È una domanda che vi è passata spesso per la testa e cui non sapevate rispondere? Oppure è una domanda che vi sembra così oziosa che vi chiedete come qualcuno possa perderci del tempo?
A entrambe queste domante la risposta c’è. La domanda se l’è posta in un tweet del 17 aprile 2012 Tom Coates:
Infographic I’d like to see: How far ahead did we set our science fiction at various points in history. That would be interesting.
Detto fatto. Stephanie Fox di io9 (una rivista online che si presenta così: io9 is entertainment, science, and futuristic culture for people who want to escape the everyday) l’ha accontentato con il grafico qui sotto:

io9.com
Per prima cosa 2 ricercatori di io9, Ben Vrignon e Gordon Jackson, hanno costruito il loro dataset con un campione di 250 opere di fantascienza (libri, film, serie tv e fumetti) in lingua inglese, facilmente reperibili negli Stati Uniti e relative al periodo 1880-2010.
Le opere sono state suddivise per decenni (li vedete rappresentati nelle righe del grafico) e per “tipo di futuro” cui l’opera stessa fa riferimento. Qui è stato necessario un po’ d’arbitrio. Si è definito “futuro prossimo” (near future nel grafico) quello immaginato in un arco temporale da 0 a 50 anni dopo l’anno in cui l’opera è stata scritta; “futuro medio” (middle future) quello tra i 51 e i 500 dopo la creazione dell’opera; “futuro remoto” (far future) quello oltre i 500 anni (501 e oltre).
La classificazione è arbitraria nelle soglie temporali adottae, ma non nel criterio di fondo: il futuro prossimo è quello di opere che estrapolano il presente, riflettendo sui contenuti del presente che sono già (per così dire) fantascientifici. 2 esempi, uno dal passato e uno dal presente: 1984 di George Orwell e tutta l’opera di William Gibson, i cui ultimi romanzi sono ambientati in un futuro del dopodomani (meno di così c’è solo il presente alternativo di 1Q84 di Murakami Haruki). il futuro remoto, per contrasto, è quello in cui gli essere umani sono scomparsi e divenuti irriconoscibili per come si sono evoluti (l’esempio classico, direi, è La macchina del tempo di H. G. Wells); lo stesso vale per il pianeta Terra. Il futuro medio è, appunto, quello che sta in mezzo tra questi 2 estremi: il tempo della fantascienza classica alla Star Trek, per capirsi.
Come leggere il grafico? Nel grafico, come abbiamo detto, le righe rappresentano singoli decenni. Le 3 barre colorate rappresentano l’incidenza delle 3 tipologie di opere in ciascun decennio, posto a 100 il totale. Così, ad esempio, negli anni Ottanta del secolo XIX il 13% delle opere considerate tratta del futuro prossimo, il 52,2% nel futuro medio e il restante 34,8% nel futuro remoto.
io9 azzarda anche qualche prima lettura:
- Ci sono soltanto 2 decenni in cui i tre periodi (futuro prossimo, medio e remoto) sono grosso modo equivalenti: gli anni Venti e gli anni Sessanta del Novecento: entrambi, almeno negli Stati Uniti, periodi di boom economico e di forte dinamismo sociale, che possono aver spinto l’interesse dei lettori tanto alle prospettive immediate quanto al lontano futuro delle utopie (e distopie).
- È curioso che entrambi i decenni considerati si siano chiusi con una recessione (la prima molto più grave, ovviamente), ma che i lettori abbiano reagito apparentemente in modo opposto, nel primo caso privilegiando il futuro remoto (gli anni Trenta detengono il record di incidenza delle storie ambientate lontano nel tempo), nel secondo all’opposto ripiegando su quello più vicino (gli anni Settanta segnano anche il minimo delle storie ambientate nel futuro remoto).
- In altri decenni il futuro sembra essere proprio dietro l’angolo: accade così all’inizio del Novecento e nei suoi anni Ottanta, decenni in cui le storie ambientate nel futuro prossimo sono più della metà del totale del decennio. Quello che hanno in comune questi due periodi è l’accelerazione del progresso tecnologico: i primi del Novecento sono stati gli anni della diffusione di massa del telefono, del cinema, dell’elettricità in casa e dell’automobile (la Ford modello T è del 1908). Gli anni Ottanta sono quelli del personal computer.
- Il futuro ha teso ad avvicinarsi (crescita sistematica della quota di storie ambientate nel futuro prossimo) per tutto il dopoguerra: verosimilmente un effetto dell’accelerazione e della pervasività del cambiamento tecnologico.
- A partire dagli anni Novanta si registra però un’inversione di tendenza e cresce la quota delle storie del futuro remoto, spesso post-umane. Un effetto della grande incertezza – anche economica – di questi anni e dell’insicurezza seguita, soprattutto negli Stati Uniti, all’11 settembre? Risorge la tentazione di rifugiarsi nel futuro remoto, un surrogato secolare dell’aldilà, come prospettiva consolatoria?
L’articolo di io9 è qui: A Chart that Reveals How Science Fiction Futures Changed Over Time.
lunedì, 8 aprile 2013 alle 18:47
[…] parlando di un romanzo di fantascienza, ambientato in un futuro abbastanza prossimo. Ma Ramez Naam non è uno scrittore di fantascienza. O meglio, scrivere di fantascienza non è il […]