I primi segnali di agitazione si sono manifestati qualche giorno dopo l’annuncio dell’AMA (l’azienda che gestisce la raccolta rifiuti a Roma) che all’Eur si sarebbe passati dai cassonetti sulle strade alla raccolta porta a porta. O, meglio: condominio a condominio. Meglio ancora: palazzina a palazzina.
Secondo il Vocabolario Treccani:
[la palazzina, nella moderna tipologia edilizia, [è una] casa signorile plurifamiliare, a pianta centrale senza cortile, ma spesso fornita di una o due chiostrine o cavedî interni, e talora con gli spazî di distacco dagli edifici limitrofi sistemati a giardino, a 4 o 5 piani, con uno o più appartamenti per piano.
Ma la palazzina romana è qualche cosa di più, un luogo dello spirito e al tempo stesso della speculazione, come ha ben testimoniato Italo Insolera in Roma moderna. Ancora più specifica è la “palazzina dell’Eur” (sempre Italo Insolera, questa volta con Luigi Di Majo: L’Eur e Roma dagli anni Trenta al Duemila).

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Insomma, la vita sonnacchiosa della palazzina anni Sessanta sui pilotis d’ordinanza lecorbusieriana è subito turbata dall’annuncio della raccolta casa per casa: dove sarebbero stati piazzati i contenitori (la poubelle agréée di calviniana memoria)? chi li avrebbe portati fuori, dal momento che non c’è più il portiere?
Intanto, l’AMA consegna, già nel mese di luglio, i contenitori per l’intero condominio. Non quello per il vetro, per cui ci sono le tradizionali campane, ma i 4 cavalieri dell’apocalisse: per l’umido, per la plastica, per la carta, per il residuo non riciclabile e non compostabile (il “nero”: riflettano i tardi ammiratori di Priebke a che cosa li accomuna ormai la nostra sensibilità: alla monnezza non emendabile). Sono piazzati all’interno della palazzina, tra la rampa delle scale, il portone d’ingresso e l’ascensore, in bella vista anche dall’esterno e da qualunque angolazione, grazie alla bella vetrata che tanto inorgoglisce i condomini. Qualcuno, distratto o forse banalmente stupido, ci butta subito dentro la spazzatura senza porsi domande di sorta. Altri, più riflessivi e più altruisti, provvedono a sigillarli con del nastro adesivo, affiggendovi un avviso. E li spostano in una posizione meno visibile, sotto la prima rampa delle scale.
Dopo qualche giorno, complice il caldo e il bel tempo, i contenitori escono all’aperto: prima sotto i pilotis d’ordinanza, poi – timidamente – in giardino ma vicino alla casa, infine in fondo al giardino, vicino al cancelletto dell’ingresso.
Intanto, ci si comincia a interrogare su chi debba supplire all’assenza di un portiere. Chi, cioè, debba farsi carico, nelle mattine e nelle sere di svuotamento dei contenitori condominiali, di metterli sul marciapiede (di esporli, come dice il linguaggio burocratico dell’AMA). Un impegno che finirebbe per occupare quasi tutte le sere e 3 mattine la settimana, di buon’ora.
Dopo l’estate, all’inizio di settembre, una svolta importante: l’AMA comunica che non è necessario esporre i contenitori sul marciapiede, ma che possono essere lasciati nel giardino o nel cortile condominiale, a condizione che gli operatori dell’AMA possano accedere agevolmente, senza dover citofonare a un condomino (quando abitavo al Rione Monti, al centro di Roma, la mattina alle 7 suonava il citofono e una voce intimava “MONNEZZA!” e poi l’incaricato ritirava i sacchi neri della spazzatura).
Ottima notizia? Sì, però… Però in questo modo i pericolosi operatori ecologici avrebbero libero accesso al territorio condominiale, senza necessità di scavalcare una recinzione metallica alta ben 120 cm! Bisogna correre ai ripari.
La prima proposta è quella di installare un tastierino con codice numerico che sblocchi il cancelletto esterno, che dà accesso al giardino. Naturalmente è la soluzione più costosa: 500 euro. E non è una soluzione: a parte la necessità per l’operatore AMA (o per gli operatori, più probabilmente) di memorizzare un codice, o di tenerlo su un foglietto appiccicato sul cruscotto del camion, in che modo questo sistema sarebbe più sicuro di quello di dare all’AMA la chiave del cancelletto? Senza considerare che il tastierino numerico è elettrico, richiede un collegamento alla rete e (posto com’è all’esterno ed esposto alle intemperie) è vulnerabile ai guasti.
Ma da questo momento (siamo intorno al 10 settembre) il pensiero esce dalla scena e il buon senso ci passerà soltanto episodicamente.
Intanto, c’è il problema che – dopo essere stati differenti per una cinquantina d’anni, dall’epoca di costruzione dell’elegante palazzina – questa primavera chiave e cilindro del cancelletto del giardino e della porta a vetri che dà accesso alla palazzina vera e propria sono stati sostituti e unificati.
Prima incursione del buon senso nella vicenda: una condomina propone di cambiare il cilindro del solo cancelletto del giardino.
Seconda incursione del buon senso: un’altra condomina si ricorda che abbiamo un secondo accesso al giardino, in posizione più defilata, vicinissimo all’ingresso di un altro numero civico, con una chiave già ora diversa. Quasi perfetto. Serve soltanto l’assenso dell’AMA (e lo riceviamo) e una sistemazione di una piazzola per i contenitori (e lo facciamo). Lieto fine, allora?
No. Arriva un messaggio criptico: è stata cambiata la serratura del secondo cancelletto (quello in fondo al giardino) e si dovrà usare (provvisoriamente) quella del terrazzo. Ieri, la sorpresa: il cancello è stato dotato di un catenaccio chiuso da un lucchetto, il che rende impossibile a tutti, e soprattutto a tutti i condomini, l’utilizzo di quel cancelletto per uscire dal giardino e molto complicato per gli operatori dell’AMA entrare (immaginatevi quando, in inverno, dopo essersi tolti i guanti dovranno trafficare con lucchetti e catenacci ghiacciati, prima per entrare e poi per richiudere alle loro spalle).
E tutto questo a quale scopo? Si rende più difficile entrare in giardino a eventuali malintenzionati? Non più difficile in assoluto, ma più di quanto non sia ora: se ci riflettete, è solo questo che conta. Solo il confronto, qui, è importante: l’accesso è più difficile rispetto alle molte altre possibilità esistenti: che l’altro cancelletto, che ha una chiusura oleodinamica, sia rimasto aperto; che sia rimasto aperto il cancello del passo carrabile; che un malintenzionato in passabile forma fisica scavalchi l’inferriata…
Che poi, non vorrei vi foste fatti l’idea che stiamo parlando di un parco privato di grandi dimensioni in cui sia facile inguattarsi o passare inosservati: stiamo parlando di un giardinetto condominiale di piccole dimensioni, senza nascondigli e soprattutto senza attrattive particolari. E, sinceramente, non mi sembra di ricordare, in 25 anni, di aver mai incontrato un estraneo in giardino.
Ma tant’è: la paranoia è irrazionale e acceca. Per questo, pensiero e buon senso sono usciti di scena da tempo e nessuno sembra essersi chiesto quale fosse il problema di cui lucchetti e cancelli sono la soluzione; né che ogni decisione riguarda non l’ottimo assoluto, ma il miglioramento rispetto alla situazione attuale.
Aveva ragione il generale Hammerstein, da me citato più volte (qui e qui, per esempio). Sono le persone volonterose ma stupide a combinare i disastri peggiori:
Un giorno, quando gli chiesero da quale punto di vista valutasse i suoi ufficiali, disse: «Li divido in quattro tipi. Ci sono ufficiali intelligenti, laboriosi, stupidi e pigri. Il più delle volte due di queste caratteristiche coincidono. Se sono intelligenti e laboriosi, devono entrare nello Stato maggiore generale. Poi ci sono gli stupidi e pigri che costituiscono il 90 per cento di ogni esercito e sono adatti per compiti di routine. Chi è intelligente e insieme pigro si qualifica per gli incarichi di comando più elevati, perché dispone della chiarezza mentale e della stabilità emotiva per prendere decisioni difficili. Bisogna guardarsi da chi è stupido e laborioso e non affidargli responsabilità, perché combinerà solo disastri».
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La situazione è in continua evoluzione (stamattina c’era il catenaccio ma non il lucchetto: da stamattina, dunque, è possibile a tutti entrare in giardino facendo scorrere il catenaccio da fuori, ma non uscire. Né richiudere il catenaccio dopo essere entrati, avendone titolo (i condomini e gli operatori AMA) o meno (i malintenzionati).
Ma una cosa è già certa: la raccolta differenziata porta a porta, che si fa in molti luoghi del mondo e – per la verità anche in molte città italiane – all’EUR diventa una borghesissima tragicommedia.
mercoledì, 22 gennaio 2014 alle 17:38
[…] mesi fa ho raccontato su questo blog (Quando la stupidità incontra la paranoia) dei primi, tragicomici passi della raccolta differenziata porta a porta all’Eur. Qualcuno, […]