Un robot che salta 10 metri | KurzweilAI

Hanno inventato un giocattolo meraviglioso, e io lo vorrei subito per giocarci.

Sand Flea robot

Boston Dynamics (spectrum.ieee.org)

Invece pare che quei pazzi degli americani lo vogliano usare come “esploratore” in Afganistan.

Sand Flea robot

Boston Dynamics (spectrum.ieee.org)

Tutta la storia l’ho trovata qui: Boston Dynamics’ sand flea robot jumps 10 meters | KurzweilAI.

Boston Dynamics has just posted a new video of the Sand Flea jumping robot in action, IEEE Spectrum Automation reports..

Sand Flea has no trouble clearing a 10-meter obstacle (about 30 feet), and it’s accurate enough that you can ask it to jump through a window two stories up and it’ll do it.

The piston (which fires out the back of the robot) is powered by a carbon-dioxide cannister, and Sand Flea can make 25 jumps in a row before it needs to juice itself up again.

Sand Flea is intended to be used in Afghanistan to hop over walls, take a look around, and hop right back home again.

 

Impressionante: come sarebbe l’economia americana senza Apple?

Nel febbraio del 2012, Jonathan Golub, un economista dell’UBS, ha lanciato una nuova moda, pubblicando le sue previsioni per l’andamento dell’indice di borsa S&P500 in 2 versioni, con e senza Apple: nel primo trimestre dell’anno, secondo Golub, la crescita sarebbe stata del 6,8% per l’intero aggregato, ma soltanto del 2,8% escludendo il titolo Apple. Molti altri analisti (tra i quali: Morgan Stanley, Goldman Sachs, Barclays e Wells Fargo) hanno fatti esercizi simili.

Qui sotto un grafico elaborato da Barclays Capital che illustra l’andamento degli utili nel settore tecnologico con e senza Apple.

Con e senza Apple

Barlays Capital via Business Insider

Qui trovate l’articolo nella sua versione integrale:

The S&P 500 with and without Apple: Round 2 – Apple 2.0 – Fortune Tech

The picture is even more striking than it was a month ago

In February, Jonathan Golub at UBS started a new fashion on the Street by publishing two versions of his regular quarterly forecast: one for the S&P 500, and another for what he called the “S&P 500 ex-Apple.”

Strategists at Morgan Stanley, Goldman Sachs, Barclays and Wells Fargo soon followed suit.

In Golub’s February calculation, the S&P 500’s Q1 2012 earnings were on track to rise 6.8% with Apple (AAPL), but would shrivel to 2.8% without.

“By stripping away that one single company,” Golub told the Wall Street Journal, “it is like seeing light through a prism — you see things more clearly.”

Last week, Dan Sanborn of Ned Davis Research took another look at the S&P 500 through Golub’s prism and saw an even wider spread. Now, according to Sanborn, the index’s total earnings growth drops from 7.8% year over year with Apple to just 2.7% without.

Meanwhile Barclays Capital has produced the chart above — spotlighted Sunday on Business Insider by Joe Weisenthal — showing the earnings growth of the tech sector with and without its star player. What was a gap has become a chasm.

I’m reminded of Horace Dediu’s response the last time this came up. In his Feb. 22 Critical Path podcast, the founder of Asymco.com described his “visceral reaction” to the notion that Wall Street would take Apple’s stellar performance as a sign of pessimism, an indication that things aren’t as rosy in the broader economy as they seem.

In his view, these with-and-without-Apple analysts have it exactly backward.

Rather than being the exception, he suggests, Apple may be the rule that defines a new era in business. The company is not there to make up for the deficiencies of the rest of the economy. Rather, it is the engine of growth for its era, redefining our ideas about marketing and productivity and changing business processes across whole industries, much as GM (GM) did in its time and IBM (IBM) did in its.

See Apple as the new GM for a summary of Dediu’s analysis and the last third of The Critical Path, Episode 26, for the whole megillah.

L’apprendimento permanente e il porno

Secondo Wikipedia, l’apprendimento permanente (o life-long learning)

è un processo individuale intenzionale che mira all’acquisizione di ruoli e competenze e che comporta un cambiamento relativamente stabile nel tempo. Tale processo ha come scopo quello di modificare o sostituire un apprendimento non più adeguato rispetto ai nuovi bisogni sociali o lavorativi, in campo professionale o personale.
Con il termine life-long learning si intende l’educazione durante tutto l’arco della vita, dalla vita alla morte, quell’educazione che inizia ancor prima della scuola e si prolunga fin dopo il pensionamento.

Lo so che lo sapevate, ma portate ancora un po’ di pazienza. Ho bisogno di un’altra premessa.

AlterNet è una rivista online statunitense (e anche una comunità di utenti-produttori, i famigerati pro-sumers) di forte orientamento democratico e liberal, attiva fin dal 1998. Vanta quasi 4 milioni di visite al mese. Loro stessi si presentano così:

AlterNet is an award-winning news magazine and online community that creates original journalism and amplifies the best of hundreds of other independent media sources. AlterNet’s aim is to inspire action and advocacy on the environment, human rights and civil liberties, social justice, media, health care issues, and more. Since its inception in 1998, AlterNet.org has grown dramatically to keep pace with the public demand for independent news. We provide free online content to millions of readers, serving as a reliable filter, keeping our vast audience well-informed and engaged, helping them to navigate a culture of information overload and providing an alternative to the commercial media onslaught. Our aim is to stimulate, inform, and instigate.

Bene, adesso avete tutti gli elementi che vi servono. AlterNet ha pubblicato ieri, 26 marzo 2012, un articolo sulla pornografia negli USA (The Absurd Myths Porn Teaches Us About Sex | | AlterNet) – il tema è d’attualità negli Stati Uniti, dove la lotta alla pornografia e l’attribuzione di ogni male sociale al suo presunto dilagare soprattutto tra i giovani è un cavallo di battaglia dei candidati repubblicani – in cui si presenta questa singolare tesi:

Alan McKee, an Australian university professor and pornography researcher, tells AlterNet, “Pornography is good at teaching lifelong learning, open communication, that sexual development should not be aggressive, coercive, or joyless, self-acceptance, awareness and acceptance that sex is pleasurable, and competence in mediated sexuality.”

news.qut.edu.au / Alan McKee

Il professor McKee non è nuovo a queste posizioni. Alcuni anni fa ha pubblicato un articolo [McKee, Alan (2007). “Positive and negative effects of pornography as attributed by consumers“. Australian Journal of Communication 34(1):pp. 87-104.] che presentava i risultati di un’indagine volta ad accertare gli (eventuali) effetti del consumo di pornografia sulle attitudini sessuali e il loro segno. Dei 1023 consumatori australiani che hanno compilato il questionario, il 58,8% ha dichiarato di avere riscontrato effetti positivi o molto positivi, il 6,8% effetti negativi o molto negativi, mentre il 34,6% ha affermato di non non aver notato alcun effetto. Tra gli effetti positivi (in ordine decrescente di segnalazione): l’essere meno repressi; l’essere più aperti; l’essere più tolleranti della sessualità altrui; provare piacere (al 4° posto?!); apprendere cose nuove; sostenere l’interesse sessuale in una relazione di lungo termine; imparare a essere più attenti alle esigenze del partner; aiutare a trovare un’identità o una comunità; aiutare a parlare con il/la partner di sesso. Tra gli effetti negativi più citati: la reificazione delle persone e dei rapporti; la creazione di aspettative sessuali non realistiche; problemi di coppia; caduta del desiderio; dipendenza.

Schumpeter: “Essere imprenditori vuol dire sfidare il guadagno facile”

Sul quotidiano online Linkiesta, lo “storico sociale delle idee” David Bidussa ripropone un intervento tenuto da Joseph Schumpeter a Bonn all’associazione degli industriali metallurgici tedeschi il 22 maggio 1929: “Essere imprenditori vuol dire sfidare il guadagno facile” | Linkiesta.it

Dalla presentazione di Bidussa:

Secondo Schumpeter la funzione imprenditoriale richiede capacità di leadership, intuizione, risolutezza, caratteristiche, queste, che connotano un tipo specifico di personalità e di condotta. Chi le rappresenta oggi?

Joseph Schumpeter

New York Review of Books

Ecco il testo pubblicato da Linkiesta:

Joseph Alois Schumpeter, Essere imprenditore

Se vogliamo afferrare il nocciolo della funzione dell’imprenditore, occorre fare una precisazione: definire quella che possiamo chiamare la gestione dell’industria, il management. Con questo termine s’intende la direzione tecnica, commerciale, organizzativa, rappresentativa, disciplinare delle aziende. Essenziale in tutti i comparti, è il momento della formazione ed esecuzione della decisione, anche se quasi ogni imprenditore, a seconda della sua formazione, svolge anche un lavoro corrente di natura tecnica, giuridica, ecc.. Tuttavia non sta qui il nocciolo della questione, sebbene queste cose riempiano normalmente la vita quotidiana dell’imprenditore. (…)

Il nocciolo della questione e la vera funzione dell’imprenditore consistono piuttosto nel tradurre in pratica nuove combinazioni tecniche e commerciali, ovvero per dirla in termini più accessibili, nell’essere egli il protagonista del progresso economico. A questa funzione di guida sono legati i profitti dell’imprenditore, spesso molto alti ma per la loro natura temporanei, che sono all’origine della maggior parte dei patrimoni industriali, quando non sono frutto di situazioni di monopolio di guadagni fortunosi. Quando si dice, e lo si fa spesso, che il progresso industriale è un atto dell’intero sistema sociale, si dice naturalmente una cosa esatta nella sua genericità, ma che non elimina il fatto che per aiutare il sistema sociale a compiere questo atto occorre una guida particolare e che le qualità necessarie ad esercitarla sono presenti soltanto in una piccola frazione della popolazione.

Quando inoltre si sostiene che il metodo capitalistico del progresso economico destina questo progresso a privato vantaggio di una piccola minoranza, occorre replicare che, anche prescindendo dall’importanza di questo metodo per la formazione del capitale e la reazione di risorse fiscali, è appunto questo collegamento tra profitto privato ed efficace applicazione di nuovi metodi di produzione – da distinguere nettamente dalla loro invenzione, che è funzione di tutt’altra specie – , rafforzato dalla responsabilità personale per le perdite in caso d’insuccesso, ad assicurare il perfetto funzionamento del meccanismo, e che in seguito i risultati del processo vanno automaticamente a vantaggio dell’intera collettività.

La domanda che dobbiamo porci a questo proposito è allora la seguente: L’imprenditore dà prova di essere, nella sua funzione amministrativa, l’amministratore scrupoloso delle forze produttive nazionali affidategli, e nella sua funzione di guida, un capo energico ed efficiente?

[Ökonomie und Psychologie des Unternehmers [1929], in Aufsätze zur Tagespolitik: Ökonomie und Psychologie des Unternehmers. Eds. Ch. Seidl, W. F. Stolper. J. C. B. Mohr. Tübingen 1993, pp. 193-204 (trad. it. “Economia e psicologia dell’imprenditore”, in J.A. Schumpeter, L’imprenditore e la storia dell’impresa, a cura di Alfredo Salsano, Bollati Boringhieri, Torino 1993, pp. 76-90. Il passo si trova a pp. 80-81)].

Fiducia, capitale sociale, narrazioni e spiegazioni

Luca De Biase ha pubblicato sul suo blog il 24 marzo 2012 un articolo, il cui punto di partenza condivido largamente:

Tutta la discussione attuale sulla vicenda dei licenziamenti economici è basata su un equivoco. Si parla dell’articolo 18 ma in realtà si parla di fiducia.

Correttezza vuole, però, che prima di discutere nel merito del punto di vista di De Biase abbiate letto il suo articolo senza la mia mediazione, cioè senza la mia interpretazione e le mie critiche. Quindi, leggetelo ora, qui:

Fidarsi sui licenziamenti economici – informazione di mutuo soccorso – Luca De Biase

Luca De Biase

ahref.eu

Sono convinto anch’io che quello della fiducia, e più generale del capitale sociale, sia un problema al centro della crisi italiana in tutte le sue manifestazioni, quella acuta in scena dal 2008, quella strisciante in corso dall’inizio del nuovo millennio, quel malessere che ha in realtà accompagnato tutta la mia vita adulta.

Poi però arrivo al terzo capoverso, che mi fa scattare una reazione riflessa:

I motivi di sfiducia purtroppo non mancano. Il paese degli abusi non ha certo abituato tutti alla correttezza. E questo ha limitato lo spazio degli onesti, sia nella realtà sia soprattutto nella narrazione corrente. La sfiducia è diffusa e si combatte anche con una nuova narrazione, fondata sulle parole e sui fatti.

Narrazione corrente? Nuova narrazione? La mia reazione di fastidio e di rifiuto viene dal lezzo di post-modernismo, di decostruzione, di irrazionalismo che la parola stessa mi suscita, dopo decenni di uso corrivo da parte dei colleghi di De Biase negli ultimi decenni. Cui si è associato più di recente il chiacchiericcio sullo story-telling.

Ma poiché De Biase mi sembra onesto nel suo ragionamento, ho provato a mettere da parte le reazioni istintive per cercare di capire meglio. De Biase sta dicendo – mi pare – che la sfiducia (per me legata alla scarsità di capitale sociale, ma non so se lui hai i miei stessi termini di riferimento) è un effetto della situazione reale, sì, ma “soprattutto della narrazione corrente.” E che, di conseguenza, che la si può combattere (e sconfiggere: suppongo sia questo l’obiettivo finale di De Biase) “con una nuova narrazione.”

E poiché il post del 24 marzo rinvia a un altro del 21 marzo (Informazione di mutuo soccorso), sono andato a leggermi anche quello (e naturalmente vi invito a fare altrettanto). Qui, la centralità della narrazione è ancora più esplicita e centrale:

[…] questo passaggio [si sta parlando dell’art. 18 e delle decisioni del governo] non si può affrontare, né da destra né da sinistra, senza una narrazione del futuro. Senza un’idea della società che vogliamo costruire non facciamo che subire i contraccolpi automatici dei cambiamenti nei rapporti di forze. […]
Per condurre l’innovazione a cogliere le opportunità insite nel cambiamento, basate sulla cooperazione e la solidarietà costruttiva, e a debellare le connivenze di ogni ordine e grado, […] occorre al fondo una narrazione: una grande alleanza delle imprese con i giovani, per i quali il vecchio mondo ha smesso di generare risposte; una definizione del progresso in termini di qualità dell’ambiente, della cultura e delle relazioni; una lealtà nella competizione che riconosca l’onore di chi si è prodigato per il progetto comune, dell’azienda e del paese, e che abbatta la credibilità di chi ha puntato ai vantaggi personali passando sopra ogni correttezza.
Le imprese sono il fondamento della ricostruzione di una prospettiva di progresso economico. Ma la società è il fondamento della ricostruzione di una prospettiva di progresso civile. E al fondo, la relazione tra queste dimensioni dipende dalla qualità dell’informazione sulla base della quale si racconta la prospettiva e si valuta l’apporto di ciascuno. Un’informazione di mutuo soccorso. Contro l’inquinamento dell’ecosistema dell’informazione. Per il bene comune. Che oggi è diventato il nuovo baluardo di un programma che eventualmente si può definire di sinistra.

Ecco, adesso penso di aver capito dove smetto di essere d’accordo con De Biase. Non si tratta soprattutto di una nuova narrazione. Meno che mai si tratta prima di tutto di una nuova narrazione.

Si tratta, secondo me, di condurre ragionamenti e analisi in comune. Pacatamente e serenamente, se possibile, come diceva il Veltroni di Crozza. Ma anche in maniera concitata, se non si può fare altrimenti. Lavorando sui fatti, sui numeri, sulle spiegazioni, sulla comprensione dei meccanismi e delle dinamiche. Alla ricerca di una spiegazione – che poi dovrà anche essere narrata, naturalmente, ma che prima dovrà essere compresa. Che poi dovrà anche essere messa in comune e (se possibile) condivisa, ma che prima dovrà essere raggiunta con l’immane fatica del concetto (come diceva Hegel) e magari anche nello scontro dialettico (tanto per restare con Hegel ancora un po’). E in cui i ruoli non sono pre-definiti (per quanto seducenti possano essere le caratterizzazioni di De Biase – impresa : progresso economico :: società : progresso civile) ma si definiscono come risultato dell’analisi. Insomma, un po’ più di illuminismo e un po’ meno post-modernità.

Enigma spagnolo

Giovedì 22 marzo 2012, al Museo dell’esercito spagnolo ospitato nell’Alcazar di Toledo si è svolta una strana cerimonia, raccontato in un articolo della BBC:

BBC News – The Spanish link in cracking the Enigma code

Nella foto vediamo i corpi senza volto (stiamo parlando di controspionaggio militare, in fin dei conti) di ufficiali spagnoli e britannici che ammirano due macchine Enigma, un regalo dell’esercito spagnolo al GCHQ (Government Communications Headquarter), l’agenzia per la sicurezza delle comunicazioni del governo britannico.

Enigma

bbcimg.co.uk

Vorrei dare abbastanza per scontato che sappiate tutti che cosa sono le macchine Enigma: sono le prime macchine elettromeccaniche per la crittografia. La capacità degli alleati (e in particolare degli inglesi) di decrittare i messaggi cifrati tedeschi è stata una delle chiavi della vittoria nella 2ª guerra mondiale. Un bel romanzo sull’argomento è stato scritto da Robert Harris (ne abbiamo parlato di sfuggita qui) e ne è stato tratto un film (prodotto da Mick Jagger, che possiede almeno una macchina Enigma).

La storia della crittografia è affascinante, almeno per me. Il principio su cui è basata Enigma (il rotore) è dovuto originariamente a Leon Battista Alberti, l’architetto rinascimentale caro ai mantovani. Nel 1918 l’ingegnere tedesco Arthur Scherbius ottenne il brevetto e nel 1923 iniziò a vendere la prima versione commerciale prodotta dalla sua impresa, la Scherbius & Ritter. La macchina, benché producesse efficacemente messaggi di fatto indecifrabili, costava troppo. La marina tedesca, però, aveva scoperto che tra i motivi della sconfitta nella 1ª guerra mondiale aveva avuto un peso anche il fatto che gli inglesi fossero in grado di decrittare i dispacci dell’ammiragliato grazie alla cattura dei codici nell’affondamento di un incrociatore tedesco. Si preoccuparono pertanto di dotarsi di un sistema più evoluto e sicuro, e fecero perciò produrre da Scherbius una versione modificata di Enigma, più potente di quella commerciale. Nel 1929 il dispositivo venne acquisito anche dall’esercito e, in seguito, venne ampiamente utilizzato da tutti i corpi militari e dalle gerarchie naziste. Venivano cifrati anche i bollettini meteo, e questo si dimostrò uno dei talloni d’Achille che consentirono agli alleati di decifrare i codici.

Enigma-G

wikipedia.org

Come si vede bene nella foto sopra, la macchina Enigma assomiglia abbastanza a una macchina per scrivere portatile. Ha però, sopra la tastiera, un pannello in cui al posto dei tasti ci sono delle lettere luminose che si accendono quando si preme un tasto sulla tastiera sottostante: la sequenza delle lettere che si illuminano è il messaggio cifrato (e su una macchina configurata allo stesso modo, battendo il messaggio cifrato si ottiene quello in chiaro).

Rotore

wikipedia.org

Il processo di cifratura si basa su tre “rotori” operanti a cascata, con 26 contatti disposti a cerchio su ogni lato. A ogni contatto sul lato A corrisponde una lettera dell’alfabeto, e il contatto è cablato a un diverso contatto sul lato B. La pressione di un tasto chiude un circuito, porta la corrente a un contatto sul lato A del primo rotore e di lì al corrispondente contatto del lato B. Questo a sua volta “tocca” un contatto sul lato A del secondo rotore, e così via. Inoltre, ogni rotore scatta di un “passo” a ogni pressione di tasto, cosicché la pressione dello stesso tasto 2 volte è cifrato in 2 lettere diverse.

Come funziona Enigma

wikipedia.org

Nei modelli più evoluti il numero di rotori fu aumentato e fu introdotto un pannello (plugboard) per scambiare tra loro dieci lettere con altre dieci a scelta prima dell’ingresso nel primo rotore.

Plugboard

wikipedia.org

I settaggi venivano cambiati ogni giorno secondo una procedura accurata e rigidissima:

  1. Prendere i tre rotori da usare per quel dato giorno;
  2. Inserirli nella macchina nell’ordine indicato (Walzenlage);
  3. Regolare gli anelli dei rotori sulla tripletta di lettere indicate nella chiave enigma di quel giorno (Ringstellung);
  4. Configurare le spine di scambio lettere come stabilito dalla chiave enigma di quel giorno (Steckerverbindungen).

Il controspionaggio britannico era a conoscenza dell’esistenza della macchina Enigma e ne aveva comprato un modello “commerciale” sul mercato tedesco già nel 1927. Dilly Knox, uno studioso di lettere classiche che lavorava sulla crittografia fin dalla 1ª guerra mondiale, ci si era applicato seriamente, ma i suoi progressi erano limitati dall’impossibilità – la distanza era troppa – di captare messaggi cifrati scambiati dai tedeschi.

Ma quando i nazisti tedeschi e i fascisti italiani intervennero a favore di Franco nella guerra civile spagnola, nel 1936, dotarono le forze franchiste di due dozzine di macchine Enigma modificate, per garantire la sicurezza delle comunicazioni.

Se ne era persa traccia fino a pochi anni fa, quando fortuitamente un ufficiale spagnolo aprì una stanza “segreta” del Ministero della difesa a Madrid. “Era coperta da segreto, e perciò non c’era entrato nessuno,” avrebbe affermato Felix Sanz, direttore dei servizi segreti spagnoli (permettetemi di non crederci).

Fu grazie a queste macchine – la Spagna era abbastanza vicina da consentire di intercettare le comunicazioni cifrate – che Dilly Knox poté fare importanti progressi: secondo Tony (uno storico che lavora al GCHQ e preferisce, secondo copione, conservare l’anonimato) già nell’aprile del 1937 Knox riuscì a decifrare il primo messaggio in codice.

È questo pezzo della storia che era ignoto fino a pochi giorni fa.

Il resto invece è noto:

  • Il progresso delle nuove macchine Enigma a uso militare e soprattutto l’introduzione del plugboard diedero nuovamente un vantaggio ai tedeschi.
  • I francesi avevano avuto da un “traditore” tedesco, Hans-Thilo Schmidt, due manuali di Enigma (Gebrauchsanweisung für die Chiffriermaschine Enigma e Schlüsselanleitung für die Chiffriermaschine Enigma) ma non avevano ritenuto prioritario lavorarci su (penso che il controspionaggio francese dell’epoca fosse diretto dall’Ispettore Clouseau).
  • L’Ufficio cifra polacco (Biuro Szyfrów), un po’ più preveggente, chiese e ottenne il materiale dai francesi e investì del problema il matematico Marian Rejewski dell’Università Poznań, che per decrittare i messaggi cifrati progettò una macchina apposita, la Bomba.
  • Quando i tedeschi fecero un ulteriore passo in avanti, alla vigilia dell’invasione, il progetto fu trasferito agli inglesi che misero insieme la base di Bletchley Park e, con l’aiuto di Alan Turing, riprogettarono la Bomba e nel 1944, introdussero l’elaboratore Colossus.

Sulle spalle dei giganti: un aggiornamento

Grazie a Il barbarico re, ecco le vetrate della Cattedrale di Chartres di cui avevamo detto questo:

Nel transetto meridionale della Cattedrale di Chartres (ho cercato la foto ma non l’ho trovata), proprio sotto il rosone, quattro vetrate lunghe e strette rappresentano visivamente il concetto: i 4 evangelisti (Matteo, Marco, Luca e Giovanni) sono seduti sulle spalle di 4 giganteschi profeti dell’Antico testamento (Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele) ma, per quanto più piccoli, hanno potuto vedere meglio e riconoscere il Messia grazie alle parole e profezie dei loro giganteschi predecessori.

Cattedrale di Chartres, vetrate del transetto sud

wikipedia.org

L’uomo uccello era una bufala

Ha fatto il giro della rete ed è stato visto 3 milioni di volte in poche ore il video dell’olandese Jarno Smeets che vola in un parco de L’Aja per un centinaio di metri sbattendo le ali come un uccello. Gizmodo, Wired, Time avevano tutti abboccato.

Troppo bello per essere vero. E infatti.

Molti esperti di effetti speciali e di computer graphics avevano sospettato il falso. Poi Wired aveva scoperto che il profilo di Smeets su LinkedIn non era vero: nessun laureato in ingegneria meccanica con quel nome all’Università di Coventry, nessun Jarno Smeets compare come impiegato nei libri paga delle aziende citate nel curriculum.

Poi l’ammissione nell’intervista andata in onda nella trasmissione televisiva “De Wereld Draait Door” (“Il mondo continua a girare”), Floris Kaayk (il vero nome di Smeets, anche se sembra ancora più falso) ha ammesso di essere un regista e di aver creato il video come “storytelling online”.

Storytelling online! Ve l’avevo detto, io, di tenere occhi e orecchie ben aperti.

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Il rendimento dei BTP decennali sfonda nuovamente il 5% – FT.com

Torna lo spauracchio della crisi europea. E l’Italia torna al centro delle preoccupazioni. Lo segnala il Financial Times:

Spain’s borrowing costs back above 5.5% – FT.com

Spain’s borrowing costs rose above 5.5 per cent for the first time since January as investors fretted about another escalation of the eurozone crisis amid signs of further economic weakening even in Germany.

Investors, already nervous about Madrid’s deficit and weak growth prospects, pushed Spain’s benchmark 10-year bond yields up 14 basis points to as high as 5.53 per cent. Italy’s borrowing costs also rose with the yield on its 10-year bond breaking through 5 per cent.

Markets have been calmed in recent weeks by the European Central Bank’s cheap loans for lenders, known as the longer-term refinancing operation. But some investors are now becoming nervous that the impact of the two LTROs is already wearing off.

Mario Draghi

wikipedia.org

Marc Chandler, currency strategist at Brown Brothers Harriman, noted Italian 10-year yields have fallen 180bp so far this year while Spain’s have risen by 39bp.

“That is after two LTROs,” he said. “That definitely concerns me. When the bonds rally it helps the banks’ balance sheets. But when yields start rising it hurts the banks even more. It is a vicious circle.”

The economic fate of Spain and Italy is both viewed as central to assessing whether the eurozone debt crisis – quiet since Greece’s default earlier this month – could re-erupt. Investors worry that weak growth, not just in Italy and Spain but across the rest of the eurozone, could be the spark to reignite the crisis, despite some European politicians’ claims that it was largely over.

Eurozone purchasing managers’ indices, released on Thursday for March, suggest weakening growth prospects across the continent with an unexpectedly strong decline in Germany, the powerhouse of the eurozone.

Investors have started to focus on Spain again this year after its budget deficit overshot targets last year and the government proposed to cut it less than it had agreed with European authorities for 2012.

After Portugal’s bailout a year ago, markets expected Spain to be next in line. But partly due to Italy’s high debt burden and the stumbling performance of its former prime minister Silvio Berlusconi, investors turned their sights on Rome first.

Now investors are back to worrying about Madrid with concerns ranging from its extremely high youth unemployment rate to its troubled banking sector and high budget deficit.

“Spain is a problem still,” said a fund manager at one large bond investor. “Maybe it doesn’t flare up for a while but it is hard to see it just muddling through forever: the numbers, particularly on unemployment, are just too bad.”

Investors sought haven bond assets on Thursday with German 10-year Bund yields falling 7bp to 1.91 per cent.

Un articolo che nega il rapporto tra HIV e AIDS: un aggiornamento

Abbiamo dato conto della vicenda in un post dal titolo “Una rivista scientifica italiana pubblica un articolo che nega il rapporto tra HIV e AIDS“.

Ora Nature (“Inquiry launched over AIDS contrarian’s teaching“) racconta ulteriori sviluppi della vicenda: l’Università di Firenze ha avviato un’indagine sul professor Ruggiero (quello che sostiene che l’AIDS si cura con lo yogurt probiotico, se avete letto la prima puntata).

L’8 febbraio 2012 HIVForum.info, un gruppo di pressione, ha scritto una lettera aperta in cui manifesta “estrema preoccupazione per la disattenzione con cui l’Università di Firenze appare affrontare le teorie insegnate e le attività poste in essere dal professor Marco Ruggiero, ordinario presso il Dipartimento di Patologia e Oncologia Sperimentali” sul tema “dell’HIV quale causa dell’AIDS.”

Mario Ruggiero

nature.com

Ben consapevoli della protezione che l’articolo 33 della Costituzione della Repubblica italiana offre alla libertà di ricerca e d’insegnamento, gli estensori della lettera aperta ritengono che “per non svilire l’importanza della libertà accademica, sia necessario che il metodo scientifico trovi sempre rigorosa applicazione” e informano di avere scritto al Rettore dell’Università di Firenze per chiedergli “di dissociare pubblicamente e nella maniera più netta l’istituzione da lui guidata da questa cattiva scienza.”

Secondo quanto afferma ora Nature, il rettore, dell’Università di Firenze prof. Alberto Tesi, ha dato risposta alla lettera il 29 febbraio, incaricando una commissione speciale interna di valutare “responsabilità e comportamenti nell’insegnamento” del biologo molecolare Marco Ruggiero.

Il portavoce dell’Ateneo Duccio Di Bari ha dichiarato a Nature che la commissione – che condurrà le sue audizioni a porte chiuse e che sanzionerà internamente ogni eventuale comportamento reprensibile – è formata da Elisabetta Cerbai (prorettore alla ricerca scientifica), Paola Bruni (professore ordinario di biochimica), Sergio Romagnani (professore emerito di immunologia) e Massimo Benedetti (responsabile dell’area ‘Affari generali, contenzioso e relazioni esterne’). La commissione “esaminerà se il comportamento del professor Ruggiero rispetta le linee-guida istituzionali sui contenuti dell’insegnamento e aderisce agli obiettivi del curriculum ufficiale delle scienze biologiche.” La conclusione dei lavori della commissione è attesa per il prossimo 15 aprile.

Dal canto suo, il professor Ruggiero si è dichiarato fiducioso nelle decisioni dell’ateneo fiorentino, simbolo della libertà di ricerca e d’insegnamento fin dai tempi di Galileo Galilei.