Non dàtevi obiettivi, costruite abitudini e sistemi, piuttosto

Tutte le bibbie aziendali e i loro profeti sostengono che dare (o darsi) degli obiettivi e poi realizzarli sia la ricetta sicura per il successo.

Contrordine, compagni. Adesso pare che darsi un obiettivo sia la ricetta sicura per l’insuccesso.

Non lo dico io. Lo sostiene Scott Adams, il creatore di Dilbert:

Goals are for losers. [Scott Adams. How to Fail at Almost Everything and Still Win Big: Kind of the Story of My Life]

… you will spend every moment until you reach the goal — if you reach it at all — feeling as if you were short of your goal. In other words, goal-oriented people exist in a state of nearly continuous failure that they hope will be temporary.

Per di più, fissare un obiettivo significa (ovviamente) non averlo ancora raggiunto e, quindi, conferma la sensazione di essere inadeguati. Tipico della mentalità da perdenti:

When you’re working toward a goal, you are essentially saying, ‘I’m not good enough yet, but I will be when I reach my goal’. [James Clear]

Se – come spesso accade – l’obiettivo è fuori dal tuo controllo, in tutto o in parte, ecco garantita la frustrazione.

Che fare allora? Questo articolo [Goals Suck: Why Building Habits and Systems Makes Sense] suggerisce di puntare su abitudini e sistemi.

Un sistema è un processo da seguire. Si può ripetere e ogni volta porta allo stesso risultato (o a un risultato simile). Naturalmente, per costruire un sistema ci vogliono tempo e fatica. Ma mentre lo costruisci, impari tantissimo sul risultato che vuoi ottenere e su come ottenerlo.

Sono sistemi in questa accezione il tuo programma di esercizio fisico, la tua routine di lavoro, il tuo progetto di auto-apprendimento.

Un’abitudine è un’azione ripetibile. È qualcosa che fai senza pensarci. In questo è diversa da un sistema, che è una sequenza di azioni consapevoli (nell’esempio che abbiamo fatto poco fa, il tuo programma di esercizio fisico è un sistema fatto di un alternarsi di corsa, ginnastica e riposo).

Sono esempi di abitudini quella di mangiare il frutta a colazione, di correre tutti i giorni di bel tempo, di leggere prima di addormentarsi.

Sistemi e abitudini hanno in comune la ripetizione. Per costruirli, si deve prendere una piccola decisione ogni giorno, non fissarsi su una meta lontana. Ci vorrà del tempo (tipicamente un paio di mesi, secondo l’articolo che sto citando), ma alla fine sarà diventata una seconda natura.

La teologia di Charlie Hebdo è più solida di quella dei jihadisti, scrive Giles Fraser sul Guardian

A più di una settimana dalla strage compiuta nella redazione di Charlie Hebdo si può forse cominciare a fare qualche riflessione più articolata, superando quell’urgenza di schierarsi che ha caratterizzato, inevitabilmente, le prime reazioni.

Tra i primi a cimentarsi su un terreno di analisi è stato The Guardian con un articolo pubblicato venerdì 9 gennaio 2015 e firmato da Giles Fraser, parroco (anglicano) della chiesa di St Mary’s, Newington a Londra e visiting professor di antropologia alla London School of Economics.

“Giles Fraser Levellers Day Burford 20080517” by Kaihsu Tai – Own work. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons – http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Giles_Fraser_Levellers_Day_Burford_20080517.jpg#mediaviewer/File:Giles_Fraser_Levellers_Day_Burford_20080517.jpg

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L’uomo sulla luna: complottisti nella merda?

Cari amici complottisti, che sostenete che le missioni Apollo non hanno mai portato astronauti sulla luna e che la NASA ha filmato falsi sbarchi in qualche studio cinematografico utilizzando effetti speciali, ora il modo per risolvere una volta per tutte la diatriba è a portata di mano: basta tornare sulla luna e recuperare tutta la monnezza che gli astronauti hanno lasciato lassù, comprese 96 sacche sigillate piene di cacca, pipì e vomito.

Sì, perché il modulo lunare aveva poco carburante e una capacità molto limitata di tornare nell’orbita lunare: quindi, se gli astronauti volevano riportare a terra reperti lunari (rocce, polvere e così via) dovevano lasciare giù un peso equivalente di scarti: residui organici, in primo luogo, ma anche chiavi inglesi, utensili, eccetera. Persino palle da golf.

La storia – in tutti i suoi sordidi dettagli – è raccontata qui.

I numeri portano sempre dolore

Togliti di mezzo, Matrix. Hai fatto il tuo tempo.

La profonda realtà dei numeri, quanto essi contribuiscano a tessere le nostre esistenze, quanto – per quanto dolorosa – la sensibilità ai numeri e la conoscenza quantitativa contribuiscano a farci umani: tutto questo è raccontato, con grandissima poesia, nei 9 minuti di questo film del regista ceco Robert Hloz girato in Corea.

Guardatelo con attenzione.

Mi ringrazierete.

Quando i giornali parlano di scienza a sproposito, di chi è la responsabilità?

Se lo chiede David Spiegelhalter, un professore di statistica che dirige il Winton programme for the public understanding of risk dell’Università di Cambridge e di cui abbiamo già parlato in questo blog, qui e qui.

understandinguncertainty.org

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Radiazioni elettromagnetiche e cancro: spegnete subito quella fornace nucleare

Sui quotidiani, la notizia – ripresa da uno studio scientifico pubblicato sulla rivista Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention il 29 maggio 2014 (Shaowei Wu, Jiali Han, Francine Laden e Abrar A. Qureshi. Long-term Ultraviolet Flux, Other Potential Risk Factors, and Skin Cancer Risk: A Cohort Study) – è stata pubblicata inizialmente dall’inglese Daily Telegraph il 2 giugno 2014 e poi ripresa dalla stampa internazionale, compreso il quotidiano online Linkiesta.

Ma andiamo con ordine e cominciamo dal Telegraph, che da bravo quotidiano inglese accompagna la notizia con la foto di una bagnante.

Suffering sunburn five times increase skin cancer risk

Five serious sunburns increase the risk of deadly skin cancer by 80 per cent, study finds

by Rebecca Smith, Medical Editor

Five serious episodes of sunburn by the age of 20 increases the risk of deadly skin cancer by 80 per cent, a study has found.
Repeated sunburn that is serious enough to blister dramatically increases the risk of malignant melanoma, American researchers have warned.
A study, of almost 109,000 women, published in the journal Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention, found that five serious sunburns between the age of 15 and 20 increased the risk of skin cancer.
Two in 100 white women will develop malignant melanoma in their lifetime, around 13,300 cases in the UK are diagnosed each year.
Dr Abrar Qureshi, professor and chairman of the Department of Dermatology at Warren Alpert Medical School of the Brown University and Rhode Island Hospital, said: “Persons with high host-risk traits, such as red hair colour, a higher number of moles and high sunburn susceptibility should pay more attention to avoid excessive sun exposure, especially early in life.”
It was found that women who had five or more blistering sunburns between age 15 and 20 years old had a 68 per cent increased risk for basal cell carcinoma (BCC) and squamous cell carcinoma (SCC), and 80 per cent increased risk of melanoma.
Dr. Qureshi said: “Our results suggest that sun exposures in both early life and adulthood were predictive of non-melanoma skin cancers, whereas melanoma risk was predominantly associated with sun exposure in early life in a cohort of young women.
“Parents may need to be advised to pay more attention to protection from early-life sun exposure for their kids in order to reduce the likelihood of developing melanoma as they grow up.
“Older individuals should also be cautious with their sun exposure because cumulative sun exposure increases skin cancer risk as well.”

Nel riprendere la notizia, Linkiesta getta un bel po’ d’acqua sul fuoco, un po’ per non creare allarmismo, un po’ perché alla nostra disastrata economia manca soltanto che i mezzi d’informazione facciano una campagna contro l’abbronzatura alla vigilia della stagione balneare.

L’articolo, firmato da Cristina Tognaccini, è stato pubblicato il 29 giugno (ci vuole dunque un mese esatto affinché una ricerca pubblicata su una rivista scientifica arrivi sulle pagine di un giornale italiano, sia pure con la mediazione della stampa inglese, cui erano bastati 4 giorni):

Tumore della pelle: a rischio dopo cinque scottature?

L’eccessiva esposizione al sole nei primi anni di vita aumenta le probabilità di cancro alla pelle

Cristina Tognaccini

«Appena cinque scottature nei primi venti anni di vita possono aumentare il rischio di sviluppare tumore della pelle in età adulta». Lo riporta un lavoro pubblicato su Cancer Epidemiol Biomarkers Prevention (sic!) da alcuni ricercatori del Brigham and Women Hospital e della Harvard Medical School, finanziato con sovvenzioni dal National Institutes of Health. I ricercatori attraverso l’utilizzo di questionari, hanno valutato l’associazione tra alcuni potenziali fattori di rischio di cancro della pelle in una coorte di circa 110mila donne, per oltre 20 anni. Trovando che le donne che durante l’adolescenza avevano riscontrato cinque o più scottature (con vesciche) avevano l’80% di probabilità in più di sviluppare il melanoma (la forma più aggressiva di cancro della pelle), rispetto a quelle che non avevano mai subito scottature. Si tratta però di uno studio di coorte osservazionale, che può fornire indicazioni sul rapporto esistente tra un fattore di rischio e lo sviluppo di una malattia, ma non può dimostrare che l’esposizione a quel fattore causi la malattia.
[Qui inizia l’intervento dei “pompieri della notizia”, coadiuvati anche da “Alessandro Testori, direttore della divisione melanomi e sarcomi muscolo cutanei dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo)”]
[…]
Lo studio del Brigham and Women Hospital e della Harvard Medical School ci dà però anche qualche indicazione importante. A iniziare dal ruolo che può avere una scottatura che presenta vesciche, indice comunque di un errore, e che l’esposizione al sole non è stata corretta. «Sono aspetti correlati a come la pelle ha reagito al raggio ultravioletto» continua Testori. «E pensare che qualche lampada prima di andare al mare possa ridurre questo rischio è sbagliato, anzi, anche questo è un fattore cancerogeno ben documentato. Io sono del parere che l’abbronzatura deve avvenire in maniera naturale e non artificiale e debba essere graduale senza demonizzare il fatto di andare al mare e prendere il sole. Basta esporsi con gradualità e una necessaria protezione, che deve essere molto più importante nei primi giorni di esposizione che non dopo una decina di giorni».

Le rassicurazioni di Testori sono forse eccessive.

Tanto per mettere le cose in chiaro, ricordo a chi fosse interessato che lo IARC (International Agency for Research on Cancer, l’agenzia dell’OMS-Organizzazione Mondiale della Sanità dell’ONU che conduce e coordina le ricerche sulle cause del cancro) classifica gli agenti (e le miscele e l’esposizione) potenzialmente carcinogeni in 5 categorie:

  • Gruppo 1: cancerogeno per l’uomo (c’è una sufficiente evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro nell’uomo).
  • Gruppo 2A: probabilmente cancerogeno per l’uomo (c’è una limitata evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro nell’uomo e una sufficiente evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro negli animali da laboratorio, oppure una inadeguata evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro nell’uomo e una sufficiente evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro negli animali da laboratorio purché sia noto che la carcinogenesi è mediata dallo stesso meccanismo nell’uomo e nell’animale).
  • Gruppo 2B: possibilmente cancerogeno per l’uomo (c’è una limitata evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro nell’uomo e una insufficiente evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro negli animali da laboratorio, oppure una inadeguata evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro nell’uomo e una sufficiente evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro negli animali da laboratorio, oppure una inadeguata evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro nell’uomo e una insufficiente evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro negli animali da laboratorio  purché sia noto che la carcinogenesi è mediata dallo stesso meccanismo nell’uomo e nell’animale).
  • Gruppo 3: non classificabile come cancerogeno per l’uomo (non c’è una adeguata evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro nell’uomo né una adeguata sufficiente evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro negli animali da laboratorio).
  • Gruppo 4: probabilmente non cancerogeno per l’uomo (non c’è una adeguata evidenza sperimentale che l’agente possa provocare il cancro nell’uomo o negli animali da laboratorio).

La lista ufficiale completa dei carcinogeni la trovate qui.

La radiazione ultravioletta – che include le lunghezze d’onda tra i 100 e i 400 nm, corrispondenti a UVA, UVB e UVC – è nel Gruppo 1. Nello stesso Gruppo ci sono i lettini abbronzanti. Tanto per darvi un’idea e spaventarvi un po’: questo è il Gruppo in cui è classificato anche l’amianto.

I campi elettromagnetici non ionizzanti (tra cui sono inclusi quelli relativi ai telefonini e alle reti wifi) sono classificati nel gruppo 2B (è possibile – ma non probabile: quello è il gruppo 2A – che ci sia qualche rischio di cancerogenicità). Gli altri campi elettrici, a bassa frequenza o statici, e i campi magnetici statici sono classificati nel Gruppo 3: non possono cioè essere classificati come cancerogeni per l’uomo.

Naturalmente, siete liberi di pensare che ci sia un gomblotto. Ma vi sconsiglio di pensarlo al sole senza adeguata protezione.

Per tutto il resto che c’è da dire, c’è NIMBY.

11 regole d’autore per farsi un buon tè

Oggi, se fosse vissuto così a lungo, George Orwell (Eric Arthur Blair all’anagrafe), nato in India il 25 giugno 1903, compirebbe 111 anni: non una cifra tonda, d’accordo, ma comunque una cifra triangolare.

wikimedia.org/wikipedia/commons

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La spada e la frusta

Poche cose mi riempiono di contentezza più che imparare qualcosa di nuovo.

Quello che ho imparato oggi è il motivo per cui in alcuni paesi la auto tengono la destra e in altri tengono la sinistra.

wikimedia.org/wikipedia/commons

A dire il vero, due cose le sapevo già, ma mi mancava il terzo tassello di un puzzle che a me sembra affascinante.

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L’airone e il coniglietto

Airone, che debuttò nel maggio del 1981, è stata a lungo la prima e l’unica rivista italiana dedicata ai temi ambientali (almeno fino a quando non l’ha rilevata Cairo editore, per farne un contenitore trash).

parco.ex-risaia.info

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Ecco che cosa ti può succedere se provi a farla per strada in India

India: 600 milioni di maschi e pochi bagni. Inevitabile farla per strada? Forse, ma il problema è colossale.

dailydot.com

Tra le molte campagne di dissuasione – che vanno dal decorare i muri con immagini religiose, alla pubblica derisione, al trillo dei fischietti e al rullo dei tamburi (lo raccontava la BBC qualche tempo fa) – si segnala per la sua originalità (ma forse è una bufala) quella del gavettone su larga scala (questa la fonte: India has found a novel way to stop people from peeing in public). Il filmato è comunque divertente.