Per coloro che non sono versati nei riti e miti statunitensi, la storia è questa: il quarto giovedì di novembre è una festa molto sentita, quella di Thanksgiving (quella del tacchino e dei padri pellegrini per capirsi: se volete documentarvi potete andare su Wikipedia). Il giorno dopo non è vacanza (anche se in molti casi viene concesso un giorno di riposo e comunque è molto frequente “fare il ponte”) ma è tradizionalmente il primo giorno di shopping natalizio. La traduzione è recente (pare sia nata a Philadelphia nel 1966 e si sia diffusa nel resto degli Stati Uniti verso la metà degli anni Settanta). Ha preso piede l’usanza di aprire i negozi molto presto, di osservare lunghi orari di apertura e di offrire allettanti promozioni.
Venerdì nero soprattutto per il traffico e l’affollamento nei negozi, non certo per le casse dei negozianti, per i quali è più che roseo.
Con l’avvento dell’e-commerce, le occasioni di sconto si sono estese, e per questa via sono disponibili anche in Italia. Facile prevedere che diventerà una moda anche da noi, come è già accaduto per l’indigeribile Halloween.
Come spesso accade negli States, la mania del Black Friday è ormai fuori controllo. L’articolo di Salon che vi segnalo si satireggia un po’.
Black Friday: Consumerism minus civilization – Black Friday – Salon.com
There is a point in our culture beyond which camp and kitsch no longer make the least ironic sense, where consumerism loses its last mooring to civilization, where even seemingly legitimate protest devolves into farce. That point is Black Friday.

Wikipedia.org
[Naturalmente io ne ho approfittato e una cosa me la sono comprata…]
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