Oggi i leggendari studi di registrazione di Abbey Road, immortalati sulla copertina dell’omonimo album dei Beatles, compiono 80 anni.

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Se mi è consentito un ricordo personale, ho ascoltato per la prima volta il disco nelle cabine del negozio di Ricordi all’inizio di via Montenapoleone (dalla parte di piazza San Babila), l’ultimo sabato di settembre o il primo di ottobre del 1969. Ero tornato da poco dalle vacanze e la scuola (prima classico, anzi seconda, come mi fa notare il mio biografo ufficiale) stava per iniziare o era appena cominciata. Ero in piena fase prog e Abbey Road mi sembrò la cosa più avanzata che i Beatles (di cui ero un fan sfegatato) avessero fatto: c’era persino un Moog (in Because, mi pare). L’attacco di Come Together era folgorante.
L’edificio degli studi, in realtà, non si vede sulla copertina dell’album: è nascosto dietro gli alberi sulla sinistra, dietro il “maggiolino” bianco.
Fine della digressione. Appresi molti anni dopo che gli studi di Abbey Road erano un pezzo fondamentale della storia della musica “seria” (in mancanza di un altro termine più preciso, capiamoci così). Era stato il regno del leggendario Walter Legge (un famoso produttore della EMI, fondatore nel dopoguerra della della Philharmonia Orchestra a lungo diretta da Herbert von Karajan, nonché scopritore e poi marito del grandissimo soprano Elisabeth Schwarzkopf).

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L’edificio, nato come casa d’abitazione georgiana intorno al 1830, fu trasformato in studio di registrazione dalla Gramophone, che anni dopo, fondendosi con un’altra casa, divenne la EMI. Le sale di registrazione erano più di una, e i Beatles (e gli altri gruppi) registravano nello Studio 2. La casa accanto agli studi, sempre di proprietà della casa discografica, era adibita a foresteria per i musicisti. Quando alcuni anni fa gli studi furono chiusi e l’edificio rischiò di essere demolito, il governo inglese intervenne a tutelarlo inserendo nella lista dell’English Heritage (Grade II).
L’inaugurazione del 12 novembre 1931 fu filmata e sopravvive fino a noi: il compositore Edgar Elgar dirige la sua marcia Pomp and Circumstance No. 1. Niente paura, la riconoscere subito. All’inizio, Elgar dice agli orchestrali della Londo Symphony Orchestra: “Good morning gentlemen. Glad to see you all. Very light programme this morning. Please play this tune as though youve never heard it before.”
domenica, 13 novembre 2011 alle 14:45
Come somiglia al suo autore questa musica! Quei baffi bianchi sono perfetti per questa marcia!