Scorza, Manuel (1983). La danza immobile. Milano: Feltrinelli. 2007.
Ringrazio di cuore chi mi ha fatto scoprire questo libro, complesso e affascinante.
In genere sono un po’ scettico di fronte alla letteratura latino-americana, che trovo a volte un po’ sopra le righe, un po’ “etnica” in senso deteriore. Non sto pensando a Borges o a Cortázar, ma piuttosto a Garcia Marquez, a quel rigoglio di animali piante e uomini straordinari.
La danza immobile è uno strano amalgama di queste due anime della letteratura latino-americana: non mancano certo pagine affascinanti e terribili di guerriglie, fughe e sadiche punizioni nel bacino amazzonico. Non mancano il colore, il dolore e lo stupore. Non mancano gli amori, declinati sempre al superlativo.
Ma il tutto è calato in un inquietante gioco di specchi, in un labirinto di sentieri che si biforcano. Si deve sempre scegliere? Tra l’amore e la rivoluzione? tra la realizzazione di sé e il gesto altruistico? e se il vero altruismo fosse il dovere di trovare sé stessi nell’amore, senza risparmiarsi? e se il vero egoismo fosse quello di imporre la propria utopia, anche con la forza?
Più che un amalgama è un intreccio, in cui tutti i personaggi sono uno soltanto, lo scrittore, e tutte le vicende una sola: per questo, penso, la danza è immobile.
– E lei crede che le rivoluzioni non tradiscano? – chiese l’editore.
– I rivoluzionari, forse. Le rivoluzioni mai.
– E l’amore non tradisce? – chiese Marie Claire.
Guardai girasoli lontani, vicini, prossimi, assenti. Il destino dei girasoli è di ruotare intorno al sole. Il destino degli uomini è di girare intorno all’amore. Guai al girasole o all’uomo impazzito che si ostinano a girare contro il loro sole! Poveri girasoli ciechi che girano e rigirano intorno al nulla, al non-essere!
– L’amore non tradisce mai; certe donne, sì.
[…]
– Santiago, io sono Marie Claire!
Guardai con rancore la sua bellezza irrimediabile.
– Lei è certamente Marie Claire. Ma io non sono quel Santiago.
Mi alzai. E me ne andai.
Un finale bellissimo e conturbante. Che non dà conto fino in fondo, però, della bellezza incompiuta del romanzo. Leggetelo, se non l’avete già fatto, e sappiatemi dire.