Caetano Veloso – Roma, Auditorium di via della Conciliazione – 7 maggio 2014

Come vi avevo preannunciato, ci sono poi andato, al concerto di Caetano Veloso.

discogs.com

Un tempo ero un frequentatore abituale dell’Auditorium di via della Conciliazione: vi si svolgevano le stagioni sinfonica e cameristica dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia fino al trasferimento al nuovo Auditorium Parco della Musica di Renzo Piano poco più di 10 anni fa.

Leggi il seguito di questo post »

Dan Riskin – Mother Nature Is Trying to Kill You: A Lively Tour Through the Dark Side of the Natural World

Riskin, Dan (2014). Mother Nature Is Trying to Kill You: A Lively Tour Through the Dark Side of the Natural World. New York: Touchstone. 2014. ISBN: 9781476707563. Pagine 273. 13,11 €

images-amazon.com

Viviamo in una cultura per la quale tutto ciò che è naturale è buono e bello: anche quando con tutta evidenza stiamo definendo “natura” l’opera dell’uomo, e non soltanto il paesaggio (non c’è ormai praticamente luogo sul pianeta che sia pristino, non plasmato dall’opera dell’uomo nel corso dei secoli – ricordate che cosa diceva Giorgio Boatti sul rapporto tra mezzadria e paesaggio italiano?), ma anche un recentissimo “lago di ruspa“. Per la quale l’opposto di “naturale” non è “artificiale” o “artefatto”, ma “chimico” o “nocivo”: non passa estate che qualcuno – disprezzando le creme solari “industriali” e nonostante le ammonizioni dei medici – non si provochi pericolose e dolorosissime ustioni utilizzando il latte di fico come abbronzante. Per la quale nell’interazione tra “uomo” e “natura” non sia sempre quest’ultima dalla parte delle vittime e sempre il primo da quella del carnefice.

Questo libro, molto godibile e piacevole, e che si legge d’un fiato, rimette le cose nella loro prospettiva: madre natura cerca di ucciderti. Non perché sia matrigna, come riteneva Giacomo Leopardi, ma perché ogni essere vivente, ogni “robot di carne” (come lo chiama Riskin) non ha altra ragione d’essere che di replicare il proprio DNA nel maggior numero di copie possibile. Nient’altro è importante. Anzi: nient’altro è di alcun interesse dal suo punto di vista.

Leggi il seguito di questo post »

Chiara Andolina: un Nobel subito!

La ricercatrice che vedete nella foto qui sotto è Chiara Andolina, un’italiana che lavora in un centro-studi sulla malaria in Thailandia. Sta nutrendo le zanzare oggetto delle sue ricerche.

media.npr.org/assets/img

Il suo spirito di sacrificio e il suo amore per la ricerca mi sembrano difficili da battere, no?

Traduco per voi la storia originariamente scritta da Ed Yong e pubblicata su Mosaic (The Mosquito breeder | Mosaic).

La cosa peggiore del nutrire centinaia di zanzare con il tuo sangue non è il prurito – se lo fai abbastanza volte il corpo si abitua e non lo senti più. Non è neppure il dolore, anche se le zanzare devono pur sempre lacerare la pelle per raggiungere i vasi sanguigni. È che se la prendono comoda.

«Ti camminano su e giù sul braccio senza pungerti. Sei lì immobile e pensi: ‘Forza! non ho mica tutto il giorno’» dice Chiara Andolina.

Chiara lavora al Shoklo Malaria Research Unit, un laboratorio di fama mondiale al confine tra Thailandia e Myanmar. Dirige la sezione in cui le zanzare sono generate, allevate, infettate con il plasmodio della malaria e sezionate [eh sì, mi spiace, un altro crudele esempio di ricerca sugli animali].

Ci sono pochi centri di questo tipo in Thailandia, perché la zanzara del Sud-est asiatico è un animale delicato. In Africa, la malaria è trasmessa dall’Anopheles gambiae – un animale robusto e di bocca buona, che può digiunare per giorni, affrontare condizioni ambientali difficili e nutrirsi del sangue di molti animali.

La loro cugina asiatica, l’Anopheles dirus, è molto diversa. «Ci soffi sopra e loro sembrano pensare: ‘no, oggi non mi accoppio, sono un po’ turbata’». E poi si nutre esclusivamente di sangue umano: ecco perché Chiara deve nutrirle con il suo.

Come si vede nella foto, ogni quattro giorni infila il braccio nella gabbia attraverso la zanzariera e resta ferma per mezzora. «Sono viziate,» commenta.

Chiara ieri ha nutrito 600 zanzare ma a guardarle il braccio non lo diresti: a forza di farlo è diventata resistente agli allergeni presenti nella saliva delle zanzare (sono loro a causare il prurito e il gonfiore). Ma il suo capo, François Nosten, che ha dovuto sostituirla due settimane fa, ha il braccio ancora coperto di ponfi.

Le gabbie contengono due tipi di zanzare strettamente imparentate: Anopheles dirus B e C. Ma le due colonie devono essere tenute separate: se entrassero in contatto, l’errore sarebbe irreparabile. Sono identiche, anche al microscopio. La differenza è genetica. Trasmettono due parassiti diversi: l’Anopheles dirus B trasmette solo il Plasmodium falciparum, la principale causa della malaria da queste parti; l’Anopheles dirus C trasmette solo il  P. vivax. Chiara Andolina lo ha dimostrato sperimentalmente alcuni anni fa.

Solo le femmine pungono e usano le proteine del sangue umano per l’involucro delle uova. Ma devono essere fecondate da un maschio. Peccato che siano schizzinose sul sesso oltre che sul cibo.

Chiara deve costringerle. Si fa così: prima decapiti un maschio e anestetizzi la femmina. Poi inserisci i genitali del maschio nel corpo della femmina addormentata. Se lo fai bene, i due insetti (OK, un insetto e mezzo) si incastrano e lo sperma feconda le uova. Chiara ormai lo fa a mano e senza usare il microscopio.

Le uova galleggiano sull’acqua come zattere. Dopo due giorni si schiudono e diventano larve, che stanno a pelo d’acqua, respirando dal didietro e catturando con i peli che hanno sulla bocca particelle di cibo in sospensione.

wikimedia.org/wikipedia/commons

Le larve sono molto delicate. Ci vogliono due settimane perché diventino zanzare adulte, pronte per essere infettate e per le sperimentazioni. Chiara Andolina preleva il sangue dai malati di malaria e lo mette in un contenitore coperto da una membrana. Le zanzare – parecchie dozzine in un altro contenitore – bucano la membrana e succhiano il sangue.

Adesso sono infette. A questo punto la sicurezza è essenziale. La legge prescrive che almeno quattro porte sigillate si frappongano tra le zanzare e il mondo esterno. Chiara conta le sue zanzare tutti i giorni. Se ne mancasse anche una soltanto – ma non è successo mai – non potrebbe lasciare il laboratorio prima di averla trovata e uccisa.

«Non faccio questo lavoro per amore delle zanzare. Lo faccio per fornire parassiti alla ricerca, a due laboratori a Parigi e Singapore dove si sperimentano nuove medicine.» In particolare, si vuol scoprire se la primachina, efficace nel trattare le forme intraepatiche, sia in grado di interrompere il ciclo della trasmissione della malaria, impedendo l’infezione nelle zanzare stesse. Chiara Andolina vuole scoprire se le zanzare che si nutrono del sangue di pazienti trattati con primachina a basse dosi abbiano minori probabilità di essere infettate dal plasmodio.

A dosi elevate, la primachina può provocare effetti collaterali gravi. Ma se fosse in grado di interrompere il ciclo di trasmissione anche a basse dosi potrebbe essere alla base di una campagna per la completa eliminazione della malaria dal Sud-est asiatico, attraverso un trattamento di massa della popolazione.

Giorgio Boatti – Un paese ben coltivato: Viaggio nell’Italia che torna alla terra e, forse, a se stessa

Boatti, Giorgio (2014). Un paese ben coltivato: Viaggio nell’Italia che torna alla terra e, forse, a se stessa. Roma-Bari: Laterza. 2014. ISBN: 9788858111987. Pagine 269. 10,99 €

images-amazon.com

Nella personalissima classifica dei miei interessi, l’agricoltura non occupa una posizione particolarmente elevata: forse perché da bambino ho trascorso in campagna periodi abbastanza lunghi (e abbastanza costellati da disavventure più o meno grandi, tra le quali una disastrosa caduta in bicicletta in un fosso pieno di ortiche, che mi fece decidere e affermare a cinque anni che io non ero un “campagnuolo”), forse perché – per quanto io non sia, della razza mia, il primo che ha studiato (per parafrasare il poeta) – le distanze dal mondo contadino non sono abbastanza grandi per tingerlo d’azzurro, color di lontananza (oggi mi ha preso così).

E allora perché ho comprato e letto questo libro? Un po’ per averlo iniziato su Il Post, che ne proponeva il primo capitolo (se volete potete farlo anche voi cliccando qui), un po’ perché devo occuparmi di agricoltura professionalmente (ho faticato a non scrivere: sono costretto a occuparmi) e tanto vale farlo con un libro promettente.

Leggi il seguito di questo post »

Pubblicato su Recensioni. Tag: . 2 Comments »

Caetano Veloso nel paese delle gabelle

Salvo imprevisti, sarò al concerto che Caetano Veloso terrà a Roma, all’Auditorium di via della Conciliazione il 7 maggio 2014.

wikimedia.org/wikipedia/commons

Ho comprato 2 biglietti in prevendita, spendendo in tutto 119,20 €, cioè 59,60 € a biglietto.

Cominciamo da qui: il prezzo del singolo biglietto è di 47,50 €. Questo prezzo include l’IVA al 22%, i diritti SIAE e non so quali altre tasse. Posso permettermelo e trovo giusto che il musicista, la sua band e i componenti della sua organizzazione siano retribuiti. Tra l’altro, so bene che i proventi della vendita di dischi in vinile, CD e musica in streaming sono ormai ben poca cosa, poco più di uno strumento di traino ai concerti dal vivo. Anzi, vorrei – se possibile – che ai musicisti e alla loro organizzazione arrivasse una quota maggiore e che ai pasciuti parassiti della SIAE arrivasse di meno. Ma non è di questo che voglio parlare qui.

Qui voglio parlare dei misteri delle “prevendite” (ne ho già parlato, ad esempio qui) e di chi ci si ingrassa. Se possibile, vorrei che qualche innovatore o rottamatore o paladino del liberismo si occupasse anche di questo, uno dei tanti lacci e lacciuoli che tengono inchiodato a terra il nostro paese, come Lemuel Gulliver.

wikimedia.org/wikipedia/commons

Allora, vediamo come si arriva da 47,50 a 59,60 € (un’ulteriore gabella del 25.5%, che intasca TicketOne):

  • diritti di prevendita 7,50 € (badate alla logica economica della cosa: io pago in anticipo e, sempre con largo anticipo, dò agli organizzatori la certezza che quel posto è venduto. Mica poco, tant’è vero che non è raro che un evento venga cancellato “perché la prevendita è stata inferiore alle aspettative”. Ma basterebbe l’aver pagato anticipato, nella logica economica, per dovermi aspettare uno sconto al tasso d’interesse corrente: in fin dei conti, io pago profumatamente la banca, con fior d’interessi, per avermi prestato i soldi del mutuo in anticipo sulle mie future disponibilità. Anche quando acquisto un biglietto del treno o dell’aereo, pago meno quando acquisto in anticipo. Non è così? Se non è così, almeno cambiate il nome agli odiosi diritti di prevendita!)
  • spese per commissioni di servizio 3,35 € (questo, suppongo, è il margine d’intermediazione che TicketOne si attribuisce: un bel 7,1%, ammesso che i diritti di prevendita non li intaschi, almeno in parte, sempre TicketOne)
  • spese per Stampa@Casa 1,25 € (questo è oltraggioso: è quanto TicketOne si fa pagare per darmi il privilegio di stampare – dal mio computer, con la mia stampante, con il mio toner e con l’energia elettrica che pago io – il biglietto in anticipo ed evitare la coda al botteghino. Non ho parole).

Io non ho parole. E questo paese non ha speranze.

Cedevole

«La norma è cedevole», cinguetta una fine giurista.

wikimedia.org/wikipedia/commons

Si scopre così che la legge, un tempo incisa su tavole di bronzo, è ora cedevole, come la virtù di una demi-mondaine in un romanzo francese del XIX secolo…