Wright, Robert (1994). The Moral Animal: Why We Are the Way We Are: The New Science of Evolutionary Psychology. London: Abacus. 2008.

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Il libro è stato scritto 15 anni fa, e mostra qualche crepa. Va detto, però, che Wright è un bravo divulgatore, che scrive in modo semplice e diretto, senza sfuggire (in genere) alla controversia.
Avevo letto, qualche anno fa, Nonzero: The Logic of Human Destiny, un libro che – partendo dal concetto di “giochi non a somma zero”, un concetto della teoria dei giochi – ha avuto il merito, a mio parere, di reintrodurre il concetto di “progresso” nel dibattito scientifico e culturale.
Questo saggio, letto oggi, è meno sorprendente e meno controverso e, tutto considerato, meno riuscito. L’obiettivo di Wright è quello di rendere conto di quanto il neo-darwinismo ha da dire su argomenti quali la sessualità umana, la famiglia, la società, l’altruismo e la religione. Nel leggerlo, occorre tenere presente la virulenza con cui le idee neo-darwiniste e la socio-biologia furono avversate, soprattutto negli Stati Uniti e soprattutto dall’opinione pubblica e accademica di sinistra. All’epoca (adesso le cose sono un po’ cambiate, negli Stati Uniti e anche un po’ da noi) il campo era chiaramente definito: a sinistra, l’ideologia prevalente era quella del “modello standard delle scienze sociali”, secondo il quale non esiste una “natura umana” e gli individui e la società sono infinitamente malleabili dalla “cultura”; il darwinismo, applicato alla psicologia e alla sociologia, era immediatamente assimilato al “darwinismo sociale” della fine dell’Ottocento e bollato come ideologia di destra.
Wright, uomo della sinistra liberale statunitense (è un giornalista di The New Republic), vuol mostrare come il neo-darwinismo non sia uno strumento ideologico della conservazione e come sia necessario fare i conti, senza negarli a priori, con i risultati dei progressi della scienza nella comprensione dei meccanismi psicologici, sociali e morali che guidano il comportamento umano.
Il libro è molto ambizioso, e ha pretese di esaustività, il che non gli giova. Dove (all’epoca) le ricerche scientifiche avevano fatto più progressi (ad esempio, nella spiegazione della sessualità umana), le argomentazioni di Wright sono più convincenti. Dove invece, come nei campi della morale e della religione, il dibattito scientifico era all’epoca meno progredito, l’argomentare di Wright si fa più speculativo e meno convincente.
Anche l’espediente utilizzato da Wright come collante del libro – seguire le vicende della biografia di Darwin come esempio dello sviluppo del pensiero evoluzionistico, come ontogenesi che ripercorre la filogenesi – non è sempre riuscito. Alla fine, si resta con la sensazione che a volte la materia del libro, per un’esigenza di completezza, sia “spalmata” in modo troppo superficiale sulle 400 pagine del testo.
Una lettura che vale comunque la pena, anche se oggi sono disponibili sintesi più aggiornate e più godibili (ad esempio, The Blank Slate: The Modern Denial of Human Nature di Steven Pinker).
Attualmente, Wright è attivo in due avventure molto interessanti, che vi suggerisco di andarvi a vedere:
- Bloggingheads.tv, un video blog che si occupa di politica, filosofia e scienza, in cui si presenta il dialogo registrato su webcam di due persone che discutono.
- Meaningoflife.tv, un sito di interviste di Wright a pensatori e autori contemporanei su temi filosofici e religiosi.
domenica, 22 aprile 2012 alle 19:49
[…] una sua opera precedente (The Stuff of Thought), sia accennando di sguincio a The Blank Slate nella recensione di The Moral Animal di Robert Wright, sia – di recente – parlando dell’influenza che Robert Trivers ha avuto su di lui (The […]