Barcarolo romano

La notizia del giorno: Youssou N’Dour ha inciso questa canzone, dicendo di essere l’autore del testo e della musica.

Peccato che le somiglianze con Barcarolo romano siano tutt’altro che casuali!

Dopo Lando Fiorini (versione di riferimento), l’indimenticabile Gabriella Ferri.

La storia la racconta per intero Marco Boccitto su il manifesto di oggi, 15 aprile 2008:

Quel barcarolo romano a Dakar
Lo strano viaggio di andata e ritorno di un classico della canzone capitolina
Fa parte del film «Billo» la versione di Youssou N’Dour del brano di Balzani. «Un esempio di integrazione», ma per la Siae è «plagio»
Marco Boccitto
Nuovi particolari emergono sulla vicenda che vede protagonista il divo della musica africana Youssou N’Dour e, loro malgrado, gli eredi di chi ha composto la canzone Barcarolo romano. Oggetto, la rilettura – lingua wolof, ritmo mbalax – di questo classico della canzone capitolina, traghettato pari pari dal biondo Tevere alle sponde dell’Africa nera e riemerso qualche tempo dopo, di nuovo a Roma, in bocca al cantante senegalese. Che da popstar è diventato subito immigrato clandestino, un furbetto del vu’cumprismo che vende griffe italiane taroccate agli angoli delle strade. Motivo: accanto al titolo – Borom gaal («il proprietario della barca») – non ci sono i nomi di Romolo Balzani e Pio Pizzicaria, che nel 1926 scrissero rispettivamente melodia e parole, ma c’è scritto «testo & musica di Youssou N’Dour». Un pasticciaccio buffo che il manifesto ha segnalato – titolo: “Er barcarolo de Dakar” – e altri, Il Messaggero e il Tg2 su tutti, hanno ripreso. Da qui la discesa in campo della Siae, che attraverso il suo presidente Giorgio Assumma ha così sentenziato: «Trattasi di plagio integrale, di quelli che anche l’uomo della strada può verificare da sé». Della serie: «A moro, nun se po’ fa’»
Sembrerebbe Gaffe imperdonabile per un big della musica internazionale, ammirato anche per il modo in cui ha messo la sua enorme popolarità, il volto e la voce al servizio di campagne in difesa dei diritti umani e di lotta alla povertà. Occasioni per spiegarsi N’Dour ne ha avute, ma fin qui ha fatto spallucce, affidando a uno striminzito comunicato le sue ragioni: «So bene che si tratta di un classico romano – dice -, ma più che di plagio parlerei di un esempio di integrazione culturale». E in effetti lo sarebbe, di prima qualità pergiunta, se Youssou si fosse tenuto per sé solo la quota di diritti derivanti dall’adattamento, riconoscendo l’altrui paternità del brano. Ma più che l’appropriazione indebita, colpisce la scorretta informazione fornita al «consumatore», al di là delle rivendicazioni identitarie e monetarie che la faccenda inevitabilmente ha suscitato a Roma. Al di là delle discutibili leggi sul copyright. Oltre agli eredi, andrebbero tutelati anche gli ascoltatori. Chi si è scaricato il brano a Parigi, Pechino, New York, ha il diritto di conoscere la vera storia di Borom gaal, sapere che sta ascoltando questo e non quello, una canzone romana degli anni ’20, quando l’Africa da qui era vista tuttalpiù come terra di conquista, e non un pezzo pop-mbalax del 2000, scritto nella Dakar di oggi. E i fan senegalesi, che nei blog commentano estasiati l’originalità con cui il grande «You» affronta il dramma dei «clandestini», sono soprattutto loro che dovrebbero conoscere e al limite apprezzare la verità. È il «barcarolo» quello, mica lo «scafista».
Alla prima domanda – relativa al modo in cui la canzone è arrivata alle orecchie di Youssou N’Dour – risponde intanto Marco Bonini, sceneggiatore e produttore del film Billo Il Grand Dakhaar, regia di Laura Muscardin, che uscirà a maggio ma ha già rastrellato premi qua e là. Opera realizzata con l’innovativo sistema di The Coproducers – tutti quelli che ci lavorano diventano proprietari di una quota dei diritti -, Billo racconta la storia di un ragazzo senegalese che da Dakar emigra a Roma, dove trova lavoro e amore. La trama genera un doppio matrimonio, uno qui e uno combinato là, oltre a una serie di spassosi quadretti familiari – dall’una e dall’altra parte – con un registro da commedia all’italiana declinato in chiave multirazziale. Da Pane e cioccolata a Cioccolata e pane. Youssou N’Dour si è appassionato al progetto, tanto che oltre a curare la colonna sonora ne è diventato co-produttore. «Siamo stati noi a proporgli la canzone – dice Bonini -. Ci sembrava una buona idea, visto che il film è ambientato tra Roma e Dakar. Però gli abbiamo spiegato bene di che si trattava: se c’è stata malafede da parte sua nel depositare il brano, siamo senz’altro pronti a schierarci dalla parte degli eredi». Prima che esplodesse il caso, anche la locandina del film (www.billofilm.net) diceva «musiche originali di Youssou N’Dour». Di originale c’è l’uso che del brano viene fatto nel film: Billo per viaggiare da Dakar a Roma è come se usasse il teletrasporto, quindi la traversata semplicemente non c’è. Come la barca e il barcarolo. Borom gaal esplode solo sui titoli di coda, al termine di un matrimonio. Cosicché tutto il dramma di Ninetta, sebbene trasferito alla figura del migrante in altre acque territoriali, si riduce insensatamente al ruolo di marcia nuziale.
Va ricordato comunque che Borom gaal circola anche in rete da almeno un anno, con tanto di videoclip dedicato (qui i remi del barcarolo lavorano regolarmente). Il disco che lo contiene è uscito in Senegal con il titolo di Alsaama Day ed è manco a dirlo in vetta alle classifiche. Da noi è arrivato abbastanza di straforo, all’interno di un disco «bonus» aggiunto in edizione limitata all’ultimo lavoro di N’Dour. Che s’intitola giustamente Rokku mi Rokka («prendi e dai»). La Warner, che lo pubblica, è irritata per l’infortunio. Ma Lando Fiorini, che dice «la canta pure bene», si candida naturalmente a un duetto in occasione dell’uscita del film. Niente Circo Mssimo, però, il Puff può bastare.

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