Adesso che l’acqua è meno torbida e la polvere si è posata nuovamente sulle dune di Zabriskie Point, possiamo parlare di nuovo di Steve Jobs?
Abbiamo parlato a suo tempo delle radici di Jobs nella controcultura degli anni Sessanta. Nella controcultura americana circolavano anche piccoli (molto piccoli, rispetto al Sessantotto francese e soprattutto italiano) richiami agli insegnamenti di Marx. Ne è una piccola testimionianza, dato che poco fa citavamo Zabriskie Point di Antonioni, la sequenza in cui Mark Frechette viene fermato dopo i disordini all’università:
Poliziotto: Nome e cognome, prego
Mark: Carlo Marx
Poliziotto: Che?… Come si scrive, dimmelo lettera per lettera
Mark: c-a-r-l-o-m-a-r-x
Poliziotto: con una x?
Mark: Sì con una x
Poliziotto: ma che cavolo di nome!!
Mi viene in mente Marx, perché per me liceale, è stata la lettura di Marx (direttamente, non nei bignamini che circolavano all’epoca) a trasmettermi lo stesso messaggio che dà in questo clip del 1995 Steve Jobs: che il mondo e la vita e i modi di produzione non sono dati una volta per tutte, ma sono il risultato dell’opera, inconsapevole e consapevole, degli uomini. E che dunque, per riprendere lo slogan di una decina di anni fa, “un altro mondo è possibile” e, per di più, nelle nostre mani.
When you grow up you tend to get told the world is the way it is and you’re life is just to live your life inside the world. Try not to bash into the walls too much. Try to have a nice family, have fun, save a little money.
That’s a very limited life. Life can be much broader once you discover one simple fact: Everything around you that you call life was made up by people that were no smarter than you and you can change it, you can influence it, you can build your own things that other people can use.
[…]
Once you learn that, you’ll never be the same again.
Originariamente il video e la trascrizione del testo li ho trovati qui:
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