I 12 giorni di natale non sono soltanto l’oggetto di una famosa Christmas carol o di un’iniziativa promozionale Apple. sono anche un periodo speciale del calendario, quello dei giorni intercalari che servono ad allineare l’anno solare (i 365 giorni dell’orbita della Terra intorno al Sole) con quello lunare (12 orbite della Luna intorno alla Terra, 354 giorni). Da un punto di vista esoterico sono giorni speciali (io ne ho accennato qui), in cui l’ordine usuale delle cose è sospeso:
- Secondo un mio vecchio prozio, purtroppo scomparso, l’osservazione del tempo atmosferico in quei 12 giorni (che lui chiamava, in dialetto, li calendri, cioè le calende) forniva indicazioni precise sul tempo che sarebbe stato prevalente nei corrispondenti mesi dell’anno: vedo consultando il web che l’usanza è molto diffusa nel mondo contadino, ad esempio nell’entroterra campano e sul Gargano.
- Secondo Carlo Ginzburg (ne I benandanti: Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, ma soprattutto in Storia notturna. Una decifrazione del sabba), i dodici giorni di Natale sono quelli in cui i morti tornano tra noi ed è necessario che esseri speciali (benandanti, streghe, lupi mannari, sciamani e kallikantzaroi) entrino in azione per ristabilire l’ordine naturale delle stagioni (nel tempo, ma anche nello spazio, cioè nel territorio).
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- Sempre secondo Carlo Ginzburg, i 12 giorni di natale trovano corrispondenza nei 12 giorni delle 4 tempora, che sono 4 periodi di 3 giorni ciascuno, in cui i benandanti sono attivi [Nel calendario liturgico, le Quattro Tempora sono quattro distinti periodi di tre giorni – mercoledì, venerdì e sabato – di una stessa settimana approssimativamente equidistanti nel ciclo dell’anno, destinati al digiuno e alla preghiera. Questi giorni erano considerati particolarmente idonei per l’ordinazione del clero. Le tempora d’inverno cadono fra la terza e la quarta domenica di Avvento, le tempora di primavera cadono fra la prima e la seconda domenica di Quaresima, le tempora d’estate cadono fra Pentecoste e la solennità della Santissima Trinità e le tempora d’autunno cadono fra la III e la IV domenica di settembre, cioè dopo l’Esaltazione della Santa Croce, il 14 settembre].
- Non resisto alla tentazione di fare una digressione: la tempura, la famosa frittura giapponese di verdure e pesce, fu inventata per effetto del contatto nel XVI secolo tra i giapponesi e i missionari gesuiti portoghesi. Le 4 tempora erano giorni di magro e i missionari l’osservavano scrupolosamente, friggendosi soltanto un po’ di pesce con le verdure. O tempura!
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- Le 4 tempora, a loro volta, rimandano al calendario festivo celtico, di cui parla ampiamente Robert Graves nel suo bellissimo e giustamente celeberrimo The White Goddess. A Historical Grammar of Poetic Myth. Permettetemi una lunga citazione:
[…] since the twelfth century no generation has been entirely faithless to the Theme. The fact is that though the Anglo-Saxons broke the power of the ancient British chieftains and poets they did not exterminate the peasants, so that the continuity of the ancient British festal system remained unaffected even when the Anglo-Saxons professed Christianity. English social life was based on agriculture, grazing, and hunting, not on industry, and the Theme was still everywhere implicit in the popular celebration of the festivals now known as Candlemas, Lady Day, May Day, Midsummer Day, Lammas, Michaelmas, All-Hallowe’en, and Christmas; it was also secretly preserved as religious doctrine in the covens of the anti-Christian witch-cult. Thus the English, though with no traditional respect for the poet, have a traditional awareness of the Theme.
The Theme, briefly, is the antique story, which falls into thirteen chapters and an epilogue, of the birth, life, death and resurrection of the God of the Waxing Year; the central chapters concern the God’s losing battle with the God of the Waning Year for love of the capricious and all-powerful Threefold Goddess, their mother, bride and layer-out. The poet identifies himself with the God of the Waxing Year and his Muse with the Goddess; the rival is his blood-brother, his other self, his weird. All true poetry […] celebrates some incident or scene in this very ancient story, and the three main characters are so much a part of our racial inheritance that they not only assert themselves in poetry but recur on occasions of emotional stress in the form of dreams, paranoiac visions and delusions. The weird, or rival, often appears in nightmare as the tall, lean, dark-faced bed-side spectre, or Prince of the Air, who tries to drag the dreamer out through the window, so that he looks back and sees his body still lying rigid in bed; but he takes countless other malevolent or diabolic or serpent-like forms.
The Goddess is a lovely, slender woman with a hooked nose, deathly pale face, lips red as rowan-berries, startlingly blue eyes and long fair hair; she will suddenly transform herself into sow, mare, bitch, vixen, she-ass, weasel, serpent, owl, she-wolf, tigress, mermaid or loathsome hag. Her names and titles are innumerable. In ghost stories she often figures as ‘The White Lady’, and in ancient religions, from the British Isles to the Caucasus, as the ‘White Goddess’. […] The reason why the hairs stand on end, the eyes water, the throat is constricted, the skin crawls and a shiver runs down the spine when one writes or reads a true poem is that a true poem is necessarily an invocation of the White Goddess, or Muse, the Mother of All Living, the ancient power of fright and lust – the female spider or the queen-bee whose embrace is death.
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Bene, ho divagato più che a sufficienza, mi pare. Il punto che volevo portare a casa è che è lecito aspettarsi – secondo tradizione; anzi, secondo Tradizione, come scriverebbero Julius Evola e René Guénon – che in questi giorni speciali nascano persone speciali.
E che in questo 5 gennaio si ricordi il compleanno di 3 grandi musicisti italiani. Per non fare torto a nessuno, andiamo in ordine di nascita.
Cominciamo dal flautista Severino Gazzelloni, nato Severino Gazzellone a Roccasecca (FR) il 5 gennaio 1919 e morto a Cassino (FR) il 21 novembre 1992. Questa è Syrinx di Claude Debussy:
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Il grandissimo pianista Arturo Benedetti Michelangeli nacque l’anno successivo, il 5 gennaio 1920, a Brescia e morì a Lugano il 12 giugno 1995. Di come Arturo Benedetti Michelangeli abbia avuto un ruolo non secondario nel mio amore per la musica e nel mio desiderio (in parte frustrato) di imparare a suonare il pianoforte l’ho già raccontato qui.
Ho anche avuto la fortuna di ascoltarlo dal vivo, una sola volta, alla Sala Nervi in Vaticano il 13 giugno 1987:
Quel 13 giugno 1987 era un sabato. L’appuntamento per il recital venne fissato alle 18,30. Arturo Benedetti Michelangeli era attesissimo. Il suo ultimo concerto in Italia era stato a Brescia nel 1980, e si poteva considerare anch’esso un’eccezione (scopo benefico pure in questo caso: il pianista aveva suonato in memoria di Paolo VI e per aiutare i profughi del Sud-Est Asiatico). In Vaticano aveva tenuto un concerto dieci anni prima, venerdì 29 aprile 1977, sempre nella Sala Nervi. Si capirà dunque il clima che si respirava quel 13 giugno del 1987. Il programma inoltre si poteva considerare affascinante. Si apriva con la Sonata in do maggiore op.2 n.3 di Ludwig van Beethoven, proseguiva con la Grande Polonaise brillante précédée d’un Andante spianato op.22 di Chopin, quindi con la prima e la seconda serie di Images di Claude Debussy. Si chiudeva con Maurice Ravel: Gaspard de la Nuit (trois poèmes pour piano d’après Aloysius Bertrand). [tratto da: L’armonia della semplicità, di Armando Torno, pubblicato su Il sole 24 ore del 15 gennaio 1995]
Di quel concerto (anche se eravamo molto lontani) ho una memoria vivissima (oltre a un bel cofanetto in 4 CD dove quel concerto, insieme alle altre registrazioni vaticane, è preservato nella sua interezza). Questi, da quel con concerto, è Gaspard de la Nuit (nell’ordine: Ondine, Le Gibet, Scarbo):
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Last, ma certamente non least, Maurizio Pollini, altro stratosferico pianista, nato a Milano il 5 gennaio 1942. sentito, per mia grande fortuna, innumerevoli volte, fin da quando stavo a Milano. Non c’è quasi stagione che non venga all’Accademia di Santa Cecilia (la cronologia dei suoi concerti la trovate qui).
Mi sarebbe facile proporvi uno dei suoi misuratissimi e antiretorici Chopin. Ma voglio ricordare l’esecuzione del primo libro del Clavicembalo ben temperato di Johann Sebastian Bach che eseguì all’Auditorium di via della Conciliazione il 24 gennaio 1986:
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