I camaleonti – Io per lei

Indissolubilmente legata a una festa del 1969. Ho ballato tutto il pomeriggio (si facevano di pomeriggio le feste di compleanno) con Laura G. (che dopo quel pomeriggio di infatuazione folle non ho rivisto mai più).

Il video è demenziale (e me ne scuso).

La versione dal vivo non ha l’arrangiamento sinfonico.

Le parole sono imbarazzanti nella loro melensaggione.

È lei
Che mi sveglia al mattino
E la notte mi copre.
Io per lei
Faccio tutto
Sai perché?

Io per lei,
Io per lei morirei,
Per quegli occhi vivrei
Una vita di più.
Io per lei,
Io per lei vincerei,
Anche il sole, perché
Questa vita che ho è per lei

Lei mi dice:
Tu sei un uomo che vale,
Non arrenderti mai,
Lotta sempre.
Io le credo sai perché?

Io per lei,
Io per lei morirei,
Per quegli occhi vivrei
Una vita di più.
Io per lei,
Io per lei vincerei,
Anche il sole, perché
Questa vita che ho è per lei.

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Tintinnabulazione

Il metodo compositivo di Arvo Pärt. che lo definisce così:

Lavoro con pochissimi elementi – una voce, due voci. Costruisco con i materiali più primitivi – con l’accordo perfetto, con una specifica tonalità. Tre note di un accordo sono come campane. Ed è perciò che chiamo questo tintinnabulazione.

Con questo particolare genere Pärt dimostra come sia possibile produrre opere valide nonostante la totale assenza di esagerazioni armoniche e la riduzione ai minimi termini del materiale compositivo. Infatti, il modo di comporre di Pärt è generalmente costruito solamente su due voci: una funge da accompagnamento, arpeggiando e ripetendo le note di un accordo tonale (come spiega sopra Pärt, la “Tintinnabulazione”), l’altra è la “melodia” (spesso vocale), ovvero la voce principale. Il tintinnabuli quindi è uno stile a metà fra monodia e polifonia, senza però rientrare realmente in nessuna delle due categorie.

Questa è una delle tante versioni di Fratres.

E questa un’altra:

Esegesi ed ermeneutica

Esegesi: interpretazione critica di testi (De Mauro on line). Sono corrette entrambe le accentazioni, esegèsi ed esègesi.

Dal greco ἐξήγησις (dalle stesso significato, a sua volta dal verbo ἐξηγεῖσθαι “portar fuori”).

Ermeneutica: interpretazione di testi antichi (De Mauro on line).

Dal greco ερμηνευτική [τέχνη] – [l’arte del] interpretazione, traduzione, chiarimento e spiegazione – a sua volta del verbo di incerta origine (forse associato a Hermes) ἑρμηνεύω (traduco, interpreto).

Mentre l’esegesi è l’analisi di un testo basata su elementi tutti contenuti nel testo stesso, l’ermeneutica attinge a elementi extratestuali.

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Chiasmo

Figura retorica basata su una simmetria incrociata fra parole o gruppi di parole affini (per esempio: vizi privati, pubbliche virtù) (De Mauro on line).

Dal greco: “struttura a croce, a forma di \boldsymbol{\chi}“.

Qualche esempio letterario:

Quell’uno e due e tre che sempre vive
e regna sempre in tre e ‘n due e ‘n uno,
[Dante, Paradiso, C. XIV, vv 28-29]


indi traendo poi l’antico fianco
per l’estreme giornate di sua vita
quanto più po col buon voler s’aita,
rotto dagli anni e dal cammino stanco.
[F. Petrarca, Movesi il vecchierel canuto e bianco, vv 5-8]

Immota e come attonita ste’ alquanto;
poi sciolse al duol la lingua, e gli occhi al pianto.
[L. Ariosto, Orlando furioso, C. VIII, vv 311-312]

Fuggì tutta la notte e tutto il giorno
errò senza consiglio e senza guida,
non udendo o vedendo altro d’intorno,
che le lagrime sue, che le sue strida.
[T. Tasso, Gerusalemme liberata, C. VII, vv 17-20]

Bei cipressetti, cipressetti miei,
fedeli amici d’un tempo migliore,
oh di che cuor con voi mi resterei –
guardando io rispondeva – oh di che cuore!…
[G. Carducci, Davanti San Guido, vv 17-20]

Oh! dormi col tremolio muto
dell’esile cuna che avesti!
non piangerlo tutto, il minuto
che avesti, dell’esile vita!
[G. Pascoli, Il sogno della vergine, vv 55-58]

O nere e bianche rondini, tra notte
e alba, tra vespro e notte, o bianche e nere
ospiti lungo l’Affrico notturno!
[G. D’Annunzio, Lungo l’Affrico, vv 21-23]

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Edificio

Fabbricato, costruzione (De Mauro on line).

Dal latino ædificium, a sua volta composto di facĕre (fare, costruire) e ædes (abitazione, tempio). A sua volta, quest’ultima parola viene dal proto-indoeuropeo idh-, indh- (brucio, infiammo: nei templi si fanno i sacrifici), all’origine anche dell’irlandese aed (fuoco) e il greco aithos (fuoco, da cui vengono poi etiope, Etna, ètere, estate…).

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