Forza, pecchiamo: i 7 peccati capitali non sono poi male

Un articolo di Judy Dutton pubblicato il 17 agosto 2012 su mental_floss (come a dire, «il filo interdentale per la mente») torna sul tema dei 7 peccati capitali e – come aveva peraltro fatto Simon Laham con The Joy of Sin, che ho recensito qui – argomenta che sono tratti non deleteri, ma anzi potenzialmente utili, tant’è che sono stati “selezionati” dagli algoritmi dell’evoluzione.

Scientists have found that the seven deadly sins aren’t all bad. Consider this your official permission to give in to temptation. [Permission to Sin: Why The 7 Deadlies Aren’t So Terrible After All – Mental Floss]

Peccati capitali

mentalfloss.com

Ecco la lista:

  1. Accidia. Nel 2004, Timothy Lightfoot ha selezionato 2 stirpi di topi, atletici e pigri: i primi correvano sulla ruota per 8-13 km al giorno, i secondi per meno di 500 metri (ma c’erano anche quelli che nella ruota ci si facevano la cuccia!). Secondo le analisi di Lightfoot, la componente genetica spiegava più del 50% delle differenze di comportamento. Ma l’iperattività fa male: secondo uno studio del 2011 dell’University College di Londra, chi lavora più di 11 ore al giorno ha un rischio di attacco cardiaco del 67% maggiore degli sfaticati. La durata della giornata lavorativa è anche correlata positivamente con stress, affaticamento, depressione, affezioni muscolo-scheletriche, infezioni croniche, diabete e morte precoce.
  2. Lussuria. In uno studio che ha seguito 252 residenti della North Carolina per oltre 25 anni, il professor Erdman Palmore ha scoperto che gli uomini che facevano sesso almeno una volta alla settimana sono vissuti in media 2 anni più degli altri. Per le donne conta più la qualità: quelle che avevano dichiarato di amare l’attività sessuale sono vissute 7-8 anni di più.
  3. Invidia. Un’intensa gelosia ha un effetto di stimolo sulla performance in qualunque ambito d’attività  (lo affermano Sarah Hill e David Buss nel loro libro Envy: Theory and Research). È l’invidia che spinge la specie umana a ribellarsi al potere ingiusto e alle gerarchie troppo rigide: secondo il professor Nader Habibi, economista della Brandeis University, è stata l’invidia del successo della ribellione tunisina a stimolare l’ondata di rivoluzioni sulla sponda nord del Mediterraneo.
  4. Avarizia. Accumulare risorse è un evidente vantaggio evolutivo in situazioni di scarsità, come quelle che hanno accompagnato gran parte dell’esistenza della specie umana. Per questo, il circuito cerebrale del piacere opera con più intensità nell’aspettativa di un guadagno che nella sua realizzazione. Inoltre, secondo un modello di simulazione del 2010 del Politecnico di Zurigo, una certa dose di avarizia è necessaria alla creazione spontanea di nuclei di coesione sociale.
  5. Gola. In uno studio del 2005, il professor Leif Nelson della New York University ha sottoposto un questionario sul peso ideale del partner all’ingresso e all’uscita dalla mensa. Prima di pranzo, i maschi hanno dichiarato in media di preferire in una ragazza un peso di 56,9 kg, 1,2 kg in più di quelli intervistati all’uscita. Anche la disponibilità di danaro ha un effetto: quelli più squattrinati preferiscono ragazze più cicciottelle, sui 57,7 kg. Per le ragazze, invece, l’aver mangiato o meno non sembra influire sul peso preferito nel partner. Inoltre, secondo uno studio del 2010 dell’Università del Missouri, ispirano più fiducia i candidati a cariche politiche leggermente sovrappeso.
  6. Ira. In uno studio sperimentale del 2007, Wesley Moons dell’Università di California a Santa Barbara ha rilevato che, a fronte di un gruppo di controllo, i volontari artificialmente fatti adirare hanno fatto registrare una performance migliore in alcuni compiti cognitivi: probabilmente perché l’ira aiuta a sceverare gli aspetti importanti di un problema da quelli secondari.
  7. Superbia. In un esperimento del 2007, Julian Keenan della Montclair State University (New Jersey) ha trovato una forte correlazione negativa tra superbia e depressione clinica.

Una classifica delle politiche sulla droga

L’8 agosto 2012 Tony O’Neill ha pubblicato su The Fix (una rivista online dedicata alle dipendenze e a come uscirne) un articolo provocatorio ma interessante: The World’s Best Drug Laws. Sperando di fare cosa utile ne riprendo alcuni punti.

What are the best and worst countries to live in if you’re a drug user? What is a really good set of drug laws, anyway? One man’s view: as provocative and contentious as you’d expect.

What are the best countries to call home if you take drugs? It’s a simple question on the surface, but one fraught with complexities. For many people, the best country in the world might be one that has successfully managed to prevent drugs from being available to its citizens. But since such a place doesn’t exist, and never will—not even within the walls of a prison—this list considers the question from the perspective of harm reduction.

Penalizing drug users for their habits does little to curb levels of use or improve the lot of addicts; the mushrooming HIV crisis in punitive Russia is a perfect example. So where are people who use drugs least likely to end up in harsh criminal justice systems? Where can users access their drugs of choice without having to take risks in dangerous environments? And where can they get on with their lives without stigma, secrecy and shame—whether or not they ultimately decide to get clean?

The World's Best Drug Laws

thefix.com / Thinkstock

I 5 paesi con le leggi migliori, in ordine crescente:

  • 5ª posizione: Paesi Bassi. Sorprendente, no? Ma da fine anno entra in vigore il divieto di accesso ai coffee-shop per i turisti. La tendenza repressiva è in corso da anni: soltanto nel 2007 a Rotterdem sono stati chiusi dalla polizia 27 coffee-shop, dal 2008 sono vietati i funghetti magici ed è in discussione un disegno di legge per classificare “droga pesante” la cannabis se il contenuto in THC supera il 15%.
  • 4ª posizione: Perù. L’America latina sta facendo passi da gigante e il Perù è il paese più avanti. Secondo l’articolo 299 del codice penale è legale detenere per uso personale 2 g di cocaina, 4 di pasta di cocaina, 8 di marijuana, 1 di resina d’oppio (oppure 200 mg di oppio raffinato), 250 mg di MDMA e altre metamfetamine. Non più di 2 tipi per persona, però.
  • 3ª posizione: Repubblica Ceca. Dal 2010 il più liberale degli Stati membri dell’Unione europea insieme al Portogallo. Il possesso di 15 g di marijuana o di 5 piante di canapa è punito con un’ammenda modesta. La vendita e lo spaccio sono proibiti, ma il possesso a uso personale copre 5 g di hashish, 40 funghetti, 5 piante di peyote, 5 dosi di LSD, 4 di estasi, 2 g di amfetamina, 1,5 g di eroina, 1 g e 5 piante di coca.
  • 2ª posizione: Portogallo. Dal 2001 totale depenalizzazione ed enorme successo della politica in termini di diminuzione delle dipendenze e dei sieropositivi.
  • 1ª posizione: USA. Paradossalmente e polemicamente, l’autore colloca gli Stati Uniti al primo posto, dati i livelli di consumo pro capite delle droghe illegali. E soprattutto al primo mposto per il consumo ricreativo di farmaci: 16 milioni di americani nel solo 2009. E con un futuro verosimilmente in ulteriore crescita: il 2,7% dei 14enni, il 7,7% dei 16enni e l’8,0% dei 18enni ha utilizzato a fini ricreativi il Vicodin (contiene l’oppiaceo idrocodone); il 2,1% dei 14enni, il 4,6% dei 16enni e il 5,1% dei 18enni l’OxyContin (ossicodone).

I 5 paesi da incubo, sempre in ordine crescente:

  • 5ª posizione: Thailandia. Leggi da età della pietra. Un’irruzione della polizia e poi riabilitazione forzarta in una campo di lavoro.
  • 4ª posizione: Russia. 1,8 milioni di eroinomani e un’epidemia rampante di HIV. Nessuna politica della riduzione del danno. La riabilitazione forzata può arrivare alla lobotomia.
  • 3ª posizione: Iran. Regime iper-repressivo e impiccagioni di massa. Il risultato: 130.000 nuovi drogati ogni anno.
  • 2ª posizione: Cina. Il paese che ci ha dato la carta, la polvere da sparo e i giocattoli con vernici tossiche al piombo continua a seguire in tema di tossicodipendenze la politica di Mao Ze Dong (che estirpò il problema dell’oppio a forza di esecuzioni capitali): una visita della polizia segreta a domicilio all’alba, un test estemporaneo coatto, 2 anni di lavoro duro in un campo di prigionia. I risultati? un mercato, per la sola eroina, stimato in 3,25 miliardi di USD.
  • 1ª posizione: USA. Basta un dato: con il 5% della popolazione mondiale, conta il 25% della popolazione carceraria mondiale, con una forte presenza di tossicodipendenti che non possono permettersi programmi di disintossicazione (non c’è una politica pubblica). Dal 1980, cioè dall’entrata in vigore della “War on drugs”, i detenuti per droga sono passati da 41.000 a 500.000. Prevalgono, va da sé, neri e latino-americani.
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Pubblicità e satira: allarghiamo lo sguardo

Steven Heller, l’autore dell’articolo Mayor to Londoners: Don’t Jump (noi ne abbiamo parlato qui), ma anche dello scherzo riuscitissimo e veramente professionale nella realizzazione, torna sull’argomento e ripropone qualche precedente.

Nascita del giullare

nobelprize.org

La sua tesi, che condivido appieno, è che chi concepisce e realizza questi scherzi svolge il ruolo del giullare teorizzato da Dario Fo: mettere in questione la realtà costruita dai potenti e percepita dai più e sostituirla con una realtà più “vera” perché scrostata dalle sovrastrutture.

Trickster

wikipedia.org

Il momento in cui il bambino (un’altra figura di giullare o trickster) esclama «Il re è nudo!» è – almeno in potenza – un momento di paradigm shift nel senso reso popolare (fin troppo) da La struttura delle rivoluzioni scientifiche di Thomas S. Kuhn.

Re nudo n° 0

stampamusicale.altervista.org

Tra i precedenti, più o meno illustri, della sua irriverente pubblicità-progresso contro il suicidio in metropolitana, Heller cita una (falsa) pubblicità della Volkswagen Polo: «Piccola ma tosta».

Sempre la VW è stata protagonista di una finta inserzione pubblicitaria ai tempi dell’incidente di Ted Kennedy pubblicata sul National Lampoon:

Il 18 luglio 1969, dopo una festa sull’isola di Chappaquiduick (Martha’s Vineyard) a bordo della sua Oldsmobile Delta 88, Ted uscì di strada all’altezza di Dike Bridge. La macchina cadde in mare e colò a picco. Ted non era solo, ma con una giovane donna, Mary Jo Kopechne, che annegò. Ted, dopo aver tentato di salvarla, tornò al luogo della festa chiedendo aiuto ai parenti della vittima e al suo avvocato prima di avvertire la polizia. […] La reputazione politica di Ted era comunque danneggiata. Quando si presentò alle primarie del 1980 contro il presidente Jimmy Carter, non riuscì a far placare lo scandalo. [Wikipedia]

L’idea è che la VW è così ben fatta che sarebbe rimasta a galla.

Maggiolino

imprint.printmag.com

Kennedy ottenne che il numero fosse ritirato dalle edicole e che fosse pubblicata una smentita. Il National Lampoon allora scrisse: «Even if Ted Kennedy had driven a Volkswagen he wouldn’t be president today.»

Naturalmente, in Italia vengono subito in mente i falsi de Il Male.

Tognazzi capo delle BR

pupia.tv

Soprattutto la foto di Aldo Moro durante la prigionia, in camicia slacciata sul collo, che riprendeva un’allora celebre pubblicità della Marzotto: Oggi delle pubblicità originaria non c’è più traccia sul web, mentre la parodia de Il Male è passata alla storia.

Abitualmente vesto Marzotto

Buon compleanno, Hitchcock

Oggi Hitchcock compirebbe 113 anni. Lo festeggiamo con la celeberrima scena dell’aereo in North by Northwest (Intrigo internazionale).

Non vi ricordate il film? Non l’avete mai visto? Rimediate subito, non ve ne pentirete!

La scena a Grand Central:

Il malizioso finale con la “penetrazione” del tunnel (se pensate che possa rovinarvi il film, non guardatelo).

Maria Popova, su Brain Pickings (Happy Birthday, Hitchcock: How the Iconic Director Changed One Boy’s Life | Brain Pickings), lo festeggia da par suo presentando un libro di Laurent Bouzereau, Hitchcock, Piece by Piece.

Alfred Hitchcock — legendary director, insightful happiness guru, masterful exploiter of human psychology — was born 113 years ago today. Hitchcock, Piece by Piece (public library) deconstructs what author Laurent Bouzereau calls “the Hitchcock touch,” in large part through never-before-published memorabilia from the Hitchcock family archive — letters, memos, photographs, and other ephemera that offer an unprecedented glimpse of the legendary director’s life and mind.

Hitchcock, Piece by Piece

brainpickings.org

Al di là degli occhiali di Google, le lenti a contatto dell’augmented reality

Forse l’avete già visto, forse no. Ma io lo trovo così bello e ben fatto che mi sembra il caso di (ri)proporvelo comunque.

Sight from Sight Systems on Vimeo.

Si tratta, in sostanza, della tesi di laurea di alcuni studenti della Bezalel Academy of Arts and Design di Gerusalemme.

Ecco i credit completi:

Sight

A short futuristic film by Eran May-raz and Daniel Lazo.
This is our graduation project from Bezaleal academy of arts.

Please share if you enjoyed it!

Contact:
Daniel Lazo: duniol2@gmail.com
Eran May-raz: eranmayraz@gmail.com
Hanan Revivo: hanan5712@gmail.com
Boaz Bachrach: hearfeel@gmail.com

Guidance:
Eric Lerner

Actors:
Ori Golad
Deborah Aroshas

Animated Starry night by: Petros Vrellis, vimeo.com/36466564

Sight

feeldesain.com

Una campagna pubblicitaria per scoraggiare i suicidi in metropolitana

In tutte le città del mondo, i suicidi in metropolitana sono un problema grave. Non soltanto per lo sventurato che si è gettato sotto al treno, ma per l’interruzione del servizio e per i disagi cui vanno in contro decine di migliaia di pendolari. Ecco allora che le aziende di trasporto corrono ai ripari, talora prevedendo meccanismi di sicurezza (i sistemi di doppie porte che si aprono soltanto quando il treno è in stazione, come nella nuova linea 1 di Parigi e nella metropolitana di San Pietroburgo; oppure delle trincee che – a costo di qualche frattura – evitano che l’aspirante suicida sia travolto), talaltra con campagne pubblicitarie intese a scoraggiare i propositi malsani, o quanto meno a evitare che siano portati a termine nelle stazioni del trasporto pubblico.

Ecco la proposta del sindaco di Londra, il conservatore Boris Johnson, che tutti abbiamo conosciuto e apprezzato durante le impeccabili settimane olimpiche.

Suicidi 1

imprint.printmag.com

Suicidi 2

imprint.printmag.com/

È uno scherzo, come avevano subito capito – ne sono certo – i miei perspicaci lettori. C’è invece caduta la rivista online Imprint, dove ho scovato la notizia (Mayor to Londoners: Don’t Jump). L’autore, Steven Heller, ha pubblicato la notizia il 10 agosto 2012 in questa forma:

The London Underground has had rashes of suicides on the tracks. Deep tube stations have “anti-suicide pits” or “suicide pits” or “dead man’s trenches” beneath the track that enables responders to help prevent death when a passenger falls or jumps in front of a train. London Underground has a “Therapy Unit” to deal with drivers’ post-traumatic stress, resulting from someone jumping under their train.

Now there is an advertising campaign designed to thwart suicides. Whether the approach works or not, only time will tell. But the idea that the Mayor of London, Conservative Boris Johnson, a character by any measure, is suggesting potential suicide victims should do the deed at home rather than tie up the subway is possibly tasteless. No?

Soltanto alcuni giorni dopo, è stato in grado di correggersi così:

Update: This ad campaign is, thankfully, a spoof.

Perché depilarsi il pube non è una buona idea

La considerazione ovvia è che se abbiamo peli all’inguine e sotto le ascelle significa che questo comporta un vantaggio evolutivo (chi era glabro è morto lasciando meno discendenti). Eppure la pubblicità li chiama “peli superflui” e si spendono milioni per radersi o farsi la ceretta.

Ora un medico suggerisce che la guerra al pelo pubico deve cessare e ammonisce contro i rischi della depilazione. La depilazione, infatti, con qualunque mezzo sia effettuata, comporta microscopiche lesioni, aprendo una possibile strada a molti patogeni. Inoltre, il pelo pubico ha una funzione importante nel segnalare la maturità sessuale e protegge dalle frizioni e irritazioni cui inguini e ascelle sono esposti. L’irritazione si accompagna spesso all’arrossamento e al sudore, creando un ambiente di coltura favorevole ai funghi (infezioni micotiche), ai batteri (soprattutto lo streptococco, lo stafilococco aureo e il suo pericoloso cugino resistente alla meticillina – MRSA) e all’herpes genitale.

Le ultime parole di Marvin Wilson

Martedì 7 agosto 2012, in Texas, è stata eseguita con un’iniezione letale la condanna a morte di Marvin Wilson.

  1. Marvin Wilson, 54 anni, condannato per un omicidio commesso nel 1992, aveva un quoziente d’intelligenza di 61, cioè era gravemente ritardato mentalmente.

  2. Negli Stati Uniti si è a lungo discusso se infliggere la pena di morte a una persona non in grado di comprenderne il significato e, dunque, il suo valore come deterrente del reato o come retribuzione del delitto, ricadesse nei casi previsti nell’Ottavo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America: «Excessive bail shall not be required, nor excessive fines imposed, nor cruel and unusual punishments inflicted.» («Non si dovranno esigere cauzioni eccessivamente onerose, né imporre ammende altrettanto onerose, né infliggere pene crudeli e inconsuete.»)

    Nel 2002, da ultimo, la Corte Suprema si era espressa in questo senso nel caso Atkins v. Virginia:

    «Our independent evaluation of the issue reveals no reason to disagree
    with the judgment of “the legislatures that have recently addressed the
    matter” and concluded that death is not a suitable punishment for a
    mentally retarded criminal. We are not persuaded that the execution of
    mentally retarded criminals will measurably advance the deterrent or the
    retributive purpose of the death penalty. Construing and applying the Eighth Amendment
    in the light of our “evolving standards of decency,” we therefore
    conclude that such punishment is excessive and that the Constitution
    “places a substantive restriction on the State’s power to take the life”
    of a mentally retarded offender.»

  3. A dispetto della sentenza della Corte Suprema, la magistratura texana non ha concesso neppure una sospensione della pena (Wilson segna la 245ma sentenza capitale eseguita durante il governatorato di Rick Perry).

    Come è possibile? Perché la magistratura texana non utilizza come criterio per la determinazione del ritardo mentale il quoziente d’intelligenza o un’altra misura ritenuta clinicamente valida. Ha invece introdotto un proprio criterio, noto come “Briseño factors“, che – secondo l’avvocato di Wilson, Lee Kovarsky – non ha alcun valore clinico o riconoscimento scientifico, ma è basato su un personaggio del romanzo Uomini e topi di John Steinbeck, Lennie Smith.

  4. Secondo il Guardian, prima della somministrazione dell’iniezione letale Wilson ha sollevato la testa sorridendo dalla barella cui era legato e, rivolgendosi alle sue 3 sorelle e al figlio che lo guardavano da una finestrella, ha detto che le amava e di abbracciare la mamma.

    «Sono entrato qui da peccatore e me ne vado da santo. – ha poi aggiunto – Take me home Jesus, take me home Lord, take
    me home Lord!»

La strage e Fioravanti

Come spesso accade per questi eventi traumatici, ricordo perfettamente dove mi raggiunse la notizia della stragedi Bologna del 2 agosto 1980. Ero arrivato a Milano il giorno prima per passare qualche giorno con i miei prima delle vacanze “vere”; mia nonna accese la radio per un notiziario; pensammo subito tutti ai fascisti, erano anni che facevano le prove generali. Venendo da Roma, ero passato dalla stazione di Bologna quasi esattamente 24 ore prima, ma – dato che erano i giorni dell’inizio delle ferie di massa e data la posizione nodale di Bologna nel sistema ferroviario italiano – è una coincidenza che condivido con moltissimi.

Ho scritto da poco sulla strage, recensendo un romanzo bruttino (Strage) di Loriano Macchiavelli. Vi si adombra l’ipotesi (ancorché solo romanzescamente) dell’esplosione avvenuta per errore. Non lo penso. E per una volta non la pensa così neppure la magistratura: c’è una sentenza in giudicato (23 novembre 1995), che individua i responsabili, tra gli altri, in Francesca Mambro e Giusva Fioravanti.

I 2 si proclamano innocenti, e ne hanno il diritto.

Forse qualcuno ricorderà Fioravanti come il figlio piccolo di una fortunatissima serie televisiva del 1968-69, forse la prima sit-com o soap-opera (non sono un esperto): era bravissimo e simpaticissimo. Cito da Wikipedia:

La famiglia Benvenuti è una serie TV italiana degli anni sessanta andata in onda su Raiuno e considerata la capostipite delle moderne fiction televisive in quanto scritta appositamente per la televisione da Alfredo Giannetti che ne cura anche la regia.

Narra le vicende di una famiglia italiana appartenente alla media borghesia: padre, madre, due figli e la governante. La serie riscuote molto successo da parte del pubblico in quanto – attraverso la narrazione di fatti quotidiani medi, non eccezionali – riesce ad attivare un forte meccanismo di personificazione e proiezione.

Ma per quanto il personaggio interpretato da Fioravanti da piccolo potesse essere simpatico, il Valerio terrorista e il Fioravanti ergastolano non suscitano in me alcuna comprensione. Lascio parlare Stefano Nazzi e l’articolo che ha scritto oggi per il Post, Il 2 agosto 1980 e altre storie.

C’è un documentario, Un solo errore, girato da Matteo Pasi e dedicato alla strage della stazione di Bologna. In un’intervista Giusva Fioravanti, che per quella strage è stato condannato all’ergastolo, dice «che il presidente dell’associazione delle vittime della strage (Paolo Bolognesi) in quell’attentato ha perso una suocera. E la suocera non è una vera perdita». Dice ancora Fioravanti: «Bolognesi è un vecchio partigiano, è la carica ideologica che lo muove». Dà le pagelle alle perdite: la suocera vale poco, evidentemente.

Quella suocera si chiamava Vincenzina Sala, il 2 agosto 1980 era andata alla stazione di Bologna con il nipotino Marco, sei anni, il figlio di Paolo Bolognesi. Erano lì ad aspettare Paolo e la moglie, che tornavano da un viaggio in Svizzera. L’esplosione li travolse: Marco venne devastato, sfigurato, riconosciuto dai genitori solo per una voglia sulla pancia. Il 3 agosto Sandro Pertini andò in ospedale, ne uscì piangendo, disse «Ho visto un bambino che sta morendo». Non morì Marco, ma i segni di quel giorno li porta ancora addosso: ha invalidità superiori all’80%. Il corpo di Vincenzina venne riconosciuto solo per una doppia fede nuziale al dito. La testa non fu trovata. Il deputato Raisi ha detto però che la suocera di Bolognesi non morì quel giorno, ma tre anni dopo.

Parlano. Giusva Fioravanti ha tutto il diritto di continuare a proclamare la sua innocenza. Ha tutto il diritto di dire, come chiunque altro, ciò che vuole. Ma io il diritto di ricordarmi che era Giusva Fioravanti. Ricordarmi di lui e di quelli che erano con lui: Alessandro Alibrandi, Massimo Carminati, Gilberto Cavallini che il 27 aprile 1976 insieme ad altri camerati in via Uberti, a Milano, squarciò a coltellate l’addome di Gaetano Amoroso, “vestito da compagno”. Ricordarmi di quando Fioravanti e i suoi venivano a Milano, per cercare compagni da ammazzare anche in trasferta.

Ci sono storie che continuano a mettere i brividi. Il 28 febbraio 1978 Fioravanti e i suoi a Roma sono a “caccia di rossi”. In piazza San Giovanni Bosco ci sono alcuni ragazzi su una panchina che si stanno facendo una canna: Fioravanti e i suoi scendono dall’auto, sparano. Scialabba è colpito al torace ma non è morto. Fioravanti gli sale a cavalcioni, lo guarda e lo finisce con due colpi in testa. Si stava solamente facendo una canna, Roberto Scialabba.

Ce ne sono tante di cose da ricordare, non solo il 2 agosto 1980.

Ecco, ricordatevi anche questo, di Giusva Fioravanti.

Olimpico e olimpionico

Un post che avrei voluto scrivere io e invece l’ha scritto Dario Cavedon, e io riporto integralmente:

GIOVEDÌ 26 LUGLIO 2012

Olimpiadi di lingua Italiana – lezione zero: olimpico e olimpionico

I Giochi della XXX Olimpiade (notare l’uso della numerazione romana) cominceranno domani a Londra, ma già sono cominciati su tutti i principali media i giochi degli strafalcioni olimpici della lingua Italiana. Atleti sul campo (della vergogna): un po’ tutti i giornalisti italiani. Ho quindi deciso di scrivere questo post, in cui rivelerò uno degli errori più diffusi, per cui il Divino Poeta Dante Alighieri potrebbe gareggiare senza temer rivali nella specialità “piroetta tripla in tomba”.

Qual è la differenza tra olimpico e olimpionico?

So che questo tema è già stato affrontato da moltissimi altri blogger, in moltissimi altri post, ma non a sufficienza. Non si spiegherebbe altrimenti che stamane alla radio la giornalista RAI – evito di menzionarne il nome – abbia definito la squadra italiana “olimpionica”.

I lettori abituali di questo blog – dato il loro altissimo livello culturale – possono smettere di leggere qui, già sanno la risposta alla domanda di cui sopra. I lettori occasionali farebbero bene a proseguire.

olimpiònico agg. e s. m. (f. –a) [dal gr. ᾿Ολυμπιόνικος agg., ᾿Ολυμπιονίκης s. m. (lat. Olympionīces), comp. di ᾿Ολύμπια «gare di Olimpia, giochi olimpici» e tema di νικάω «vincere»] (pl. m. –ci). – Nell’antica Grecia, vincitore nei giochi olimpici (in questo senso anche, secondo l’accento latino, olimpionìco). Nell’uso moderno, vincitore (e, al femm., vincitrice) in una o più gare alle olimpiadi (fonte: www.treccani.it).

“Olimpionico” è quindi la fusione di 2 parole: “Olimpia” e “Nike”, che vuol dire appunto “vincere, vittoria”. Quindi un “olimpionico” è una persona che ha vinto una medaglia d’oro alle Olimpiadi.

olìmpico agg. [dal lat. Olympicus, gr. ᾿Ολυμπικός] (pl. m. –ci). – 
1. 
a. Del monte Olimpo (v. olimpo), concepito nella mitologia greca come sede degli dèi: le divinità o., soprattutto le divinità dei tempi omerici, contrapposte sia alle divinità che avevano sede nell’Ade (come Plutone e Persefone), sia agli dèi il cui culto, orgiastico e misterico, fu introdotto in Grecia in tempi posteriori (come Dioniso e Demetra). [snip]b. Per estens., che si riferisce alle olimpiadi moderne: giochi o.; campione o. (più com. olimpionico); primatotitolo o.; fiaccola o. (v. fiaccola); stadio o., destinato allo svolgimento delle varie gare olimpiche. (fonte:www.treccani.it).

“Olimpico” è quindi tutto ciò che riguarda le Olimpiadi, non solo chi ha vinto i Giochi Olimpici.

Proprio dal significato della parola “Nike” deriva il nome di una famosa azienda di magliette. Pensateci, quando dovrete ricordarvi la differenza tra le due parole.

Riepilogando:

Piscina olimpionica: sbagliato! (hai mai visto una piscina vincere le Olimpiadi??)
Piscina olimpica: giusto!

Campione olimpionico: sbagliato! (“olimpionico” già sottointende la vittoria alle Olimpiadi, non si deve ripetere con “campione”)
Campione olimpico: giusto! 


Lo so, purtroppo questo post resterà sconosciuto alla maggior parte della popolazione italiana, e alla totalità dei giornalisti sportivi italiani. 

Link:

Olimpionico su Treccani.it
Olimpico su Treccani.it

Sul sito di Dario ferve la discussione …