Un amore splendido

Un amore splendido (An Affair to Remember), 1957, di Leo Mc Carey, con Cary Grant e Deborah Kerr.

C’è in edicola un cofanetto di 5 DVD con film con Cary Grant. L’ho comprato perché costava poco e ci sono anche Sospetto e Arsenico e vecchi merletti.

Cary Grant è uno dei protagonisti di 54 dei Wu Ming e da quando ho letto il libro (che si può scaricare legalmente dalla rete), che mi è molto piaciuto, sono particolarmente incuriosito da lui e dai suoi film.

Il film è mielosissimo. Comincia come una sophisticated comedy e finisce come un polpettone strappalacrime intriso di buoni sentimenti. Eppure, all’inizio, sembrava che Terry McKay (Deborah Kerr) riuscisse a tener testa in cinismo a Nickie Ferrante (Cary Grant):

Nickie Ferrante: But you have such an honest face.
Terry McKay: I have?
Nickie Ferrante: I can trust you can’t I?
Terry McKay: Yes, I suppose so.
Nickie Ferrante: Good, come with me.
Terry McKay: Yes, but the Captain has an honest face too! Why can’t you tell him your troubles?

Se lo vedete, poi lavatevi bene i denti, altrimenti la carie è garantita. Già i titoli di testa sono in rosa: dovevo capirlo da lì.

Eppure, la storia è tanto piaciuta agli americani che questo è già il remake di un film del 1939 (dello stesso regista, con Charles Boyer come protagonista) e che ha avuto a sua volta un remake nel 1994 (con Warren Beatty e Annette Bening).

Inutile dire che Cary Grant e Deborak Kerr recitano benissimo.

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Famiglia e famiglia

Ho l’impressione che il dibattito corrente sarebbe molto più pacato e che parecchie centinaia di migliaia di persone avrebbero visitato Roma più serenamente se l’italiano avesse due termini separati, e non uno solo, per denotare due significati diversi del termine “famiglia”.

Mi spiego subito. In inglese, ad esempio, ci sono due parole, family (secondo il Merriam-Webster online: “a group of individuals living under one roof and usually under one head”; e anche: “the basic unit in society traditionally consisting of two parents rearing their children; also: any of various social units differing from but regarded as equivalent to the traditional family”) e household (“those who dwell under the same roof and compose a family; also : a social unit composed of those living together in the same dwelling”).

Wikipedia si diffonde sull’argomento un po’ di più:

A family consists of a domestic group of people (or a number of domestic groups), typically affiliated by birth or marriage, or by analogous or comparable relationships — including domestic partnership, adoption, surname and (in some cases) ownership (as occurred in the Roman Empire).

In many societies, family ties are only those recognized as such by law or a similar normative system. Although many people (including social scientists) have understood familial relationships in terms of “blood”, many anthropologists have argued that one must understand the notion of “blood” metaphorically, and that many societies understand “family” through other concepts rather than through

Article 16(3) of the Universal Declaration of Human Rights says: “The family is the natural and fundamental group unit of society and is entitled to protection by society and the State”.

Quanto a household:

The household is the basic unit of analysis in many microeconomic and government models. The term refers to all individuals who live in the same dwelling.

Most economic models do not address whether the members of a household are a family in the traditional sense. Government and policy discussions often treat the terms household and family as synonymous, especially in western societies where the nuclear family has become the most common family structure. In reality, there is not always a one-to-one relationship between households and families.

Questo dovrebbe permettere un po’ di chiarezza.

Quando si dice che la nostra Costituzione (art. 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”) dà rilevanza costituzionale alla famiglia, sta – secondo me – parlando chiaramente della family. Non è un caso, a parer mio, che riecheggi l’articolo 16(3) della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che è coeva della nostra Costituzione. Gli antropologi, probabilmente, hanno molto da ridire sul concetto di “società naturale fondata sul matrimonio” (la Dichiarazione universale sui diritti dell’uomo è un po’ più prudente).

Rispetto al dibattito corrente mi permetto due commenti:

  1. parlare di “società naturale” non equivale a richiamare il diritto naturale; un formicaio è una società naturale, ma la filosofia del diritto non c’entra niente;
  2. limitare la famiglia a quella “fondata sul matrimonio” probabilmente non è stata una buona idea; ma è certo che non c’è scritto “matrimonio concordatario”. L’articolo 29 della Costituzione prosegue così: “Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. Tradotto in italiano: la Costituzione rinvia alla legge ordinaria il compito di regolamentare giuridicamente il matrimonio, dando due direttive: una a tutela degli individui (eguaglianza morale e giuridica dei coniugi) e una a tutela dell’unità familiare. Giusto per polemica: la prima direttiva è stata ampiamente disattesa per 27 anni, fino alla riforma del diritto di famiglia del 1975. A essere pignoli e fedeli allo spirito e alla lettera della Costituzione, sarebbe opportuno modificare le norme sul matrimonio per meglio tutelare le nuove forme di famiglia: il contrario della strada intrapresa dai Dico, che tutelerebbero soltanto i diritti dei singoli!

Household è invece un’unità economico-statistica. Quando parliamo, ad esempio, di reddito familiare o di famiglie che non arrivano alla fine del mese (altro argomento del dibattito) ci riferiamo a questa accezione.

Riporto qui sotto alcune definizioni statistiche:

  1. One person or a group of people who have the accommodation as their only or main residence and for a group, either share at least one meal a day or share the living accommodation, that is, a living room or sitting room (Regno Unito, Office for National Statistics).
  2. A household includes all the persons who occupy a housing unit. A housing unit is a house, an apartment, a mobile home, a group of rooms, or a single room that is occupied (or if vacant, is intended for occupancy) as separate living quarters. Separate living quarters are those in which the occupants live and eat separately from any other persons in the building and which have direct access from the outside of the building or through a common hall. The occupants may be a single family, one person living alone, two or more families living together, or any other group of related or unrelated persons who share living arrangements. (People not living in households are classified as living in group quarters.) (Stati Uniti, Census Bureau).

Lo vedete il casino comportato dalla poca chiarezza? Quando si parla di politiche – ad esempio di politiche economiche, come l’accesso alla sanità o all’asilo-nido – o di diritti economici e patrimoniali – ad esempio il diritto ereditario o la reversibilità della pensione – secondo me il concetto rilevante è quello di household. Perché infilarsi nel ginepraio del diritto naturale, della famiglia con la F maiuscola, dei rapporti tra Stato e chiesa eccetera? Oppure è una confusione voluta che nasconde anche interessi economici?

E l’Istat, si chiederà qualcuno di voi, distingue tra le due accezioni del termine famiglia? Non tanto, temo. La definizione che si trova sul loro Glossario è questa: “Insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune (anche se non sono ancora iscritte nell’anagrafe della popolazione residente del comune medesimo). Una famiglia può essere costituita anche da una sola persona. L’assente temporaneo non cessa di appartenere alla propria famiglia sia che si trovi presso altro alloggio (o convivenza) dello stesso comune, sia che si trovi in un altro comune. La definizione di famiglia adottata per il censimento è quella contenuta nel regolamento anagrafico”.

Nel Glossario delle pubblicazioni tematiche sulle famiglie e le condizioni sociali (ad esempio, questa) si introduce però una differenza tra famiglia e nucleo: “la famiglia è costituita dall’insieme delle persone coabitanti legate da vincoli di matrimonio o parentela, affinità, adozione, tutela o affettivi”; “il nucleo è l’insieme delle persone che formano una coppia con figli celibi o nubili, una coppia senza figli, un genitore solo con figli celibi o nubili”. E si aggiunge: “una famiglia può coincidere con un nucleo, può essere formata da un nucleo più altri membri aggregati, a più nuclei (con o senza membri aggregati), o da nessun nucleo (persone sole, famiglie composte ad esempio da due sorelle, da un genitore con figlio separato, divorziato o vedovo, eccetera)”. Non è facile, ma sembra di capire che il nucleo approssima il concetto di family, e la famiglia quello di household. But not quite. Se qualcuno ne sa di più, mi aiuti.

Scomunica

Se ne parla molto in questi giorni, e per lo più a vanvera, come accade in genere quando il chiacchiericcio è alimentato da giornalisti e “opinionisti” che si fanno un punto d’onore del non documentarsi mai e dell’occultare i fatti e qualunque altro elemento dotato di una qualche oggettività e verificabilità (e poi, nella maggior parte dei casi, tuonano contro il relativismo).

Secondo Wikipedia: “La scomunica è un atto legale della chiesa cristiana che implica vari gradi di esclusione di un suo membro dalla comunità dei fedeli a causa di gravi ed ostinate infrazioni alla morale e/o alla dottrina riconosciuta. Il termine scomunica appare per la prima volta in documenti ecclesiastici nel quarto secolo. Nel quindicesimo secolo si comincia a fare una distinzione fra coloro che devono essere allontanati a causa di gravi errori (i vitandi), e quelli che possono essere tollerati (i tolerati, che dovevano essere solo rigidamente esclusi dai sacramenti). […] Nell’ambito del diritto canonico cattolico , la scomunica è la più grave delle pene che possa essere comminata a un battezzato: lo esclude dalla comunione dei fedeli e lo priva di tutti i diritti e i benefici derivanti dall’appartenenza alla Chiesa, in particolare quello di amministrare e ricevere i sacramenti. La scomunica è una delle tre censure ecclesiastiche previste dal diritto canonico: le altre censure sono l’interdetto e la sospensione a divinis (quest’ultima può essere inflitta solo ai chierici). La scomunica può essere inflitta solo a una persona fisica, laica o ecclesiastica, non a enti e confraternite, e cessa con l’assoluzione che può e deve essere data non appena lo scomunicato si pente sinceramente della colpa commessa.”

Alcune considerazioni:

  1. Il processo di “giuridicizzazione” della fede cristiana è un processo storico, estraneo alla chiesa delle origini (che, anzi, reagiva ai minuziosi elenchi di norme dell’ebraismo – andatevi al leggere sulla Bibbia il Levitico! –: Gesù dice che il sabato è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato), probabilmente scaturito dall’incontro con il diritto romano;
  2. Il processo di “codificazione” è ancora più recente: il Codex Iuris Canonici è stato promulgato nel 1917 da papa Benedetto XV (data e nome del papa sono evocativi, vero?). Una versione riformata, fortemente voluta da papa Giovanni XXIII e ispirata ai principi del Concilio Vaticano II, è stata promulgata nel 1988. Sul web è disponibile il testo integrale, con strumenti di ricerca veramente ben fatti.
  3. La scomunica è l’effetto di una sentenza giuridica.
  4. La scomunica è sempre inflitta a una persona.
  5. Nel diritto canonico c’è un principio generale: “Ogni battezzato, il quale non ne abbia la proibizione dal diritto, può e deve essere ammesso alla sacra comunione” (Canone 912).
  6. L’eccezione al principio è la seguente: “Non siano ammessi alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto” (Canone 915).