolper. J. C. B. Mohr. Tübingen 1993, pp. 193-204 (trad. it. “Economia e psicologia dell’imprenditore”, in J.A. Schumpeter, L’imprenditore e la storia dell’impresa, a cura di Alfredo Salsano, Bollati Boringhieri, Torino 1993, pp. 76-90. Il passo si trova a pp. 80-81)].