Scurati, Antonio (2006). Il rumore sordo della battaglia. Milano: Bompiani. 2006.

images-amazon.com
Ancora una volta il caso, o la serendipity, per dirla più pomposamente.
Non sapevo neppure chi fosse Scurati, finché non ho letto il suo articolo sull’aborto, che mi ha entusiasmato e ho riportato qui sul blog.
Ovvio che mi venisse la curiosità di leggere un suo romanzo. L’ho fatto. Che me penso?
Un romanzo manierista e virtuosistico, eccessivo. Certamente ben scritto.
Non un “bel romanzo”. Da una parte (chissà se Scurati si offende) viene in mente più l’operazione che Evangelisti fa con l’inquisitore Eymerich che quella di Eco ne Il nome della rosa (che Scurati cita esplicitamente nella postfazione) o di Wu Ming in Q. Dall’altra, viene in mente il bellissimo film di Ermanno Olmi, Il mestiere delle armi, che tratta i medesimi temi (l’avvento delle armi da fuoco) con ben altra poesia e profondità.
sabato, 19 aprile 2008 alle 22:09
[…] mi segue sa anche che ho già letto un romanzo di Scurati, Il rumore sordo della battaglia, e che non mi era piaciuto […]
domenica, 12 febbraio 2012 alle 0:44
[…] scrivere questa recensione, mi sono imbattuto (la serendipità, ancora una volta; ma la serendipità è la santa patrona del web) in un sito bellissimo che non […]
venerdì, 5 ottobre 2012 alle 18:27
[…] Uno degli aspetti positivi dell’ignoranza è che, per quanto vaste possano essere le conoscenze dei una persona (e le mie, per quanto variegate, non si possono definire vaste), le possibilità offerte dall’ignoranza sono talmente smisurate da consentire che, da una parte, quello del lifelong learning non sia soltanto uno slogan, ma anche una prospettiva concreta; e, dall’altra, che le strade dell’acquisizione di conoscenza siano, se non infinite, abbastanza numerose da consentirci di raggiungere una nozione nuova da un versante del tutto inaspettato. Quello che si chiama serendipità. […]
mercoledì, 12 marzo 2014 alle 19:39
[…] La tesi di Smith è abbastanza semplice. Per 700 anni – scrive Smith – abbiamo vissuto nell’era del fucile o, se volete, nell’era della fanteria. Immaginate di tornare nel 1400. A quell’epoca, e per molti secoli prima, il campo di battaglia era stato dominato dal cavaliere, un guerriero nobile che aveva dedicato tutta la sua vita a esercitarsi nell’arte della guerra. Immaginatevi la sorpresa di quel cavaliere quando si trovò disarcionato o ferito a morte da un ex-contadino armato di un lungo tubo di metallo e con un addestramento militare di un paio di settimane. Molti libri e film hanno descritto quel cambiamento: mi viene in mente Il mestiere delle armi di Ermanno Olmi, o la battaglia di Ravenna dell’11 aprile 1512, o Il rumore sordo della battaglia di Antonio Scurati (che ho recensito qui). […]