Due i significati principali:
- in oreficeria, unità di misura usata per calcolare quanto oro puro è contenuto in ventiquattro parti di lega: oro a 20 carati, a 18 carati;
- in gioielleria, unità di misura di massa per le pietre preziose: uno smeraldo di dieci carati (De Mauro online).
Il termine ha altri significati meno frequenti. Nel diritto, e in particolare nel diritto della navigazione, ciascuna delle ventiquattro quote ulteriormente frazionabili in cui, per tradizione internazionale, si divide la proprietà di una nave mercantile; per estensione, la quota di proprietà di un bene comune indivisibile o di un’impresa. In farmaceutica, è un’unità di misura.
La parola ha un’origine curiosa. La parola deriva dall’arabo qīrāṭ (قيراط “ventiquattresima parte”), a sua volta derivante dal greco kerátion (κεράτιον), diminutivo di keras (κέρας) “corno”. Il termine designava la siliqua del carrubo, i cui semi si credeva nell’antichità avessero un peso estremamente uniforme, di circa 1/5 di grammo.
Già dall’epoca classica il carato è stato utilizzato per la pesatura di quantità molto piccole e tuttora rimane l’unità di misura ponderale dei diamanti, delle pietre preziose in genere e delle perle. Il carato fu definito con precisione nel 1832 in Sudafrica, il luogo di maggior produzione ed esportazione di diamanti del mondo, dove ne fu stabilita la connessione con il sistema metrico decimale: pesando con una bilancia a braccia uguali più semi di carruba ed eseguendo poi la media aritmetica dei valori ottenuti ne derivò un valore pari a circa 0,2 grammi. Successivamente la quarta Conférence générale des poids et mesures del 1907 adottò come valore del carato (detto carato metrico) il peso esatto di 0,200 grammi.

Per quanto riguarda le leghe d’oro il termine carato assume una accezione differente dall’unità di misura ponderale propria delle gemme e delle perle, mutandosi nello standard proporzionale di misura della “purezza” che quantifica le parti d’oro in una lega su base 24/24. Nel caso delle leghe d’oro dunque un “carato” equivale a una parte d’oro su un totale di 24 parti di metallo costituente la lega. Ne deriva, ad esempio, che la dicitura 18 carati sta a indicare che la lega è costituita da 18 parti d’oro fino e 6 parti di altri metalli e viene abbreviato con le sigle ct o kt o prevalentemente con la sola k spesso affiancata al numero senza alcun spazio intermedio, ad esempio 18k. L’oro di massima purezza è dunque a 24 carati (24 parti d’oro “fino” su 24 totali) e si indica con la sigla 24k.
