Non ho moltissimo da scrivere su un concerto di pochi giorni fa di cui hanno parlato in molti.
Quello che ho da dire io – che mi sono imbattuto la prima volta nei Pink Floyd con See Emily Play nel 1967 e che ho comprato tutti i loro dischi, compresi un po’ di bootleg e di oscure stranezze) fino a The Final Cut (e per la verità anche A Momentary Lapse of Reason e The Division Bell) – sono soltanto due cose, una sulla musica e una sullo spettacolo.
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Sulla musica: The Wall è diventato l’autocelebrazione di sé stesso. Tutti i metronomi sono rallentati, affinché il messaggio sia chiaro: non stiamo partecipando a un concerto rock, ma stiamo assistendo alla commemorazione di un concept album di quasi 35 anni fa. Per capirsi, non siamo all’ultima cena, quella vera di Gerusalemme alla vigilia della crocifissione e della resurrezione, ma a una fastosa messa cantata in San Pietro. Ci passa la stessa distanza.
Non sembra neppure un evento live, tanto l’esecuzione è laccata e leccata, aiutata da basi registrate. Roger Waters di voce ne ha sempre avuta pochina e nelle occasioni “recenti” come nella famosa reunion del concerto live8 del 2005 (ascoltare per credere) eravamo all’ispirato rantolo alla Paolo VI. E invece l’altra sera era forte e senza incertezze: miracoli delle nuove tecnologie o della cara vecchia erba canterina?
Pink Floyd Reunion – Live 8 2005 – Full Length… di fort55

wikimedia.org/wikipedia/commons
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Sullo spettacolo: assolutamente fantastico, sia dal punto di vista della realizzazione tecnica (decine di proiettori) sia sotto il profilo della visionarietà della messa in scena. Quasi impossibile da descrivere a parole. Per fortuna, finché l’occhiuta polizia del copyright non lo blocca (perché anche Roger Waters predica bene e razzola male) potete farvene un’idea guardando questa registrazione del concerto del 7 febbraio 2012 alla Rod Laver Arena (ve lo ricordate il tennista?) di Melbourne. Manca la sequenza del processo, però.
Ecco la scaletta del concerto romano:
- Outside the Wall
- In the Flesh?
- The Thin Ice
- Another Brick in the Wall Part 1
- The Happiest Days of Our Lives
- Another Brick in the Wall Part 2
- The Ballad of Jean Charles de Menezes
- (“Another Brick in the Wall Part 2” reprise)
- Mother
- Goodbye Blue Sky
- Empty Spaces
- What Shall We Do Now?
- Young Lust
- One of My Turns
- Don’t Leave Me Now
- Another Brick in the Wall Part 3
- The Last Few Bricks
- Goodbye Cruel World
- [Intermission]
- Hey You
- Is There Anybody Out There?
- Nobody Home (Roger forgot to switch his mic on)
- Vera
- Bring the Boys Back Home
- Comfortably Numb
- The Show Must Go On
- In the Flesh
- Run Like Hell
- Waiting for the Worms
- Stop
- The Trial
- Outside the Wall (Algie was broken in pieces by the audience)
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Ancora 2 cose (lo so che avevo scritto che avevo soltanto 2 commenti e che in questo modo sono diventati 4).
Nella prima parte, dopo Another Brick in the Wall Part 2, Roger Waters è venuto sul fronte del palco e dopo il rituale saluto a Roma, un po’ in rudimentale italiano e un po’ in broken English, ha dedicato il concerto a Jean Charles de Menezes. Tutti abbiamo applaudito come se sapessimo benissimo di chi stessimo discorrendo. Ma io non lo sapevo o non lo ricordavo (e così, immagino, la maggioranza dei presenti) e dunque sono andato a documentarmi su Wikipedia.
Jean Charles de Menezes, brasiliano, 27 anni, fu ucciso a freddo dalla polizia metropolitana di Londra il 22 luglio 2005 perché sospettato di essere membro della cellula che aveva organizzato gli attentati di matrice islamica del 7 luglio 2005 (52 morti). Menezes non c’entrava niente ed era disarmato. Fu seguito da agenti in borghese da casa sua fino alla stazione della metropolitana di Stockwell. Quando salì sul treno, una parte dei poliziotti in borghese sgomberò il vagone, mentre numerosi altri gettarono Menezes a terra e, immobilizzatolo, gli piantarono 7 pallottole in testa, a bruciapelo.

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Ultima osservazione.
Non sono un frequentatore abituale dello Stadio Olimpico. Anzi, a dire la verità, era la seconda volta in vita mia che ci mettevo piede e l’altra volta ero entrato (sempre per un concerto) dal lato di Monte Mario.
Sono rimasto molto colpito dalla mancata “defascistizzazione” dell’ex Foro Mussolini, ora Foro Italico. Capisco la conservazione delle strutture, esempio (anche se non tutto dei migliori) dell’architettura razionalistica dell’epoca. Capisco anche la conservazione dell’obelisco, nonostante vi campeggi la monumentale scritta “MUSSOLINI DVX”. Non capisco la conservazione dei mosaici a imitazione di quelli di Ostia Antica e le centinaia di scritte inneggianti al puzzone.
Che la scelta non sia stata neutrale lo illustrano siti come questo.
Ho visitato lo stadio di Norimberga (quello del Trionfo della volontà di Leni Riefenstahl) e non mi risulta che, al contrario di quanto abbiamo fatto noi, siano state conservate le icone più odiose del regime nazista.
lunedì, 14 ottobre 2013 alle 19:38
[…] che il concerto iniziasse. Adesso la puntualità regna sovrana (l’avevo già notato con The Wall di Roger Waters) e PG introduce lo spettacolo con il suo italiano un po’ traballante (ha una casa in […]
martedì, 15 luglio 2014 alle 19:00
[…] concerto non inizia puntuale, contraddicendo una recente tendenza seguita, ad esempio, da Roger Waters, Peter Gabriel e Caetano Veloso, Alle 21:15, prima dei consueti annunci dell’Auditorium (che […]