Jacques Attali. Karl Marx, ovvero lo spirito del mondo. Roma: Fazi. 2006.
Ho finito di leggerlo stamattina. L’ho praticamente divorato, ma non mi ha lasciato soddisfatto. Forse la recensione potrebbe finire qui.
Forse invece devo fare uno sforzo e dire qualcosa in più. Ho letto molto Marx negli anni Settanta. Davvero molto: mi compravo i volumi dell’edizione delle opere complete degli Editori Riuniti via via che uscivano e li leggevo da una copertina all’altra. Compreso l’epistolario. Compreso l’Anti-Duhring di Engels. Quindi, anche della biografia del nostro sapevo già molto, e sorprese ne ho avute poche.
Eppure c’è qualcosa di attraente in questa biografia. Attali non è marxista, né lo è mai stato, ma ammira evidentemente l’uomo e il pensatore Marx. Alcune sue tesi sono forse preconcette (i rapporti di Marx con il padre e per suo tramite con l’ebraismo, la difficoltà a staccarsi dalle sue opere, il rifiuto del lavoro “irreggimentato” anche per sé, …) e certamente troppo insistite. Però ne emerge una figura di intellettuale e di pensatore superiore a molti, con idee assolutamente originali e ante litteram, con la capacità di non dare mai nulla per scontato e una gran voglia di documentarsi (fino al perfezionismo).
E probabilmente queste sono anche le cose che sono restate a me dell’essere (stato?) marxista e studioso di Marx: un approccio critico, il rifiuto delle scorciatoie interpretative, il richiamo alla necessità di una documentazione hard (e non limitata al pre-digerito dei giornali), e anche qualche categoria interpretativa (anche Attali lo riconosce: come avrebbe affrontato Marx questo problema? da dove sarebbe partito?).