L’internazionale di Franco Fortini

Mi ero dimenticato che esistesse. Il distico:

Noi non vogliam sperare niente.
il nostro sogno è la realtà.

mi fa ancora venire i brividi. Un motto politico e meta-politico da far proprio anche oggi.

La storia è lunga. Il testo originale fu scritto da Eugène Pottier nel giugno del 1871, durante la repressione seguita alla Comune di Parigi. Inizialmente, era cantata sulla musica della Marsigliese, ma nel 1888 fu musicata da Pierre Degeyter.

Au citoyen Lefrançais, membre de la Commune.

Debout ! les damnés de la terre !
Debout ! les forçats de la faim !
La raison tonne en son cratère :
C’est l’éruption de la fin.
Du passé faisons table rase,
Foule esclave, debout ! debout !
Le monde va changer de base :
Nous ne sommes rien, soyons tout !

Refrain :

C’est la lutte finale :
Groupons-nous, et demain,
L’Internationale
Sera le genre humain

(bis)

Il n’est pas de sauveurs suprêmes :
Ni Dieu, ni César, ni tribun,
Producteurs, sauvons-nous nous-mêmes !
Décrétons le salut commun !
Pour que le voleur rende gorge,
Pour tirer l’esprit du cachot,
Soufflons nous-mêmes notre forge,
Battons le fer quand il est chaud !

(Refrain)

L’État opprime et la loi triche ;
L’Impôt saigne le malheureux ;
Nul devoir ne s’impose au riche ;
Le droit du pauvre est un mot creux.
C’est assez, languir en tutelle,
L’égalité veut d’autres lois ;
« Pas de droits sans devoirs, dit-elle
« Égaux, pas de devoirs sans droits ! »

(Refrain)

Hideux dans leur apothéose,
Les rois de la mine et du rail
Ont-ils jamais fait autre chose
Que dévaliser le travail ?
Dans les coffres-forts de la bande
Ce qu’il a créé s’est fondu
En décrétant qu’on le lui rende
Le peuple ne veut que son dû.

(Refrain)

Les Rois nous soûlaient de fumées,
Paix entre nous, guerre aux tyrans !
Appliquons la grève aux armées,
Crosse en l’air, et rompons les rangs !
S’ils s’obstinent, ces cannibales,
À faire de nous des héros,
Ils sauront bientôt que nos balles
Sont pour nos propres généraux

(Refrain)

Ouvriers, paysans, nous sommes
Le grand parti des travailleurs ;
La terre n’appartient qu’aux hommes,
L’oisif ira loger ailleurs.
Combien de nos chairs se repaissent !
Mais si les corbeaux, les vautours,
Un de ces matins, disparaissent,
Le soleil brillera toujours !

(Refrain)

La traduzione italiana corrente non è per nulla fedele al testo francese. Nacque da un concorso indetto dal giornale satirico L’Asino nel 1901. Risultò vincitore la versione firmata con lo pseudonimo “E. Bergeret” e che è ancora cantata oggi (con piccole variazioni secondo le fonti):

Compagni, avanti, il gran Partito
noi siamo dei lavorator!
Rosso un fior in petto c’è fiorito,
una fede ci è nata in cor.
Noi non siamo più, nell’officina,
entroterra pei campi, in mar,
la plebe sempre all’opra china
senza ideale in cui sperar.
Su, lottiamo, l’Ideale
nostro alfine sarà
l’Internazionale
futura umanità!
Un gran stendardo al sol fiammante
dinnanzi a noi glorioso va:
noi vogliam per esso siano infrante
le catene alla Libertà!
Che Giustizia venga noi chiediamo:
non più servi, non più signor.
Fratelli tutti esser dobbiamo
nella Famiglia del Lavor.
Lottiam, lottiam la terra sia
di tutti eguale proprietà:
più nessuno nei campi dia
l’opra ad altri che in ozio sta!
E la Macchina sia alleata,
non nemica, ai lavorator:
così la vita ritrovata
a noi darà pace ed amor.
Avanti, avanti, la vittoria
è nostra e nostro è l’avvenir:
più civile e giusta la storia
un’altra era sta per aprir!
Largo a noi, all’alta battaglia
noi corriamo per l’Ideal!
Via, largo, noi siam la canaglia
che lotta pel suo Germinal!

Franco Fortini, insoddisfatto di questa traduzione/tradimento, ne scrisse una propria che donò a Lotta continua (l’episodio è narrato, tra l’altro, qui):

Noi siamo gli ultimi del mondo
ma questo mondo non ci avrà
Noi lo distruggeremo a fondo
Spezzeremo la società.

Noi non vogliamo sperar niente
Il nostro sogno è la realtà.
Da continente a continente
questa terra ci basterà.

Classi e secoli ci hanno straziato
fra chi sfruttava e chi servì.
Compagno, esci dal passato
Verso il compagno che ne uscì.

Lotta continua non adottò questo testo, ma un altro (piuttosto brutto, e ve lo risparmio) elaborato da Luigi Manconi. Fortini, invece, continuò a lavorarci a più riprese. Alla sua morte, nel 1994, questo testo – “definitivo” per necessità – fu trovato tra le sua carte:

Noi siamo gli ultimi del mondo.
Ma questo mondo non ci avrà.
Noi lo distruggeremo a fondo.
Spezzeremo la società.
Nelle fabbriche il capitale
come macchine ci usò.
Nelle scuole la morale
di chi comanda ci insegnò.

Questo pugno che sale
questo canto che va
è l’Internazionale
un’altra umanità.
Questa lotta che uguale
l’uomo all’uomo farà,
è l’Internazionale.
Fu vinta e vincerà.

Noi siamo gli ultimi di un tempo
che nel suo male sparirà.
Qui l’avvenire è già presente
chi ha compagni non morirà.
Al profitto e al suo volere
tutto l’uomo si tradì,
ma la Comune avrà il potere.
Dov’era il no faremo il sì.

Questo pugno che sale…

E tra di noi divideremo
lavoro, amore, libertà.
E insieme ci riprenderemo
la parola e la verità.
Guarda in viso, tienili a memoria
chi ci uccise, chi mentì.
Compagni, porta la tua storia
alla certezza che ci unì.

Questo pugno che sale…

Noi non vogliam sperare niente.
il nostro sogno è la realtà.
Da continente a continente
questa terra ci basterà.
Classi e secoli ci han straziato
fra chi sfruttava e chi servì:
compagno, esci dal passato
verso il compagno che ne uscì.

Questo pugno che sale…

Ivan Della Mea racconta, nella parte iniziale di questo clip, di come ne venne a conoscenza e di come decise di cantarla. L’audio è confuso ma merita un piccolo sforza d’attenzione: