Nasce a Louisville, Kentucky, il più grande.

L’immagine che vedete qui sopra è celeberrima, ma ha una storia che merita di essere conosciuta. Nella rivincita con Sonny Liston, nel 1965, Ali mise ko Liston dopo un solo minuto. Convinto di non aver sferrato un colpo da ko, lo incita a riprendere il combattimento: di qui la curisa espressione tra la sfida e la derisione.
Memorabile anche l’incontro con Foreman del 30 ottobre 1974, a Kinshasa, quando contenne la sfuriata dell’avversario più giovane e potente, soffrendo alle corde per sette interminabili riprese, per poi stenderlo all’ottava. Mi alzai nel cuore della notte per seguire l’incontro.

venerdì, 18 gennaio 2008 alle 0:06
“When we were kings, , regia di Leon Gast, 1996. Un documentario (un Oscar) in cui Muhammad Alì racconta il suo rifiuto di andare a combattere in Vietnam perché nessun vietnamita lo ha mai chiamato “negro”. Ci sono le parole di sfida che indirizzava ai suoi avversari: “I’m young, I’m handsome, I’m fast, I’m pretty and can’t possibly be beat”. Mio padre metteva la sveglia per seguire gli incontri che si svolgevano nel pieno della notte e il giorno dopo ci raccontava, ancora emozionato, della straordinaria agilità con cui si muoveva sul ring e delle violente e arroganti parole di sfida che lanciava ai suoi avversari. E per lui era sempre Cassius Clay, non l’ho mai sentito chiamare Alì (chissà come lo chiamavano i cronisti italiani ?). http://www.youtube.com/watch?v=N44vdCqI7LI