Brunello Baroque Experience

Non è una recensione equanime, quella che segue. Anzi, è molto personale e un po’ faziosa.

Roma, Auditorium, Sala Sinopoli, venerdì 14 novembre 2008, ore 20:30

Mario Brunello
Bach e Vivaldi, Suite e Sonate per Violoncello – I

Brunello Baroque Experience
violoncello: Mario Brunello
cembalo e organo: Roberto Loreggian
violoncello: Francesco Galligioni
arciliuto: Ivano Zanenghi
liuto, tiorba e chitarra barocca: Michele Pasotti

Bach Suite n. 1 in sol maggiore BWV 1007
Vivaldi Sonata in mi bemolle maggiore RV 39
Bach Suite n. 3 in do maggiore BWV 1009
Bach/Vivaldi Concerto in re maggiore BWV 972 dal Concerto op.3 n.9 di A. Vivaldi
Vivaldi Sonata in mi minore RV 40
Bach Suite n. 5 in do minore BWV 1011
Vivaldi Sonata in si bemolle maggiore RV 46

Mario Brunello è un ottimo violoncellista, è una persona simpatica e ha un cognome che fa venire voglia di degustare un grande vino. Ho alcuni suoi dischi e lo vado a sentire volentieri.

Stasera, lo confesso, sono andato con qualche sospetto. Adoro le suite per violoncello solo di Bach (e come non potrei) ma non sopporto Vivaldi.

Quello di stasera si è rivelato, poi, un Vivaldi non minore (Vivaldi, secondo me, è tutto minore), ma minimo.

E non basta: a parte il violoncello di Brunello, nell’ensemble c’erano liuto, arciliuto, tiorba e chitarra barocca. Strumenti antichi. Sempre un po’ striduli e con una gamma espressiva limitata. Per me gli strumenti antichi e le esecuzioni filologiche sono come le sfilate di automobili storiche: gli appassionati si divertano come credono, ma al massimo meritano da parte mia un’occhiata distratta; e non ci farei mai un viaggio di 3 ore. Troppo scomodi e lenti. Viva il progresso. E lo stesso – viva il progresso (e la pensavano così anche i grandi musicisti: Bach scriveva per “tastiera”, non per cembalo, e Beethoven seguiva il progresso tecnologico nella costruzione dei pianoforti) – vale per l’acustica e per i concerti: alla radio, dopo un po’ cambio canale.

Ancora peggio siamo andati con il setting. Le suite di Bach, Brunello le ha eseguite nel buio pressoché assoluto, lui solo illuminato da uno spot. È vero che anche il mio adorato Sviatoslav Richter, negli ultimi anni, suonava con soltanto una lucetta sul piano a illuminargli la musica. Ma lui diceva che era per non distrarre il pubblico con la “bruttezza” della fisicità dell’esecuzione (si considerava anche vecchio e sgraziato), mentre Brunello teneva al buio assoluto noi del pubblico e sé stesso nella luce. L’esatto contrario di Richter, direi. E poi. Perché i concerti di Santa Cecilia si svolgono in una penombra spettrale o, come stasera, nel buio? Qualcuno decide per noi come dobbiamo ascoltare i concerti? E se volessi seguire con la musica sotto gli occhi? E se volessi leggere? Ognuno “fruisce” come crede meglio, o no?

Infine, durante i pezzi in cui suonava l’intera ensemble (l’aborrito Vivaldi) sulla parte anteriore del palcoscenico venivano accese – la grande novità della serata – alcune decine di lampade. Fastidiosissimo. Provate a immaginare. La sala nel buio, le luci sul palco in primo piano, dietro l’ensemble, resa di fatto invisibile dalle luci davanti a loro. Spero fossero almeno lampade a basso consumo, anche se ne dubito. No, ho controllato, il concerto non era sponsorizzato dall’Enel.

2 Risposte to “Brunello Baroque Experience”

  1. d Says:

    brunello è anche un ottimo oratore e divulgatore.

    la musica “antica” (nell’accezione usata in questo post), parafrasando battiato, mi butta giù. e ancora: “A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata, a Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie”. ovviamente non concordo su beethoven…

    e anche per la musica barocca suonata su strumenti “antichi” ci sono diverse eccezioni importanti, prime fra tutte le variazioni goldberg suonate su cembalo.

  2. borislimpopo Says:

    Ok, che ero fazioso l’avevo premesso.
    Sono però d’accordo su quasi tutto, persino sulle Goldberg per cembalo (io stesso ho quelle della Landowska) con l’eccezione di Keith Jarrett che non è il suo mestiere.
    Ne approfitto anche per sottolineare che all’Auditorium romano sono state realizzate tre sale di diversa capienza (800, 1200 e 2700 posti, se non sbaglio) per diverse esigenze artistiche, ma poi non si esita a far suonare il pianoforte solo o i piccoli gruppi (magari con strumenti antichi adatti a suonare in sale palatine) nella sala grande. Quid non mortalia pectora cogis, auri sacra fames.


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