Pecorini, Giorgio (1996). Don Milani! Chi era costui? Milano: Baldini & Castoldi. 1998.

amazon.com
Io non ho l’edizione rappresentata qui sopra, ma un’edizione tascabile di 10 anni fa, trovata fortunosamente su una bancarella (vi si dice che Pecorini “ha costruito la propria carriera di giornalista via via dimettendosi dai maggiori quotidiani e periodici”, invece del più sussiegoso “giornalista professionista dal 1945, è stato redattore o collaboratore di vari giornali e periodici, tra i quali il «Corriere della Sera», «Il Giorno», «L’Europeo», «L’Espresso», «Paese Sera»”).
bol.it
Pecorini è stato un amico di Don Lorenzo Milani, e il suo libro è pieno di affetto per il priore di Barbiana (e anche di livore per chi si è appropriato, in genere usurpandola, della sua eredità). Purtroppo, questo non è sufficiente a fare un buon libro.
Più interessanti, almeno per me, gli inediti di Don Milani che completano il volume. Alcuni meriterebbero da soli un commento approfondito.
Ad esempio, gli Appunti per un nuovo galateo:
- “verso i genitori, l’ideale è una rispettosa disobbedienza”
- “la parola urbanità è offesa ai contadini”
- “i poliziotti sono l’unica categoria che si può trattare come da padrone a servo. Come educazione alla fede nella sovranità popolare e come educazione dei poliziotti stessi” [pp. 216-219]
Bellissimo anche il Progetto di un giornale-scuola, elaborato insieme ad Aldo Capitini. Il giornale era pensato come “un giornale che insegni a leggere il giornale”. L’idea era quella di prendere una notizia alla settimana e presentarla in riassunto. Poi, sempre in riassunto, far vedere come era presentata da tre testate di opposte tendenze politiche (destra/centro/sinistra). Poi illustrare (ma lasciamo parlare lo stesso Milani):
- i fatti che bisognava già sapere (storia, geografia, politica)
- analisi dell’articolo (stile, etimologia, significato)
- fra le righe:
- cui prodest?
- cosa tace
- cosa inventa
- cosa (non) si può controllare
- quanto importa [pp. 241-250]
A me pare un progetto attualissimo e particolarmente adatto all’era del web 2.0. Qualcuno ci vuole provare?
Il brano più interessante, per me, è Strumenti e condizionamenti dell’informazione, trascrizione di un incontro della scuola di Barbiana con un gruppo di aspiranti giornalisti. Oltre a presentare per la prima volta (penso) il metodo di scrittura collettiva che diventerà poi una pagina celebre di Lettera a una professoressa, si collega questo metodo a quello che Milani chiama “ricerca artistica della verità”:
Cioè, noi si parte dall’idea, si cerca la verità per scritto […] e la si corregge via via, la si perfeziona nella ricerca della massima efficacia col minimo di parole […]. Quando questo lavorio lo si protrae per settimane […] e si corregge, ricorregge, ricorregge, si lima, si toglie, si taglia, si taglia ripetizioni, si taglia aggettivi inutili, si abbrevia, si concentra sempre più… Quando è stato fatto questo lavorio a lungo, non solo si raggiunge il massimo di espressione, il massimo di efficacia, cioè di comunicazione, ma oltretutto si raggiunge la verità.
[…]
È automatico, nello stesso tempo si raggiunge la verità e l’arte, perché sono la stessa cosa. Se quella parola era da togliersi, vuol dire che non era vera; se era vera […] vuol dire che non era un’idea chiara. Quando una scrivendo ha fatto una ripetizione, vuol dire che le idee non le aveva chiare; quando scopre che una frase è una ripetizione, nell’attimo che chiarisce il testo per il lettore, lo chiarisce anche a se stesso, perché se lo avesse avuto chiaro lui non gli scappava nemmeno la ripetizione. [pp. 357-359]
sabato, 17 novembre 2012 alle 23:44
[…] L’inchiesta di Livini tiene fede a un proposito così impegnativo? Nella sostanza direi di sì, anche se la chiarezza dei fatti è un po’ offuscata dal registro giornalistico. «E che altro volevi?» qualcuno potrebbe chiedermi. E allora mi spiego meglio. Primo, vorrei che la ricerca di un tono leggero e scherzoso non andasse a scapito della chiarezza delle cose presentate, perché non essere pallosi (per evitare che il lettore smetta di leggere prima che siamo riusciti a comunicargli quello che ci premeva di fargli sapere) non significa non essere rigorosi. Secondo, vorrei che l’articolo avesse una chiara struttura, una gerarchia delle cose che si ritengono importanti rispetto a quelle che si riportano per completezza di cronaca o per semplice colore, e una presa di posizione su quello che il giornalista – proprio sulla base del suo lavoro d’inchiesta e mettendoci la faccia, come si dice (abusatamente) ora – ritiene credibile su base fattuale, rispetto a quello che è stato detto o affermato dagli intervistati, ma che il giornalista riporta senza prestarvi troppa fiducia. Su questi 2 punti, un modello per me inarrivabile continua a essere l’insegnamento di Lorenzo Milani, a proposito sia del modo di condurre un inchiesta, sia di quello di leggere criticamente un articolo di giornale. […]
martedì, 20 novembre 2012 alle 0:22
[…] Dal momento che, molto prevedibilmente, dopo gli incidenti occorsi in molte città, ma soprattutto a Roma. il 14 novembre 2012, tutti i conformisti si sono sentiti in dovere di ricordare la poesia scritta da Pier Paolo Pasolini dopo Valle Giulia (Pasolini, grande polemista, poeta interessante, regista discontinuo e intellettuale discusso, era un uomo profondamente di destra), mi permetto di riprendere un brano dagli Appunti per un nuovo galateo di Lorenzo Milani che ho già citato qui: […]