Senso di Luchino Visconti

Senso, 1954, di Luchino Visconti, con Alida Valli e Farley Granger.

Un altro classico che, colpevolmente, non avevo mai visto.

Non è un film riuscito fino in fondo, secondo me. Nonostante gli sforzi del regista e dei titolati sceneggiatori, i dialoghi risentono del carattere melodrammatico del racconto di Camillo Boito e la recitazione, soprattutto quella di Alida Valli (all’epoca trentatreenne), è spesso affettata (ci si aspetta che da un momento all’altro si attacchi alle belle tende, come Francesca Bertini, ma si limita ad appoggiarsi barcollante a qualche stipite o a qualche muro). Senza riuscire a essere “straniata”, come forse l’intento di dipingere un quadro di finis Austriae richiederebbe (ma Visconti non è né Cacciari né Strehler).

Nonostante la bellezza degli arredi e dei costumi, alcune cose sono difficili da sostenere: ad esempio, la Valli vestita come Barbie principessa.

Neppure la scelta musicale della colonna sonora aiuta: Bruckner può piacere o non piacere (e a me non piace particolarmente), ma la settima sinfonia, così retorica e roboante, non aiuta ad allontanare i sospetti di manierismo.

Una delle sequenze più deboli è il finale con la fucilazione del disertore Mahler, imposto a Visconti con l’intento di rendere il film più “morale” e insieme più “risorgimentale”. Visconti immaginava di chiudere il film con la Valli che se ne va sconvolta dal comando austriaco e viene importunata dai soldati ubriachi che festeggiano la vittoria di Custoza.

Anche la battaglia di Custoza – non certo un vanto nazionale – provocò problemi alla produzione. Fortunatamente la versione restaurata che ho visto io monta l’episodio come lo voleva Visconti, ed è la parte più bella del film. Io poi mi emoziono quando vedo posti che conosco molto bene e che amo particolarmente, come Valeggio sul Mincio. Lasciatemi dire una cosa, che rivela il mio sciovinismo: non ci sono colline più belle dei colli morenici del Garda, nemmeno la campagna toscana. Fateci un viaggio e sappiatemi dire.

Ultima considerazione, che emerge dal versante romantico del film: in amore, in realtà, non ci sono scelte. Come sapeva Molly Bloom, la risposta è sempre una sola: sì.

– Sai che ti amo infinitamente, Livia mia, e ti amerò finché avrò un soffio di vita; ma questa vita salvamela, te ne scongiuro, salvala per te, se mi vuoi bene.
Mi prendeva le mani, e le baciava.
Ero già vinta.

Se volete leggere il racconto di Camillo Boito (ma non ve lo consiglio, sinceramente), lo trovate qui, a pagina 75.

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