Deiscènte: “di frutto o altro organo vegetale, capace di aprirsi spontaneamente liberando semi, polline o spore” (De Mauro online).
Dal latino de (da, via da) e hiscere (spaccarsi in due, forma incoativa di hiare – la stessa radice di iato).
Si definiscono deiscenti i frutti che a maturità si aprono spontaneamente per far fuoriuscire i semi (per esempio sono deiscenti i frutti del castagno e del melograno). Si dicono indeiscenti i frutti che a maturità non si aprono spontaneamente per liberare i semi, e che permangono fino alla germinazione o si distruggono per marcescenza (Wikipedia).
Alcuni frutti deiscenti sono molto belli per la geometria dell’apertura: ad esempio, quello comunissimo del pitòsforo. Qui sotto vedete il frutto prima chiuso e poi aperto (i semi rossi sono appiccicosi, e il nome greco significa appunto “seme di pece”).
In alcuni casi la deiscenza è spettacolare, come nel cocomero asinino (Ecballium elaterium):
È una pianta tipica dei paesi mediterranei, originaria dalle regioni aride dell’Africa settentrionale. In antichità è stata usata da Egizi, Greci e Romani come purgante drastico. Chiamata anche elaterio o sputaveleno, è alta 20-40 cm e cresce nei terreni incolti, ai margini dei campi, un po’ ovunque nelle regioni peninsulari litoranee e nelle isole. È una pianta erbacea perenne, strisciante, dotata di un fusto prostrato, coperto di pelli ruvidi. I fiori di color giallastro, venati di verde, simili a quelli del melone, sono situati all’ascella delle foglie. È molto caratteristica per questa pianta la modalità con cui avviene il distacco del frutto. A maturazione avvenuta, infatti, i gas presenti all’interno del frutto raggiungono una pressione critica ed il frutto stesso, simile ad una grossa ghianda verde, si stacca bruscamente dal pedunculo, spontaneamente o al minimo contatto; i semi e la sostanza mucillaginosa in cui sono contenuti vengono spruzzati a distanza, mentre la capsula vuota viene lanciata in direzione opposta per reazione.
Il quadro tossicologico, causato sia dalla ingestione che dal contatto cutaneo con la pianta, è costituito dai sintomi di una violenta gastroenterite: nausea vomito e diarrea muco-sanguinolenta.
martedì, 22 Maggio 2007 alle 17:26
Un trucco per essere sicuri di mangiare un melone buono è quello di prenderlo con la buccia “crepata” (lo zucchero straborderebbe a conferma della zuccherinità). Si può dire “deiscente” del melone?