Castellina, Luciana (2012). Siberiana. Roma: nottetempo. 2012. ISBN 9788874524112. Pagine 121. 4,99 €

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Avevo molti motivi ex ante per leggere questo libro. Dato che gli elenchi sono di moda, ne snocciolerò 3:
- sono in una fase russa, come testimoniano le recenti letture di Anna Karenina e di Limonov (e vi devo avvertire che non è ancora finita);
- da anni desidero “fare” la Transiberiana e che Luciana Castellina abbia realizzato questo mio sogno da arzilla ultra-ottantenne (anche se in un viaggio “addomesticato”, come racconta lei stessa) mi lascia qualche speranza per il futuro;
- come alcuni di voi sanno, alcuni anni fa ho militato nel manifesto e Luciana Castellina era ed è uno dei grandi miti di quella stagione.
Ex post? Piuttosto deludente.
Per prima cosa, mi aspetto da un e-book che mi offra qualche cosa di più, e non qualche cosa di meno, dell’edizione cartacea. Metto in conto il fatto che probabilmente le illustrazioni siano meno belle di quelle stampate, magari fuori testo. Posso persino accettare che siano in bianco e nero anche se l’originale era a colori (anche se ormai la cosa si giustifica sempre meno). Ma pretendo – pretendo! – che ci sia un minimo di interattività, qualche hyperlink: tra testo e note, nei richiami tra un capitolo e l’altro. Nulla di tutto questo in questa edizione. Anzi, i richiami alle note in fondo al testo non sono nemmeno in esponente e in corpo più piccolo, talché oltre a non servire a nulla interrompono il fluire della lettura, soprattutto se vengono (e accade abbastanza spesso) dopo un numero o una data.
Benché il viaggio sia stato organizzato e sponsorizzato da Banca Intesa, è anche un libro caro (5 € per 120 pagine). Per questa cifra si sarebbero anche potuti permettere un editor che evitasse gli errori più imbarazzanti: come l’idea di far confluire “vertiginosamente”a Nižnij Novgorod il Volga con l’Ob’ (pos. 299 sul Kindle). Vertiginosamente davvero: quando Luciana Castellina, alcuni giorni dopo, attraverserà effettivamente l’Ob’ avrà percorso circa 3.000 km! Il fiume che confluisce nel Volga a Nižnij Novgorod è l’Oka.
La lettura è tutto considerato piacevole, e mescola ricordi personali, impressioni di viaggio e storie della rivoluzione sovietica. Ma non è certo un libro imperdibile.
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La cosa che mi è piaciuta di più nel libro è questo aneddoto, che Luciana Castellina estrae dai suoi ricordi giovanili moscoviti:
Fausto Ibba era sardo, giovanissimo, e lavorava all’Unità nazionale, che l’aveva mandato a Mosca a studiare – un’utile tappa per la carriera giornalistica. Ma lí, all’Università Lomonosov, si era perdutamente innamorato di una studentessa bulgara, già sposata con uno studente albanese (da cui aveva anche avuto una bambina), che era per di piú il potente segretario della cellula dei suoi connazionali. Quando il marito aveva brutalmente cercato di porre fine alla relazione della donna con l’italiano, strappando la figlia di pochi anni alla madre e mandandola al sicuro a Tirana, lei aveva tentato il suicidio e poi era stata rispedita in Bulgaria. Ma è a questo punto che arriva una decisione inaspettata: Fausto Ibba riceve l’ordine di espulsione dall’università e dall’Urss, quarantott’ore per rientrare in Italia. Una conclusione drammatica: per l’amore, che a quel punto perde ogni speranza, e per l’onore politico. Furibonda, la cellula dei giovani comunisti italiani dell’Università di Mosca convoca un’assemblea straordinaria, cui vengono invitati il compagno Bertini, che era il rappresentante permanente del Comitato Centrale del Pci, e la sottoscritta, membro della direzione della Federazione Giovanile, in quei mesi nella capitale sovietica per preparare il Forum per la pace. Era presente anche Maurizio Ferrara, corrispondente da Mosca dell’Unità.
Gli studenti reclamano un immediato intervento del Partito, da Roma, per sospendere l’“illegittimo” ordine di espulsione.
Ma il problema è reso piú complicato dal latente conflitto fra sovietici e cinesi-albanesi, che rende il caso imbarazzante, conferendogli una dimensione politica internazionale – questo cerca di spiegare il timidissimo compagno Bertini invitando tutti alla cautela –, argomento che gli studenti considerano degno di don Abbondio. Sempre piú in difficoltà, Bertini ricorre a un’altra motivazione: i costumi morali. Quelli degli albanesi, ma anche dei sovietici – dice – sono assai piú rigidi dei nostri, un rapporto extraconiugale appare loro uno scandalo. La sala a queste parole esplode […].
La conclusione fu l’incarico a Ferrara di telefonare a Botteghe Oscure per chiedere un appuntamento immediato, e una colletta per consentire a una studentessa, Rossana Platone, che stava rientrando a Roma con il treno, di poter invece prendere l’aereo, piú rapido, e incontrare Mario Alicata, incaricato del colloquio. Tutto per arrivare a far annullare l’ordine di espulsione entro le fatali quarantott’ore.
Il finale della storia è esemplare del carattere del Pci e dell’Italia: Alicata, che Rossana incontrò effettivamente subito, non si sognò neanche di chiedere ai sovietici di annullare la loro decisione, ma appena Ibba, sconvolto dalle pene d’amore e dall’onta politica subita, rientrò a Roma, l’Unità lo nominò corrispondente da Sofia. Lí poté riabbracciare la sua amata e da allora vissero felici e contenti. [1739-1761: riferimento come sempre alle posizioni sul Kindle]
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Qualche altra citazione.
Fra noi dieci c’è lo scrittore Roberto Pazzi, che sull’assassinio dei Romanov ha scritto un romanzo in cui ricostruisce con fantasia la tragica vicenda. […] A vedere da vicino i luoghi in cui avvenne il massacro si commuove e non condivide il mio relativismo storico quando gli dico che anche la Rivoluzione Francese era costata la testa a piú di un innocente, a cominciare dalla povera Maria Antonietta. Era indispensabile nel 1789, non nel 1917? No, naturalmente, in nessuno dei due casi. Ma si sa che le rivoluzioni “non sono un pranzo di gala”. Che faremmo però se non ci fossero piú? Io non vorrei rinunciarci, anche quando finiscono male, perché sono necessarie a pensare l’impensabile, a guardare al di là delle sbarre del presente. [660-664]
Il Lago Bajkal, che non avevo mai pensato di vedere in vita mia, è straordinario, gigantesco in tutto: per l’acqua dolce che contiene, un quinto di quella di tutta la Terra; per la sua profondità, quasi due chilometri; per la lunghezza delle sue coste; per il numero dei suoi affluenti: 336. È limpidissimo, mai vista una simile trasparenza dell’acqua, si possono distinguere ogni sasso e ogni pesce, l’immagine riflessa di un’enorme varietà di uccelli è nettissima, cosí come quella degli speroni rocciosi che si allungano nel bacino, arricchiti dalle immancabili betulle giallo-rosse. [1461-1462]
mercoledì, 23 gennaio 2013 alle 9:46
[…] Luciana Castellina – Siberiana […]
domenica, 8 giugno 2014 alle 13:08
[…] dire che io Luciana Castellina la considero – oltre che un mito, come ho raccontato recensendo Siberiana – un po’ un’amica o conoscente di lunga data, una persona di cui so o credo di sapere […]