Verso un bis di Monti? Un precedente storico

Paganini non ripete

(dalle Vite degli uomini illustri, di Achille Campanile)

Quando Paganini, dopo un ultimo, interminabile, acrobatico geroglifico di suoni rapidissimi, ebbe terminata la sonata, nel salone del regal palazzo di Lucca scoppiò un applauso da far tremare i candelabri gocciolanti di cera e iridescenti di cristalli di rocca, che pendevano dal soffitto. Il prodigioso esecutore aveva entusiasmato, come sempre, l’uditorio.

Calmatosi il fragor dei consensi e, mentre cominciavano a circolare i rinfreschi e d’ogni intorno si levava un cicaleccio ammirativo, la marchesa Zanoni, seduta in prima fila e tutta grondante di merletti veneziani intorno alla parrucca giallastra, disse con la voce cavernosa e fissando il concertista con un sorriso che voleva essere seducente tra le mille rughe della sua vecchia pelle:

– Bis!

Inguainato nella marsina, con le ciocche dei capelli sugli occhi, Paganini s’inchinò galantemente, sorrise alla vecchia gentildonna e mormorò a fior di labbra:

– Mi dispiace, marchesa, di non poterla contentare. Ella forse ignora che io, per difendermi dalle richieste di bis che non finirebbero mai, ho una massima dalla quale non ho mai derogato, né mai derogherò: Paganini non ripete.

La vecchia signora non lo udì. Con un entusiasmo quasi incomprensibile in lei, ch’era sorda come una campana, continuava a batter le mani e a gridare, con le corde del collo tese come una tartaruga:

– Bis! Bis!

Paganini sorrise compiaciuto di tanto entusiasmo ma non si lasciò commuovere. Fe’ cenno alla vecchia dama di non insistere e ripeté con cortese fermezza:

– Paganini non ripete.

– Come? – fece la vecchia che, naturalmente, non aveva sentito.

– Paganini – ripeté il grande violinista, a voce più alta, – non ripete.

La vecchia sorda non aveva ancora capito. Credé che il musicista avesse consentito e si dispose ad ascoltare nuovamente la sonata. Ma, vedendo che il celebre virtuoso s’accingeva a riporre lo strumento nella custodia, esclamò afflitta:

– Come? E il bis?

– Le ho già detto, signora, – fece Paganini – Paganini non ripete.

– Non ho capito – disse la vecchia.

– Paganini non ripete – strillò Paganini.

– Scusi, – fece la vecchia – con questo brusio non si arriva ad afferrar le parole. Parli un po’ più forte.

Il violinista fece portavoce delle mani attorno alla bocca e le urlò quasi all’orecchio:

– Paganini non ripete!

La vecchia scosse il capo.

– Non ho capito le ultime parole – gridò, come se sordo fosse l’altro.

– Non ripete, non ripete, Paganini non ripete! – strillò il virtuoso.

La vecchia fece una faccia allarmata. – Si vuol far prete? – domandò.

– Ma no – urlò Paganini sgomento. – Paganini non ripete.

– Ha sete? – fece la vecchia.

E volta ai domestici in livrea, che circolavano coi vassoi:

– Un rinfresco al nostro glorioso violinista.

– Ma che sete! – esclamò questi. – Che rinfresco!

– Via, via, il bis ora – insisté la vecchia, convinta che il concertista stesse per contentarla.

Ma questi di nuovo s’inchinò con perfetta galanteria e:

– Le ripeto – disse – che Paganini non ripete.

– Quel pezzo ultimo – continuava la sorda.

– Paganini non ripete! – urlò il violinista proteso sull’orecchio di lei, facendo svolazzare i merletti veneziani, che le pendevano dalla gialla parrucca. – Quante volte glielo debbo ripetere?

– Una volta, – fece la vecchia che era riuscita ad afferrare l’ultima frase e credé che Paganini le domandasse quante volte doveva ripetere la sonata – una sola volta mi basta.

– Ma Paganini non ripete – ripeté Paganini.

– Va bene, va bene –, replicò la vecchia, che questa volta aveva capito e credé che Paganini non volesse ripetere la frase detta – non occorre che me lo ripeta, ho capito benissimo; mi basta che faccia il bis.

– Paganini – strillò Paganini con quanto fiato aveva in gola – non ripete, non ripete, non ripete!

La vecchia fe’ cenno di non aver capito. Paganini si vide perduto. Si volse al gruppo degli altri invitati che si erano affollati intorno a loro attratti dalla scena e disse in tono disperato:

– Fatemi il favore, diteglielo voi. Non ha ancora capito che non ripeto. Gliel’ho ripetuto venti volte, glielo sto ripetendo: non ripeto! Quante volte glielo debbo ripetere?

L’oca d’oro, un nuovo premio scientifico

Domani, 13 settembre 2012, 3 gruppi di ricercatori verranno insigniti del Premio dell’oca d’oro (Golden Goose Award), assegnato q progetti di ricerca originariamente giudicati irrilevanti, oscuri o addirittura ridicoli all’epoca della prima pubblicazione dei risultati, ma dimostratisi in seguito importanti e radicalmente innovativi in un certo ambito (lo so, vi aspettavate che scrivessi epocali, ma non ci casco).

Il premio intende riscattare la fama di ricercatori spesso ridicolizzati per titoli di pubblicazioni che suonano comici o irrilevanti: per esempio, The Sex Life of the Screwworm suona ridicolo (e per un lettore di madrelingua americana anche piuttosto volgare, dato il doppiosenso contenuto in screw). Ma la Cochliomyia hominivorax (questo il nome scientifico) è letale per il bestiame e la ricerca citata, costata 250.000 $, ha contribuito a evitare 20 milioni di $ di danni.

L'oca d'oro

wikipedia.org

Il premio fa riferimento a una locuzione idiomatica affine al nostro detto «la gallina dalle uova d’oro» ma è ispirata a una diversa fiaba dei Fratelli Grimm, L’oca d’oro. Ecco il riassunto che ne fa Wikipedia:

Due coniugi hanno tre figli spaccalegna l’ultimo dei quali è sciocco, per questo viene chiamato Grullo. Un giorno egli si reca nel bosco a lavorare dato che i fratelli maggiori sono stati feriti dalla magia di un vecchietto al quale i due non hanno voluto offrire le loro provviste. Grullo entra nel bosco con una schiacciata e della birra e incontra l’omino che gli chiede da mangiare, Grullo volentieri gli offre quello che ha e viene ricompensato con un’oca viva d’oro massiccio.
Così Grullo tutto felice si reca nella locanda più vicina con l’animale per festeggiare, ma quando se ne va si dimentica l’oca sul tavolo. Le tre figlie dell’oste, incuriosite dalle bellissime e sfavillanti penne dell’oca tentano di prenderle, ma tutte quante rimangono attaccate all’animale per magia e quando Grullo torna si porta via l’oca senza badare alle ragazze. Durante il tragitto di Grullo anche un prete rimane attaccato alle ragazze e altre tre persone. Continuando il viaggio Grullo viene a sapere di un re molto triste che avrebbe dato un premio a chi gli avesse fatto tornare di nuovo il sorriso. Grullo si presenta a corte con l’intera processione e il re scoppia in un boato di risate. Alla fine Grullo chiede la mano di sua figlia, ma il cerca tre scappatoie alle quali porrà rimedio il magico omino del bosco e alla fine Grullo sposerà la sua amata.
Aequorea victoria

the-scientist.com / Flickr

  1. Martin Chalfie, Osamu Shimomura e Roger Tsien per il loro lavoro su una medusa bioluminescente, l’Aequorea victoria, in cui è stata individuata la proteina fluorescente verde (GFP, green fluorescent protein). La ricerca, pubblicata nel 1961, è stata dapprima ridicolizzata e poi ignorata per 30 anni, ma alla fine ha fruttato agli autori un Nobel. La GFP è ora universalmente utilizzata come marcatore nella ricerca genetica e nella biologia molecolare.
  2. Charles Townes, un altro vincitore del Nobel, riceverà il secondo premio per aver inventato la tecnologia laser oggi utilizzata per i CD e i DVD: all’inizio dei suoi studi persino i suoi professori lo scoraggiarono dal perseguire quel filone di ricerca.
  3. Jon Weber, Eugene White, Rodney White e Della Roy saranno insigniti del terzo premio per aver sviluppato – originariamente ispirati dallo studio di una specie di coralli – una ceramica speciale ampiamente utilizzata nelle protesi ossee.

Ho trovato la notizia su questo articolo di The Scientist, The Golden Goose Is Awarded, dove troverete ulteriori link.

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O’ scarrafone telecomandato

Perché costruire un robottino grosso come uno scarafaggio, quando si può realizzare uno scarafaggio bionico?

Lo scarafaggio bionico

engadget.com

È quanto hanno pensato i ricercatori del laboratorio iBionicS della North Carolina State University (dopo anni di assenza dal mondo mediatico, questa settimana la North Carolina è improvvisamente alla ribalta). Pensato e realizzato, utilizzando un semplice microcontrollore radiocomandato, collegato alle antenne e all’addome dell’insetto, e uno scarafaggio esotico (una Gromphadorhina portentosa femmina, cioè uno scarafaggio sibilante del Madagascar, famoso per le sue dimensioni e per essere stato il protagonista del film Bug – Insetto di fuoco del 1975).

Gromphadorhina portentosa

wikipedia.org

Niente di terrificante, invece, nel film sull’esperimento che potete vedere qui sotto:

La storia completa è stata pubblicata da Matt Shipman sulla rivista online The Abstract: Researchers Develop Technique to Remotely Control Cockroaches:

Researchers from North Carolina State University have developed a technique that uses an electronic interface to remotely control, or steer, cockroaches.

“Our aim was to determine whether we could create a wireless biological interface with cockroaches, which are robust and able to infiltrate small spaces,” says Alper Bozkurt, an assistant professor of electrical engineering at NC State and co-author of a paper on the work. “Ultimately, we think this will allow us to create a mobile web of smart sensors that uses cockroaches to collect and transmit information, such as finding survivors in a building that’s been destroyed by an earthquake.

“Building small-scale robots that can perform in such uncertain, dynamic conditions is enormously difficult,” Bozkurt says. “We decided to use biobotic cockroaches in place of robots, as designing robots at that scale is very challenging and cockroaches are experts at performing in such a hostile environment.”

But you can’t just put sensors on a cockroach. Researchers needed to find a cost-effective and electrically safe way to control the roaches, to ensure the roaches operate within defined parameters – such as a disaster site – and to steer the roaches to specific areas of interest.

The new technique developed by Bozkurt’s team works by embedding a low-cost, light-weight, commercially-available chip with a wireless receiver and transmitter onto each roach (they used Madagascar hissing cockroaches). Weighing 0.7 grams, the cockroach backpack also contains a microcontroller that monitors the interface between the implanted electrodes and the tissue to avoid potential neural damage. The microcontroller is wired to the roach’s antennae and cerci.

The cerci are sensory organs on the roach’s abdomen, which are normally used to detect movement in the air that could indicate a predator is approaching – causing the roach to scurry away. But the researchers use the wires attached to the cerci to spur the roach into motion. The roach thinks something is sneaking up behind it and moves forward.

The wires attached to the antennae serve as electronic reins, injecting small charges into the roach’s neural tissue. The charges trick the roach into thinking that the antennae are in contact with a physical barrier, which effectively steers them in the opposite direction.

In a recent experiment, the researchers were able to use the microcontroller to precisely steer the roaches along a line that curves in different directions. Video of the experiment can be seen here.

The paper, “Line Following Terrestrial Insect Biobots,” was presented Aug. 28 at the 34th Annual International Conference of the IEEE Engineering in Medicine & Biology Society in San Diego, Calif. The paper was authored by Tahmid Latif, a Ph.D. student at NC State, and co-authored by Bozkurt. Bozkurt has previously developed similar interfaces to steer moths, using implanted electronic backpacks.

L’ambra grigia di Charlie Naysmith

Non sono un grande lettore di quotidiani e la notizia mi era sfuggita. Per fortuna sono un grande lettore (selettivo) di (alcuni) blog e l’ho recuperata in extremis su quello di Jerry Coyne, Why Evolution is true, su un post del 3 settembre. Dato il mio recente interesse per l’argomento ambra grigia, di cui ho parlato qui e qui, non è sorprendente che la curiosità mi abbia spinto a ricercare la fonte della notizia a ritroso, sulla stampa britannica e su quella italiana.

Questo mi permette di raccontarvi la storia in ordine cronologico.

Per quanto sono riuscito a ricostruire, la storia è stata raccontata per la prima volta su un quotidiano locale inglese, il Daily Echo di Bournemouth. La scoperta è infatti avvenuta su una spiaggia poco a ovest di questa città, nell’Inghilterra del sud, proprio di fronte all’estrema punta della Normandia.

Hengistbury Head

hengistbury-head.co.uk

Charlie Naysmith, il bambino di 8 anni protagonista di questa storia, abita poco distante, a Christchurch e frequenta la scuola di St. Katherine a Southbourne. Conosce bene la zona ed era già stato su quelle spiagge, con la scuola, in una escursione a carattere scientifico. È stato durante una passeggiata sulla spiaggia che si è imbattuto nella strana roccia che, a un esame più attento, si è rivelato essere un blocco di ambra grigia.

Schoolboy’s rich after finding Moby’s sick

by Jane Reader

A SCHOOLBOY has stumbled across a rare piece of whale vomit which could be worth a staggering £40,000.
Officially called ambergris, the substance is highly sought after and is used to prolong the scent of perfume.
Charlie Naysmith made the discovery at Hengistbury Head, much to the amazement of his parents.
His find doesn’t look very exciting and most of us would probably walk straight past it, mistaking it for a stone.
But Charlie was curious enough to pick it up and, after a bit of research, he and his family discovered it is worth between £10,000 and £40,000.
Charlie, of Station Road, Christchurch, is a pupil of St Katharine’s school in Southbourne and has been on nature walks with his class in the area.
He is now trying to decide what to do with it and quite fancies using the profits to build a house for animals.
His dad, Alex, said: “He is into nature and is really interested in it. We have discovered it is quite rare and are waiting for some more information from marine biology experts.”
The piece of ambergris, which weighs 600 grams, could have been floating in the sea for decades before being washed up on the beach.
The family has been told it is unlikely that more ambergris will be found in the same area.
Ambergris is a waxy substance from the intestines of a sperm whale, which is used to prolong the scent of perfume. It initially has a foul smell but after years of floating on the ocean, exposure to sun and salt turn it into a smooth lump of compact rock which feels waxy and has a sweet smell.

Charlie e la sua pepita

bournemouthecho.co.uk/

È stato quindi l’articolo del Daily Echo a diffondere per primo la notizia (inesatta) che l’ambra grigia sia vomito di capodoglio (l’articolo usa nel titolo l’eufemismo un po’ infantile sick e nel testo il più tecnicamente preciso vomit). Un errore tutto considerato veniale per un foglio di provincia.

Peccato che anche Il corriere della sera, il più diffuso e blasonato dei quotidiani italiani, nel riprendere la notizia quasi una settimana dopo, il 30 agosto, riprenda anche l’errore e, per buona misura, aggiunga anche qualche altra imprecisione:

Un bambino raccoglie una strana pietra sulla spiaggia, ma è del raro vomito di balena

Vecchio un paio di decenni, quel rigetto ora può valere fino a 50.000 euro: contiene anche ambra grigia

di Elmar Burchia

A un occhio inesperto quel blocco di colore giallastro nella sabbia poteva sembrare una comune pietra. E infatti, molti dei bagnanti che nelle ultime settimane hanno affollato le spiagge del Dorset, in Gran Bretagna, sono passati accanto all’oggetto senza prestargli granché attenzione. Un ragazzino di otto anni, invece, è stato più curioso di altri. E la sua sete di sapere è stata premiata: aveva appena trovato del raro vomito di capodoglio, che con il tempo e l’azione degli elementi si trasforma in ambra grigia. Vecchio un paio di decenni, quel rigetto ora può valere fino a 50.000 euro.
MASSA SOLIDA E PREZIOSA – Charlie Naysmith può dirsi fortunato: durante una passeggiata a Hengistbury Head, un promontorio nella contea inglese del Dorset, si è imbattuto in un «misterioso» oggetto. Aveva un odore singolare e una consistenza simile alla cera. Il bimbo lo ha raccolto e portato a casa. Dopo alcune ricerche, ecco risolto l’enigma: quella massa solida era il contenuto prodotto dall’apparato digerente del capodoglio (Physeter macrocephalus). L’ambra grigia si accumula nell’intestino dei capodogli come barriera protettiva dagli scarti dei molluschi cefalopodi, di cui gli odontoceti si cibano. La sostanza, odorosissima, è una delle più pregiate fragranze di derivazione animale. La proprietà più significativa dell’ambra grigia è quella di fissare gli odori, ragion per cui viene impiegata come ingrediente di base dei profumi. Insomma, anche se suona disgustoso, l’ambra grigia è ricercatissima dai produttori di fragranze di tutto il mondo, dunque viene pagata un sacco di soldi: il blocco del peso di 600 grammi trovato da Charlie può valere – secondo una prima stima – tra i 12.000 e i 50.000 euro, riferisce il giornale locale Bournemouth Daily Echo.
PRECEDENTE – Cosa farà Charlie con tutto quel denaro? Forse aprire un rifugio per animali, ha confessato il giovane amante della natura. I ricercatori sono dell’idea che quel vomito di capodoglio sia galleggiato per qualche decennio nei mari prima di raggiungere la spiaggia. «Ciò che abbiamo tra le mani è davvero molto raro, attendiamo ancora ulteriori analisi dei biologi», ha sottolineato l’orgoglioso papà. Ciononostante, frenano gli esperti, è improbabile che altri pezzi di valore si possano trovare sulla spiaggia. Già nel 2006 un ritrovamento simile suscitò un certo scalpore: su una spiaggia deserta del sud dell’Australia un paio di pescatori trovarono del vomito di capodoglio durante una passeggiata. Il valore della scoperta per il blocco di 15 kg: oltre 240.000 euro.

Charlie 2

corriereobjects.

Insomma, Elmar Burchia non si limita a spulciare i fogli di provincia stranieri senza verificare le notizie e senza correggere gli errori (però traducendo le lire sterline in euro!), ma ci mette anche del suo. Infatti, la notizia che conclude l’articolo, nel capoverso intitolato PRECEDENTE, è una bufala originale, non tradotta dall’articolo del Daily Echo: l’enorme blocco rinvenuto su una spiaggia australiana si rivelò poi non essere di ambra grigia, ma di volgarissimo sapone: la storia la racconta appunto Christopher Kemp nel suo Floating Gold: A Natural (and Unnatural) History of Ambergris. Ma ho scoperto testé che Elmar Burchia è una celebrità, a modo suo, bella “blogosfera” (eh sì, sono proprio scare quotes, perché il neologismo è brutto oltre che impreciso) proprio per il vizio di costruire i suoi articoli su spigolature raccolte qua e là, con rare citazioni delle fonti e ancor più rari fact checking. Per avere un’idea delle reazioni che ha saputo suscitare potete leggere qui, dove trovate anche la sua opera omnia (buona lettura, e lo dico con sarcasmo). L’unica consolazione è che l’articolo del Corriere è nella sezione Esteri e non in quella Scienze.

Per fortuna c’è Jerry Coyne a rimettere le cose a posto:

What is ambergris? Well, it’s not exactly “whale poop,” as it’s often described. But while we know that ambergris is an exudate of sperm whales, it’s still not clear exactly what it is, or even which end it comes out of. It’s a waxy substance that is excreted or vomited by whales, and may be an intestinal defense used to coat indigestible substances like squid beaks, since such beaks often found encased in the ambergris. Recent thought is that most ambergris is pooped out, though some may derive from vomit. The fresh substance, which is buoyant and soft, apparently has a repulsive dung-like odor, but it hardens as it ages, acquiring a waxy texture with an odor many find fragrant. Ambergris washed up on beaches can be decades old.

The stuff is so valuable because it’s used as a fixative in expensive perfumes.  Now that we know most of its chemical composition, it’s been largely been displaced by synthetic materials, but here, from Wikipedia, are some chemicals in natural ambergris:

Ambergris components

whyevolutionistrue.files.wordpress.com

It takes various forms and colors, and you can see some of that variety at the Ambergris page.

The relevant news here is that an 8-year-old British lad, Charles Naysmith, found a 6.5-pound piece of ambergris while walking on the beach in southern England, and the stuff, at $10,000 a pound, is worth $65,000. Here’s Charles with his find, and some information reported 3 days ago by ABC News:

Kemp [author of a book on ambergris; see below] said that each piece smells a bit different, and luxury perfumers say that the smallest amount makes the biggest difference to a given fragrance.
“One drop of ambergris can change a perfume,” Claire Payne, an aroma therapist and perfumer told ABC News. “It’s what we call an animalic smell, different to the citrusy or fruity scents. It’s like musk, and we use it in several of our fragrances,” she added.
Ambergris has a scent all its own—derived from its chemical component ambrein—that it imparts to popular perfumes such as Chanel No. 5. It’s often described as an odd, a fragrant in fact, mixture of tobacco, rotting wood and even furniture polish, in high demand by perfume makers because it prolongs a perfume’s scent. Roja Dove, the so-called King of Fragrance and one of the most knowledgeable people in the world when it comes to perfume, uses ambergris in a signature scent called Scandal Pour Homme that sells in luxury stores for $280 per 100ml bottle. Adrienne Beuse, the owner of one of the only international trader of raw ambergris in New Zeland, told Bloomberg Businesweek that it’s one of the few recession-proof commodities: “If I have the supply, I’ll always be able to sell it,” she said.

What’s young Charles going to do with his dosh? Something nice:

Alex Naysmith said that his son wants to use the money from his lucky find to build some kind of animal shelter. “He’s enjoying the attention he’s been getting, but I doubt it’ll last. He has a club in school that he started to look after animals, and would like to keep going with that.”

A bit more about the ambergris trade from Bloomberg Businessweek:

Like truffle sourcing, the ambergris trade is shrouded in secrecy. Chris Kemp, a neuroscientist from Grand Rapids, Mich., spent years investigating the ambergris business, which he documents in his book, Floating Gold: A Natural (and Unnatural) History of Ambergris, to be published by the University of Chicago Press this May [JAC: it’s out now; you can buy it here.] “If you believe what you read in the media,” he says, “you’d think ambergris is something that people just find by accident.” The truth, he claims, is far more clandestine. “There’s a whole underground network of full-time collectors and dealers trying to make their fortune in ambergris. They know the beaches and the precise weather conditions necessary for ambergris to wash up on the shore.” And when whale-poop gold is on the line, he says, “it can get violent.”

Twitter e i terremoti

La newsletter di KurzweilAI di oggi (4 settembre 2012) racconta [Tweets used as earthquake warning system | KurzweilAI] come nelle Filippine – in occasione del sisma di magnitudo Richter 7,6 grado della scorsa settimana – i sismologi abbiano utilizzato un sistema basato su Twitter per raccogliere informazioni.

Maggiori dettagli sono riportati da un articolo del 2 settembre 2012 dell’edizione australiana di SkyNews: Tweets used as earthquake warning system.

Il sistema utilizzato nelle Filippine è stato sviluppato dal servizio geologico statunitense (US Geological Survey) e denominato TED (Twitter Earthquake Detector). Si basa sul fatto che il terremoto viene immediatamente percepito dalla popolazione e i messaggi cominciano a essere twittati immediatamente, prima ancora che pervengano i dati raccolti dai sismografi (che tipicamente vengono elaborati in un intervallo tra i 2 e i 20 minuti dall’evento). Inoltre, i messaggi Twitter, che possono essere elaborati automaticamente e in remoto, oltre alle informazioni testuali contengono dati relativi al momento dell’invio e alle coordinate geografiche. Infine, Twitter può essere utilizzato per raccogliere immagini dell’area colpita.

TED

Twitter Earthquake Detection (credit: U.S. Geological Survey) / kurzweilai.net

Ulteriori informazioni sono disponibili qui:

The U.S. Geological Survey is using funds from the American Recovery and Reinvestment Act to support a student who’s investigating social Internet technologies as a way to quickly gather information about recent earthquakes.
In this exploratory effort, the USGS is developing a system that gathers real-time, earthquake-related messages from the social networking site Twitter and applies place, time, and key word filtering to gather geo-located accounts of shaking. This approach provides rapid first-impression narratives and, potentially, photos from people at the hazard’s location. The potential for earthquake detection in populated but sparsely seismicly-instrumented regions is also being investigated.
Social Internet technologies are providing the general public with anecdotal earthquake hazard information before scientific information has been published from authoritative sources.  People local to an event are able to publish information via these technologies within seconds of their occurrence. In contrast, depending on the location of the earthquake, scientific alerts can take between 2 to 20 minutes. By adopting and embracing these new technologies, the USGS potentially can augment its earthquake response products and the delivery of hazard information.
For more information on this project, please e-mail USGSted@usgs.gov or follow @USGSted on Twitter. Read more information about the USGS Earthquake Program.

Le ferie e la produttività

Oggi è il mio ultimo giorno di ferie, o meglio di queste intermittenti ferie agostane. Lunedì, almeno nelle pubbliche amministrazioni, inizia ufficiosamente la famosa “ripresa autunnale”, quella cosa nell’attesa della quale avevamo rimandato un sacco di cose a luglio. Sono le gioie della procrastinazione, strutturata o meno che sia.

Structured Procrastination

cafepress.com

Forse, allora, vale la pena di riprendere una polemica estiva e far un salomonico esercizio di par condicio.

Andiamo in ordine cronologico.

Gianfranco Polillo

ansa.it

Il 19 giugno 2012, alle 8:41 di un mattino che si avviava a diventare una delle prime giornate torride di questa torrida estate (peraltro iniziata sotto il profilo meteorologico ma non astronomico) – sì, sto parodiando l’incipit de L’uomo senza qualità di Robert Musil – il sotto-segretario all’Economia Gianfranco Polillo aggiunge un altro quarto d’ora alla suo ormai lungo minutaggio di celebrità warholiana. Chi mi segue sa che mi piace risalire alle fonti e, dunque, ecco il lancio dell’ANSA.

Polillo: ‘Sette giorni ferie in meno per alzare Pil’

Sottosegretario: ‘Lavorare una settimana in più per aumentare produttività’

19 giugno, 08:41

(di Francesco Carbone)

Gli italiani vivono al di sopra delle proprie possibilità e fanno troppe ferie. Dovrebbero lavorare almeno una settimana in più per essere più produttivi e ridare fiato al Pil. Il sottosegretario all’Economia, Gianfranco Polillo, lancia una proposta-provocazione che però non trova grandi sostenitori anzi scatena un coro di polemiche. Contrari sono: Cgil, Cisl, Ugl, Confesercenti. Ma anche Pd, Idv, Pdci. Se si attuasse la proposta – sostiene Polillo – si avrebbe un effetto benefico: un punto di Pil in più. Niente male in tempi di recessione quando davanti al Pil c’è sempre il segno meno. C’è però anche un problema di ‘stile di vita’: secondo Polillo infatti “stiamo vivendo sopra le nostre possibilità: per sostenere i nostri consumi interni abbiamo bisogno di prestiti esteri che sono stati pari a 50 miliardi di euro l’anno”. Quindi? “Questo gap lo possiamo chiudere – spiega – o riducendo ulteriormente la domanda interna, inaccettabile per il Paese, oppure aumentando il potenziale produttivo”. Così si potrebbe appunto lavorare di più: “per aumentare la produttività del Paese – spiega – lo choc può avvenire dall’aumento dell’input di lavoro, senza variazioni di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi l’anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve”. Quindi secondo Polillo, “se noi rinunciassimo ad una settimana di vacanza avremmo un impatto sul Pil immediato di circa un punto”. Cioé circa 14-15 miliardi. E la proposta non sarebbe neanche troppo ‘invisa’ – secondo Polillo – alle parti sociali: per quanto riguarda i sindacati “è una fase di riflessione, ma devo dire che non sono contrari a questa ipotesi, almeno la parte più avveduta del sindacato che sta riflettendo per conto suo su questo all’interno di tutte le sigle”. E in Cgil: “ci sono settori illuminati e riformisti che ci stanno ragionando”. Ma dalla stessa Cgil il segretario confederale, Fabrizio Solari, parla di “un’uscita confusa, estemporanea e non particolarmente geniale e alla quale manca un naturale complemento: perché non chiedere ai 500 mila lavoratori in cassa di rinunciare ad una settimana di indennità? Per questa via anche le casse dello Stato ne trarrebbero un beneficio. Fuor d’ironia il problema della scarsa produttività italiana è il frutto della sua stessa specializzazione produttiva nonché degli scarsi investimenti. Queste le priorità da affrontare per produrre una crescita del Pil. Di certo la difficoltà del momento impongono a tutti, specie ai membri del governo, di non andare a cercare farfalle sotto l’arco di Tito”. Anche il Segretario Confederale Cisl, Luigi Sbarra, non sembra entusiasta: “se il sottosegretario Polillo vuole lavorare una settimana in più all’anno, cominciasse lui a dare l’esempio”. E dall’Ugl, Giovanni Centrella, protesta: “con questa bufala il governo sembra proprio aver toccato il fondo”. L’idea viene bocciata dal senatore dell’Idv Elio Lannutti che parte all’attacco sul fatto che mediamente gli italiani lavorino 9 mesi l’anno: “probabilmente Polillo si riferisce a se stesso e ai suoi burocrati non certamente a quelli che neanche si possono permettere di andare in ferie”. Infine Confesercenti e Pd:la proposta danneggerebbe il turismo, proprio l’unico settore trainante per uscire dalla crisi. E il Pdci: “nemmeno la finanza creativa di Tremonti sarebbe arrivata a tanto”.

Al di là delle posizioni motivate politicamente o sindacalmente, la proposta di Polillo suscitò anche immediati pareri negativi tra gli economisti e fu oggetto di satira. Per i primi, leggiamo Dario Di Vico sul Corriere della sera:

Se le aziende non hanno mercato tagliare le ferie diventa inutile

Il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo è il re Mida della polemica take away. Ogni tasto che tocca fa esplodere una piccola rissa mediatica che lo ripaga della fatica di essere al governo in compagnia di colleghi di cui spesso non condivide il modo di operare. È successo anche ieri: Polillo ha proposto agli italiani di rinunciare a sette giorni in ferie perché così «avremmo un impatto immediato sul Pil di circa un punto». I sindacati, il Pd e l’Italia dei valori sono immediatamente insorti colpiti dal segno punitivo che la proposta avrebbe nei confronti dei lavoratori. Qualcuno sull’abbrivio ha chiesto persino le dimissioni di Polillo ma il caldo è un grande alibi per tutti. La verità è che in questa fase della Grande Crisi non basta modificare le condizioni dell’offerta (ovvero decidere di lavorare di più) per creare sviluppo. Magari! Il problema sta tutto nella domanda che purtroppo non c’ è e tutto ciò rende purtroppo inutile qualsiasi patto tra i produttori, anche quello taglia-ferie. Se infatti gli operai accettassero di lavorare una settimana in più a reddito invariato le loro aziende non venderebbero automaticamente di più, spalmerebbero solo su più giorni i programmi produttivi necessari a soddisfare un mercato che più pigro di così non potrebbe essere. Non dimentichiamo che oggi la capacità produttiva è utilizzata all’incirca al 70% e la produzione industriale è calata di almeno un quarto. Se proprio volessimo però interpretare lo spirito migliorista della sortita di Polillo dovremmo vincolare la settimana lavorativa sottratta (alle ferie) alla decisione da parte delle aziende di pagare di più i loro operai. In questo caso un pur limitato aumento dei salari potrebbe sostenere i consumi e ridare un po’ d’ ossigeno a quella domanda depressa di cui parlavamo. Ma è evidente che in questo caso a insorgere sarebbero le aziende. Quelle che non hanno bisogno di produrre di più considererebbero lunare l’applicazione salariale del Polillo pensiero, mentre quelle che hanno mercato preferirebbero comunque utilizzare lo strumento dello straordinario piuttosto che negoziare una settimana in più. E del resto già avviene così nelle aziende. Con la piena responsabilizzazione del sindacato.

Per i secondi, Massimo Gramellini su La Stampa:

Il sottosegretario Quaresima

Lo scrivo a voce bassa e raccomandando il massimo riserbo – non vorremo svelare i piani segreti del governo a qualche potenza straniera? – ma il sottosegretario all’Economia con delega alle chiacchiere Polillo ha appena avuto un’idea geniale per far impennare il Pil. Rinunciare a una settimana di ferie. Non lui, gli italiani tutti. Poiché i lavoratori dipendenti godono di tre mesi di vacanze l’anno, ha ragionato il grand’uomo (temo li abbia confusi con i parlamentari), basterebbe offrire alla Patria una settimana di tintarella e l’economia nazionale ripartirebbe a razzo verso il cielo stellato.
Non intendo guastare i sogni di Polillo ricordando che è inutile produrre di più se poi non c’è nessuno a cui vendere e che oggi il problema non è rappresentato da quelli che fanno le ferie, ma da quelli che non le fanno perché hanno perso il lavoro. Mi limito a prendere spunto dall’ultima uscita «tecnica» per invocare dai rispettabili membri del governo un cambio: se non di marcia, almeno di umore. Sarà vero che arriviamo da un carnevale di vent’anni (anche se la maggioranza di noi nemmeno stava sui carri e applaudiva o fischiava la sfilata dal bordo della strada). Ma non mi sembra una buona ragione per sprofondarci in questa quaresima senza pasque, quasi dovessimo espiare una colpa collettiva. Chi lavora, in Italia, lavora tantissimo. Semmai lavora male, a causa della corruzione e della burocrazia, figlie naturali della cattiva politica. Invece di farlo sentire un verme, gli andrebbe restituita una speranza, mandando in ferie non pagate gli ottusocrati e in carcere i ladri.

Ma perché riprendo oggi questa polemica ormai stantia? Perché nel frattempo, negli Stati Uniti, che notoriamente di ferie ne fanno meno di noi, un economista del lavoro di primo piano propone l’esatto opposto: 3 settimane di ferie obbligatorie.

L’autore della proposta è Robert Reich che, sul suo blog, si presenta così:

ROBERT B. REICH, Chancellor’s Professor of Public Policy at the University of California at Berkeley, was Secretary of Labor in the Clinton administration. Time Magazine named him one of the ten most effective cabinet secretaries of the last century. He has written thirteen books, including the best sellers “Aftershock” and “The Work of Nations.” His latest, “Beyond Outrage,” is now out in paperback. He is also a founding editor of the American Prospect magazine and chairman of Common Cause.

E ora leggiamo la sua proposta, pubblicata su Salon il 10 agosto 2012:

Back from three weeks off grid, much of it hiking in Alaska and Australia.
When I left the U.S. economy was in a stall, Greece was on the brink of defaulting, the eurozone couldn’t get its act together, the Fed couldn’t decide on another round of quantitative easing, congressional Democrats and Republicans were in gridlock, much of the nation was broiling, and neither Obama nor Romney had put forward a bold proposal for boosting the economy, slowing climate change, or much of anything else.
What a difference three weeks makes.
Here’s a bold proposal I offer free of charge to Obama or Romney: Every American should get a mandatory minimum of three weeks paid vacation a year.
Most Americans only get two weeks off right now. But many don’t even take the full two weeks out of fear of losing their jobs. One in four gets no paid vacation at all, not even holidays. Overall, Americans have less vacation time than workers in any other advanced economy.
This is absurd. A mandatory three weeks off would be good for everyone — including employers.
Studies show workers who take time off are more productive after their batteries are recharged. They have higher morale, and are less likely to mentally check out on the job.
This means more output per worker — enough to compensate employers for the cost of hiring additional workers to cover for everyone’s three weeks’ vacation time.
It’s also a win for the economy, because these additional workers would bring down the level of unemployment and put more money into more people’s pockets. This extra purchasing power would boost the economy overall.
More and longer vacations would also improve our health. A study by Wisconsin’s Marshfield Clinic shows women who take regular vacations experience less tension and depression year round. Studies also show that men who take regular vacations have less likelihood of heart disease and fewer heart attacks.
Better health is not just good for us as individuals. It also translates into more productive workers, fewer sick days, less absenteeism. And lower healthcare costs.
In other words, a three-week minimum vacation is a win-win-win — good for workers, good for employers, and good for the economy.
And I guarantee it would also be a winner among voters. Obama, Romney — either of you listening?

Aver suonato da piccoli aiuta ad apprezzare meglio la musica da grandi

Sono uno di quei genitori che ha imposto ai propri figli alcuni anni di lezioni di pianoforte. Anche se nessuno dei due ha proseguito gli studi oltre l’adolescenza, entrambi amano e apprezzano la musica.

Del resto, io stesso ho iniziato e poi abbandonato della musica e la mia storia l’ho raccontata qui.

Soldi buttati? Ho sempre pensato di no, ma adesso una ricerca scientifica offre sostegno alla mia opinione epidermica.

Trombone

smithsonianmag.com / Photo by Brian Ambrozy

Finora la maggior parte delle ricerche sugli effetti dello studio della musica sul funzionamento del cervello si erano concentrati sulla minoranza di individui che hanno iniziato a studiare musica da piccoli e hanno continuato da grandi, spesso diventando musicisti di professione.

Questi studi – tutti condotti da un gruppo della Northwestern University – avevano mostrato che l’educazione musicale comporta una serie di benefici nello sviluppo cerebrale: i musicisti appaiono in grado di distinguere meglio le parole in un ambiente rumoroso, di cogliere diverse emozioni all’interno di un discorso e di mantenere una buona acutezza nell’elaborazione dei suoni anche invecchiando.

Una nuova ricerca, pubblicata il 22 agosto 2012 sul Journal of Neuroscience (Skoe, Erika e Nina Kraus, A Little Goes a Long Way: How the Adult Brain Is Shaped by Musical Training in Childhood: purtroppo è necessario l’abbonamento per leggerlo integralmente), illustra come anche un’educazione musicale di 1-5 anni in giovane età si associ all’elaborazione di suoni complessi da adulti.

Anche in questo caso il gruppo della Northwestern University ha usato la tecnica applicata negli esperimenti citati in precedenza : esporre i soggetti a diversi suoni e misurare accuratamente i segnali elettrici della loro corteccia auditiva con elettrodi applicati al cuoio capelluto. Come avevano scoperto nelle ricerche precedenti, questi segnali elettrici cerebrali rispecchiano accuratamente le onde sonore udite e dunque, osservando i segnali di diversi partecipanti, è possibile determinare quanto ciascuno è abile nell’ascoltare e interpretare mentalmente i suoni. I soggetti venivano collocati in una cabina individuale, con una cuffia alle orecchie e vari elettrodi in testa, ed esposti a suoni polifonici complessi.

I 45 partecipanti all’esperimento sono stati divisi in 3 gruppi:

  1. quelli con 1-5 anni di studi musicali alle spalle (blu)
  2. quelli con 6-11 anni di istruzione (rosso)
  3. quelli senza educazione musicale (nero).

Per i primi 2 gruppi, l’età media di inizio degli studi musicale era di 9 anni.

Risultati

smithsonianmag.com
Musicians with more than six years experience (red) showed the greatest mental response to the tones, but those with one to five years (blue) still did better than those with none (black)
Image via Northwestern UniversityNina Kraus

Anche senza entrare nei dettagli tecnici, la figura mostra chiaramente che il gruppo dei musicisti più istruiti (in rosso nel grafico) manifesta la risposta mentale più grande, ma anche quelli con un’istruzione più limitata conseguono comunque una abilità cognitiva ben superiore a quella dei soggetti senza studi musicali di sorta. I ricercatori della Northwestern University sostengono che la risposta mentale misurata dall’esperimento corrisponde alla capacità di estrarre da un suono complesso la frequenza più bassa, e che questa abilità è fondamentale per la comprensione della musica, ma anche del parlato, in ambienti rumorosi.

Sono abbastanza pacifiche le conseguenze di policy che se ne possono trarre, sia per i programmi scolastici, sia per le scelte integrative dei genitori.

Ho trovato la notizia sullo Smithsonian Magazione: Playing Music as a Child Leads to Better Listening as an Adult | Surprising Science.

Ian McEwan – Sweet Tooth – Recensioni

  1. La prossima potete saltarla, se volete.
  2. «Sometimes he seems interested in using the relationship between spy and
    author as a metaphor for the intricate dance of concealment and trust
    that goes on between a reader and a writer. Like Henry Perowne in Saturday,
    Serena strongly dislikes novels that play games with their readers –
    “no tricksy haggling over the limits of their art”, she declares; “no
    showing disloyalty to the reader by appearing to cross and recross in
    disguise the borders of the imaginary” – so there’s an elaborate joke at
    her expense (but to what end?) as she finds herself at the heart of
    just such a novel.»
  3. «A novel about espionage and fiction that traces the overt and covert
    connections between secrecy, deception and creativity, Sweet Tooth
    expertly navigates the gulf between perception and reality. Its feints
    and ruses prompt the thought that “all novels are spy novels”. For all
    its critique of state-supported subterfuge, McEwan muses that “The end
    of secrecy would be the end of the novel – especially the English novel.
    The English novel requires social secrecy, personal secrecy.”»

Articolo precedente

Grazie a Mark Nichols e soprattutto a Luisa Carrada (con richiesta postuma di permesso, ma spero non se ne abbia)

Legitimate Rape: l’uscita di Todd Akin diventa una canzoncina su YouTube

La notizia la conoscete tutti, ma per fissarla nella memoria la riprendo da Il Post del 20 agosto 2012:

— Mondo

L’assurda tirata anti-aborto del deputato americano Todd Akin

Da ieri negli Stati Uniti si parla molto di un politico repubblicano che l’ha detta particolarmente grossa

Da ieri sui giornali e siti di news degli Stati Uniti – e sui blog, e sui social network – si parla molto di Todd Akin, deputato repubblicano e candidato al Senato per lo stato del Missouri, che ieri ha fatto una dichiarazione sull’aborto che tira un ballo un non meglio precisato meccanismo biologico che difenderebbe il corpo femminile dalla gravidanza in caso di stupro.

Todd Akin

ilpost.it

Todd Akin si oppone alla libertà di scelta delle donne anche in caso di stupro e per difendere la sua tesi ha sostenuto, intervistato durante il programma televisivo The Jaco Report, che «stando a quel che dicono i medici, non accade spesso che in caso di un vero e proprio stupro [“a legitimate rape”, ha detto Akin, ndr] ci sia una gravidanza, perché il corpo femminile ha un suo modo di evitare che accada. Ma anche se non dovesse funzionare, penso che a essere punito debba essere lo stupratore, non il bambino». Il sottotesto di Akin è piuttosto evidente: se una donna rimane incinta allora non è stata vittima di uno stupro “vero e proprio”. La frase ha provocato un fiume di critiche e dichiarazioni di protesta.

[…]

Todd Akin ha 65 anni e prima di entrare in politica nel partito repubblicano si è laureato all’università di Worcester, in Massachusetts, in ingegneria gestionale. Dal 1972 al 1980 ha lavorato per la Guardia Nazionale del Missouri. Finita la sua carriera nell’esercito ha lavorato qualche anno all’IBM, fino a che venne è stato eletto per il Missouri alla Camera nel 1989. È stato rieletto per cinque volte. È un convinto anti-abortista, è contrario alla ricerca sulle cellule staminali ed è favorevole al possesso di armi. […]

Potete vedere il filmato della trasmissione televisiva e leggere il testo dell’affermazione (dal New York Times) che fa a partire da 2′ 20″:

It seems to me, from what I understand from doctors, that [pregnancy from rape] is really rare. If it’s a legitimate rape, the female body has ways to try to shut that whole thing down. But let’s assume that maybe that didn’t work or something: I think there should be some punishment, but the punishment ought to be of the rapist, and not attacking the child. [il corsivo è mio]

Ma come fa l’utero a sapere se la stupro era legitimate o no? Ce lo spiega Taylor Ferrera con una canzoncina già diventata virale su YouTube:

How can you tell if it’s legitimate rape?
I’ll tell you how to spot legitimate rape.
You’re not sure if you got legitimate raped?
Well here’s a little lesson for you.
Tell me if the following things are true:

I was a little drunk
Illegitimate rape!
I knew the rapist well
Illegitimate rape!
My skirt was kinda short
Illegitimate rape!
I’m married to the man
That’s a husband’s privilege!

How can you tell if it’s legitimate rape?
I’ll tell you how to spot legitimate rape.
You’re not sure if you got legitimate raped?
Well here’s a little lesson for you.
Tell me if the following things are true:

I let him take me out.
illegitimate rape!
I said I was 18.
illegitimate rape!
He didn’t have consent.
I’m sure your eyes were saying yes.
I’m pregnant from the rape.
Clearly not legitimate!

So now we all know what’s legitimate rape.
We all know who to trust to tell us what’s rape.
Republicans who’ve never experienced rape.
They’re the ones I want to decide
That I should keep the baby growing inside.
Because abortion’s always wrong.
Glad things are so black and white.