Il viaggiatore notturno

Maggiani, Maurizio (2005). Il viaggiatore notturno. Milano: Feltrinelli. 2005.

Di Maggiani avevo letto La regina disadorna (1998) e Il coraggio del pettirosso (1995). Entrambi mi erano molto piaciuti: il primo con qualche riserva (un fantastico e avvincente intrico di storie, ben raccontate e ben costruite, ma al prezzo di qualche perdita di compattezza), il secondo una saga compatta e di ampio respiro.

Questo, che non a caso è rimasto a lungo sullo scaffale prima che mi decidessi ad affrontarlo, mi è sembrato il libro di uno scrittore in crisi, o forse semplicemente in difficoltà. Devo dire che all’inizio ho avuto un moto di ripulsa. A cominciare dal modo come è scritto, per frasi iterate, troppo liriche, spesso sopra le righe. Per l’ambientazione nel deserto roccioso dell’Hoggar: èccone un altro, mi sono detto, che ci viene a raccontare il mito del deserto e la purezza originaria dei Tuareg (anche se qui sono i Tagil). Non ne possiamo più, da Il tè nel deserto di Paul Bowles e di Bernardo Bertolucci, di questa riproposizione novecentesca del buon selvaggio!

Poi il libro cresce, anche se forse non spicca mai il volo. Le pagine sul massacro di Tuzla sono bellissime, tragicamente bellissime.

Altrettanto bello (anche se forse inspiegabile!) il Charles de Foucauld apocrifo.

Molto, ma molto più sconcertante è che Maggiani citi, alla fine del romanzo, un racconto di Jack London che io amo tantissimo (al punto di averlo messo qui sul blog): soltanto, il riassunto che ne fa Maggiani parla di un’altra storia. Non ha proprio nulla a che fare con quel racconto. Qualcuno sa spiegarmi il mistero? Forse è tutto uno scherzo? Forse London è apocrifo e invece sono le citazioni di Foucauld a essere tutte autentiche e citate alla lettera?

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