Scurati, Antonio (2007). Una storia romantica. Milano: Bompiani. 2007.

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Chi mi segue sa che molte opinioni, e un giudizio severo, mi separano dal post-modernismo filosofico. Fashionable nonsense. Sciocchezze alla moda.
Chi mi segue sa anche che ho già letto un romanzo di Scurati, Il rumore sordo della battaglia, e che non mi era piaciuto molto.
Questa è tutt’altra cosa. Una storia romantica è un bellissimo romanzo post-moderno. Un gioco esilarante di citazioni. Una gioia degli occhi e della mente. Un tour de force post-moderno e, ancora di più, pop. Nell’accezione più alta e godibile del termine. Un piacere della lettura, per il lettore colto e frequentatore di molti libri. Una scorpacciata pensata per il lettore onnivoro.
Ma non è l’unico possibile livello di lettura. Chi è stato capace di capire, dopo che ce l’avevano fatto odiare a scuola (vero, barbarico re?), che I promessi sposi sono uno spiscio si divertirà.
E chi ha a cuore le sorti di questo povero paese troverà pane per i suoi denti. Perché è impossibile non cogliere il parallelismo (che Scurati fin troppo consapevolmente instilla nelle sue pagine) tra la disullusione provata dai protagonisti delle 5 giornate del 1848 nel 1885 e qyella, parallela, tra quelli del nostro 1968 nel nostro 2008. Io, troppo giovane per avere vissuto il 1968 da protagonista, sono quello che sono anche per la mia Bildung nella Milano del periodo 1969-1976. E non so, in questa Italia xenofoba, piccola piccola, destinata all’ennesimo mezzo declino (per un declino intero bisogna essere al vertice, come la Spagna di Filippo II), se ho tradito io gli ideali o se loro (e i “cattivi maestri”) hanno tradito me. Ma quali cattivi maestri? Mio padre era un cattivo maestro? Lorenzo Milani? David Maria Turoldo? Roncari? Ferronato? Renato Treves? Norberto Bobbio? Karl Marx?
Questo paese senza opposizione in parlamento. Questo paese in cui Roma città aperta sta per essere governata da un ex picchiatore fascista (ex picchiatore, si immagina, non ex fascista) con la benedizione dell’ex segretario della CISL.
Un’ultima cosa. L’icona del libro non è Il bacio, sulla copertina, ma La meditazione. Eccola. Sempre FrancescoHayez. Questa è Aspasia.