Ho l’impressione che il dibattito corrente sarebbe molto più pacato e che parecchie centinaia di migliaia di persone avrebbero visitato Roma più serenamente se l’italiano avesse due termini separati, e non uno solo, per denotare due significati diversi del termine “famiglia”.
Mi spiego subito. In inglese, ad esempio, ci sono due parole, family (secondo il Merriam-Webster online: “a group of individuals living under one roof and usually under one head”; e anche: “the basic unit in society traditionally consisting of two parents rearing their children; also: any of various social units differing from but regarded as equivalent to the traditional family”) e household (“those who dwell under the same roof and compose a family; also : a social unit composed of those living together in the same dwelling”).
Wikipedia si diffonde sull’argomento un po’ di più:
A family consists of a domestic group of people (or a number of domestic groups), typically affiliated by birth or marriage, or by analogous or comparable relationships — including domestic partnership, adoption, surname and (in some cases) ownership (as occurred in the Roman Empire).
In many societies, family ties are only those recognized as such by law or a similar normative system. Although many people (including social scientists) have understood familial relationships in terms of “blood”, many anthropologists have argued that one must understand the notion of “blood” metaphorically, and that many societies understand “family” through other concepts rather than through
Article 16(3) of the Universal Declaration of Human Rights says: “The family is the natural and fundamental group unit of society and is entitled to protection by society and the State”.
Quanto a household:
The household is the basic unit of analysis in many microeconomic and government models. The term refers to all individuals who live in the same dwelling.
Most economic models do not address whether the members of a household are a family in the traditional sense. Government and policy discussions often treat the terms household and family as synonymous, especially in western societies where the nuclear family has become the most common family structure. In reality, there is not always a one-to-one relationship between households and families.
Questo dovrebbe permettere un po’ di chiarezza.
Quando si dice che la nostra Costituzione (art. 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”) dà rilevanza costituzionale alla famiglia, sta – secondo me – parlando chiaramente della family. Non è un caso, a parer mio, che riecheggi l’articolo 16(3) della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che è coeva della nostra Costituzione. Gli antropologi, probabilmente, hanno molto da ridire sul concetto di “società naturale fondata sul matrimonio” (la Dichiarazione universale sui diritti dell’uomo è un po’ più prudente).
Rispetto al dibattito corrente mi permetto due commenti:
- parlare di “società naturale” non equivale a richiamare il diritto naturale; un formicaio è una società naturale, ma la filosofia del diritto non c’entra niente;
- limitare la famiglia a quella “fondata sul matrimonio” probabilmente non è stata una buona idea; ma è certo che non c’è scritto “matrimonio concordatario”. L’articolo 29 della Costituzione prosegue così: “Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. Tradotto in italiano: la Costituzione rinvia alla legge ordinaria il compito di regolamentare giuridicamente il matrimonio, dando due direttive: una a tutela degli individui (eguaglianza morale e giuridica dei coniugi) e una a tutela dell’unità familiare. Giusto per polemica: la prima direttiva è stata ampiamente disattesa per 27 anni, fino alla riforma del diritto di famiglia del 1975. A essere pignoli e fedeli allo spirito e alla lettera della Costituzione, sarebbe opportuno modificare le norme sul matrimonio per meglio tutelare le nuove forme di famiglia: il contrario della strada intrapresa dai Dico, che tutelerebbero soltanto i diritti dei singoli!
Household è invece un’unità economico-statistica. Quando parliamo, ad esempio, di reddito familiare o di famiglie che non arrivano alla fine del mese (altro argomento del dibattito) ci riferiamo a questa accezione.
Riporto qui sotto alcune definizioni statistiche:
- One person or a group of people who have the accommodation as their only or main residence and for a group, either share at least one meal a day or share the living accommodation, that is, a living room or sitting room (Regno Unito, Office for National Statistics).
- A household includes all the persons who occupy a housing unit. A housing unit is a house, an apartment, a mobile home, a group of rooms, or a single room that is occupied (or if vacant, is intended for occupancy) as separate living quarters. Separate living quarters are those in which the occupants live and eat separately from any other persons in the building and which have direct access from the outside of the building or through a common hall. The occupants may be a single family, one person living alone, two or more families living together, or any other group of related or unrelated persons who share living arrangements. (People not living in households are classified as living in group quarters.) (Stati Uniti, Census Bureau).
Lo vedete il casino comportato dalla poca chiarezza? Quando si parla di politiche – ad esempio di politiche economiche, come l’accesso alla sanità o all’asilo-nido – o di diritti economici e patrimoniali – ad esempio il diritto ereditario o la reversibilità della pensione – secondo me il concetto rilevante è quello di household. Perché infilarsi nel ginepraio del diritto naturale, della famiglia con la F maiuscola, dei rapporti tra Stato e chiesa eccetera? Oppure è una confusione voluta che nasconde anche interessi economici?
E l’Istat, si chiederà qualcuno di voi, distingue tra le due accezioni del termine famiglia? Non tanto, temo. La definizione che si trova sul loro Glossario è questa: “Insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune (anche se non sono ancora iscritte nell’anagrafe della popolazione residente del comune medesimo). Una famiglia può essere costituita anche da una sola persona. L’assente temporaneo non cessa di appartenere alla propria famiglia sia che si trovi presso altro alloggio (o convivenza) dello stesso comune, sia che si trovi in un altro comune. La definizione di famiglia adottata per il censimento è quella contenuta nel regolamento anagrafico”.
Nel Glossario delle pubblicazioni tematiche sulle famiglie e le condizioni sociali (ad esempio, questa) si introduce però una differenza tra famiglia e nucleo: “la famiglia è costituita dall’insieme delle persone coabitanti legate da vincoli di matrimonio o parentela, affinità, adozione, tutela o affettivi”; “il nucleo è l’insieme delle persone che formano una coppia con figli celibi o nubili, una coppia senza figli, un genitore solo con figli celibi o nubili”. E si aggiunge: “una famiglia può coincidere con un nucleo, può essere formata da un nucleo più altri membri aggregati, a più nuclei (con o senza membri aggregati), o da nessun nucleo (persone sole, famiglie composte ad esempio da due sorelle, da un genitore con figlio separato, divorziato o vedovo, eccetera)”. Non è facile, ma sembra di capire che il nucleo approssima il concetto di family, e la famiglia quello di household. But not quite. Se qualcuno ne sa di più, mi aiuti.
mercoledì, 16 Maggio 2007 alle 19:59
Ho scoperto il tuo blog.
Ho iniziato ad apprezzarlo moltissimo.
Ritengo che questo tuo approfondimento sia interessante.
Rimane semplicemente la foga italica che non comprende, che è mossa politicamente e malstradata da una chiesa che ha vissuto tempi migliori.
lunedì, 21 Maggio 2007 alle 22:17
Per chi se la fosse persa in TV: la lettera di Marco Travaglio a Ruini
POSTA PRIORITARIA
10 / 05 / 2007
Eminenza reverendissima cardinale Camillo Ruini,
mi rivolgo a lei anche se la so da poco in pensione, anziché al suo
successore card. Bagnasco, perché lei è un po’ l’Andreotti del Vaticano: ha
accompagnato la vita politica e religiosa del nostro paese per molti
decenni. Come lei ben sa, non c’è paese d’Europa che abbia avuto tanti capi
del governo cattolici come l’Italia. Su 60 governi in 60 anni, 51 avevano
come premier un cattolico e solo 9 un laico: 2 volte Spadolini, 2 Craxi, 2
Amato, 2 D’Alema, 1 Ciampi, che peraltro si dichiara cattolico. In 60 anni
l’Italia è stata governata per 52 anni da un cattolico e per 8 da un laico.
Se la DC e i suoi numerosi eredi avessero fatto per la famiglia tutto ciò
che avevano promesso, oggi le famiglie italiane dormirebbero tra due
guanciali. Sa invece qual è il risultato? Che l’Italia investe nella spesa
sociale il 26,4% del Pil, 5 punti in meno che nel resto d’Europa a 15,
quella infestata di massoni, mangiapreti, satanisti e -per dirla con
Tremaglia- culattoni. Se poi andiamo a vedere quanti fondi vanno alle
famiglie e all’infanzia nei paesi che non hanno avuto la fortuna di avere
in casa Dc e Vaticano, scopriamo altri dati interessanti. L’Italia è
penultima in Europa col 3,8% della spesa sociale alle famiglie, contro il
7,7% dell’Europa, il 10,2% della Germania, il 14,3% dell’Irlanda. Noi diamo
alla famiglia l’1,1% del Pil: meno della metà della media europea (2,4).
Sarà un caso, ma noi siamo in coda in Europa per tasso di natalità: la
Francia ha il record con 2 figli per donna, la media europea è 1,5, quella
italiana 1,3. E il resto d’Europa ha i Pacs, noi no: pare che riconoscere i
diritti alle coppie di fatto non impedisca le politiche per la famiglia,
anzi. Lei che ne dice?
Lei sa, poi, che per sposarsi e fare figli, una coppia ha bisogno di un
lavoro stabile. Sa quanto spendiamo per aiutare i disoccupati? Il 2% della
spesa sociale, ultimi in Europa. La media Ue è il 6%. La Spagna del
terribile Zapatero spende il 12,5. I disoccupati che ricevono un sussidio
in Italia sono il 17%, contro il 71 della Francia, l’80 della Germania,
l’84 dell’Austria, il 92 del Belgio, il 93 dell’Irlanda, il 95 dell’Olanda,
il 100% del Regno Unito. E per i giovani è ancora peggio: sotto 25 anni, da
noi, riceve il sussidio solo lo 0,65%; in Francia il 43, in Belgio il 51,
in Danimarca il 53, nel Regno Unito il 57. Poi c’è la casa. Anche lì siamo
penultimi: solo lo 0,06% della spesa sociale va in politiche abitative (la
media Ue è il 2%, il Regno Unito è al 5,5). Se in Italia i figli stanno
meglio che nel resto del mondo, anche perché sono pochissimi, per i servizi
alle madri siamo solo al 19° posto.
Forse, Eminenza, visto il rendimento dei politici cattolici o sedicenti
tali, avete sempre puntato sui cavalli sbagliati. O forse, se aveste
dedicato un decimo delle energie spese per combattere I Dico e i gay a
raccomandare qualche misura concreta per la famiglia, non saremmo i
fanalini di coda dell’Europa: perché i nostri politici le promesse fatte
agli elettori non le mantengono, ma quelle a voi le mantengono eccome. Sono
proprio sacre.
Ora speriamo che il Family Day faccia il miracolo. A questo proposito,
vorrei mettere una buona parola per evitare inutili imbarazzi. Come lei sa,
hanno aderito all’iniziativa moltissimi politici così affezionati alla
famiglia da averne due o tre a testa. Come Berlusconi, che ha avuto due
mogli, senza contare le giovani e avvenenti attiviste di Forza Italia con
cui prepara il Family Day nel parco di villa Certosa. Le cito qualche altro
esempio da un bell’articolo di Barbara Romano su Libero. Vediamo la Lega,
che fa fuoco e fiamme per la sacra famiglia. Bossi 2 mogli. Calderoli 2
mogli (la seconda sposata con rito celtico) e una compagna. Castelli, una
moglie in chiesa e l’altra davanti al druido. Poi c’è l’Udc, l’Unione
democratico cristiana, dunque piena di separati e divorziati. Divorziato
Casini, che ha avuto due figlie dalla prima moglie e ora vive con Azzurra.
Divorziati l’ex segretario Follini e il vicecapogruppo Giuseppe Drago,
mentre la vicesegretaria Erminia Mazzoni sta con un divorziato. D’Onofrio
ha avuto l’annullamento dalla Sacra Rota. Anche An è ferocissima contro i
Dico. Fini ha sposato una divorziata. L’on. Enzo Raisi ha detto:”Io vivo un
pacs”. Altro “pacs” inconfessato è quello tra Alessio Butti e la sua
compagna Giovanna. Poi i due capigruppo: alla Camera, Ignazio La Russa,
avvocato divorzista e divorziato, convive; al Senato, Altero Matteoli, è
divorziato e risposato con l’ex assistente. Adolfo Urso è separato. L’unico
big in regola è Alemanno:si era separato dalla moglie Isabella Rauti, ma
poi son tornati insieme. Divorziati gli ex ministri Baldassarri (risposato)
e Martinat (convivente). La Santanchè ha avuto le prime nozze annullate
dalla Sacra Rota, poi ha convissuto a lungo. E Forza Italia? A parte il
focoso Cavaliere, sono divorziati il capogruppo alla Camera Elio Vito e il
vicecapogruppo Antonio Leone. L’altro vice, Paolo Romani, è già al secondo
matrimonio: «e non è finita qui», minaccia. Gaetano Pecorella ha alle
spalle una moglie e “diverse convivenze”. Divorziati anche Previti,
Adornato, Vegas, Boniver. Libero cita tra gli irregolari persino Elisabetta
Gardini, grande amica di Luxuria, che ha un figlio e (dice Libero) convive
con un regista. Frattini, separato e convivente, è in pieno Pacs. Risposàti
pure Malan, D’Alì e Gabriella Carlucci, mentre la Prestigiacomo ha sposato
un divorziato. E al Family day ci sarà pure la Moratti col marito
Gianmarco, pure lui divorziato.
Ecco, Eminenza, personalmente sono convinto che ciascuno a casa sua sia
libero di fare ciò che vuole. Ma è difficile accettare l’idea che questi
signori, solo perché siedono in Parlamento, abbiano dal ’93 l’assistenza
sanitaria per i conviventi more uxorio e vogliano negarla a chi sta fuori.
E che lei Eminenza non abbia mai tuonato contro i Pacs parlamentari. Ora
però non vorrei che qualche Onorevole Pacs disertasse il Family Day per
paura di beccarsi una scomunica. Perciò mi appello a lei: se volesse
concedere una speciale dispensa almeno per sabato, ne toglierebbe d’
imbarazzo parecchi. Potrebbe pure autorizzarli a sfilare ciascuno con tutte
le sue famiglie, magari entro e non oltre il numero di 3. Per far numero.
Ne guadagnerebbe la partecipazione. Si potrebbe ribattezzare l’iniziativa
Multifamily Day.
Marco Travaglio
lunedì, 21 Maggio 2007 alle 22:28
Grazie, Phoebe. Io, ad esempio, me l’ero persa. Se me ne dai il permesso, la metto in evidenza come pagina fissa sul blog
martedì, 22 Maggio 2007 alle 14:35
Ma certo che puoi!