Grazie a un’amica archeologa, siamo in grado di risolvere un dubbio che – apparentemente – attanagliava soltanto me.
Cito quello che mi ha scritto (comunicazione personale, 2007), sperando non me ne voglia:
Vitruvio parla di testacea spicata tiburtina e Plinio di spicata testacea.
Il commentatore di Vitruvio scrive in nota: si tratta dei pavimenti in opus spicatum in cui mattoncini (bla bla) a spina di pesce (bla…).
Quindi opus spicatum è dizione moderna convenzionale.
Di piscatum non c’è traccia.
Ci aggiungo, di mio, che la Vargas è poco giustificata per il suo errore. Nel classico Dictionnaire des Antiquités Grecques et Romaines di Daremberg e Saglio, disponibile anche online, alla voce Pavimentum a un certo punto si afferma:
le pavement en épi (opus spicatum , spica testacea , pavimentum spica) qui correspond au dispositif moderne en arête de poisson (spina pesce). Il se composait de lamelles rectangulaires de 105 millimètres de long, 42 de large, 21 d’épaisseur, affrontées à angle droit de 45°. La figure 5526 montre un spécimen de ce genre, découvert dans le marché de Timgad. Les briques qui servaient à cet usage étaient surtout fabriquées à Tibur, d’où leur nom de testacea spicata tiburtina.
mercoledì, 10 giugno 2009 alle 12:38
mi chiedo come la Vargas possa affidarsi a wikipedia!
L’opus spicatum si trova anche sui manuali di storia dell’arte più beceri! Piscatum dev’essere un erroere di trascrizione di qualche “wikipediario” francese, ma nel 2009 non è ammissibile. Forse loa Vargas amante del medioevo, voleva indirettamente citare gli errori degli amanuensi…
martedì, 1 giugno 2010 alle 16:58
Fatto sta che la Vargas con il suo “piscatum” ha coniato e diffuso (ampiamente) un nuovo termine architettonico.
Che l’abbia fatto apposta o no, ci ha costretti a rivederci i “sacri testi” (a partire da Vitruvio!) Niente male.