Un attore di teatro, spesso in senso spregiativo (“attore di scarso valore di mediocri capacità che recita con enfasi eccessiva per suscitare facili emozioni” – De Mauro online).
È una delle pochissime parole che deriva dall’etrusco (hister, forse con riferimento a una provenienza dall’Istria dei primi saltimbanchi) per il tramite del latino. Pare che poiché il popolo romano non comprendeva l’etrusco, gli istrioni fossero costretti a mimare esageratamente l’azione teatrale per farsi comprendere (a me non pare credibile, però).
L’istrione era anche una canzone di Charles Aznavour (che a me non è mai piaciuta). Sul lato B c’era Com’è triste Venezia (appena un po’ meglio).
mercoledì, 9 aprile 2008 alle 9:58
Parlando di teatro “istrione” spesso è associato a “mattatore”. Se li riferiamo a Gassman o a Buazzelli questi termini assumono un significato positivo. Ma, tolti loro, questa recitazione di scuola italiana – imitata in modo dissacrante da Cremona, uno dei comici di Zelig quando fa l’attor giovine – è una delle ragioni per cui i nostri teatri sono vuoti. Una mano sulla fronte, lo sguardo verso il basso, una gamba piegata in avanti, la voce tonante e impostata: quanto siamo lontani dal modo semplice, pacato ed efficace in cui Eduardo esprime il dramma nelle sue commedie e, ad altre latitudini, da Sir Olivier in “Torna a casa piccola Sheeba”.