Pinker, Steven (2007). The Stuff of Thought. Language as a Window into Human Nature. New York: Viking. 2007.
Steven Pinker, studioso del linguaggio in una prospettiva cognitiva, insegna psicologia a Harvard (fino al 2003 insegnava al MIT). È anche un ottimo divulgatore (e polemista) e leggere i suoi libri è un piacere.
Il tema principale di questo è ben riassunto dal sottotitolo (oltre che dal lucidissimo capitolo finale, la parte migliore del libro): il linguaggio è una finestra sulla mente e sulla natura umana. Provo a tradurre le prime righe della Prefazione:
Nel modo in cui usiamo le parole è racchiusa una teoria dello spazio e del tempo. Anche una teoria della materia, e una della causalità. Il nostro linguaggio ha una teoria del sesso (ne ha due, a essere precisi) e concezioni in merito all’intimità, al potere, alla giustizia. La nostra lingua madre è imbevuta dei concetti di divinità, pericolo e degradazione, ma anche di una concezione del benessere e di una filosofia del libero arbitrio. Tutte queste concezioni variano nei dettagli da lingua a lingua, ma condividono una medesima logica complessiva. Ne emerge un modello della realtà tipicamente umano, che si allontana in modo significativo dalla comprensione oggettiva della realtà delineata dalla scienza e dalla logica. Benché queste idee siano intessute nel linguaggio, le loro radici sono più profonde del linguaggio stesso. Affondano nelle regole fondamentali con cui comprendiamo quello che ci circonda, con cui attribuiamo meriti o colpe ai nostri simili e con cui articoliamo le nostre relazioni con loro. [p. vii, traduzione mia]
Il libro è articolato in 9 capitoli. La maggior parte riprende, in veste divulgativa, ricerche condotte da Pinker negli ultimi anni, e questo è l’unico appunto che mi sento di fare al volume: a volte si perde il filo del discorso complessivo, proprio perché il materiale è così ricco e perché Pinker è un affabulatore che si diverte nel raccontare e che sa avvincere il lettore (e l’ascoltatore: è venuto qualche anno fa all’Auditorium di Roma nell’ambito di un festival e vi posso assicurare che è un grande intrattenitore). Per questo, come dicevo prima, il capitolo conclusivo (Escaping the Cave) è particolarmente opportuno, oltre che molto riuscito.
È troppo lungo per provare a tradurre anche questo, ma (per chi ha pazienza e segue bene l’inglese) questa lezione tenuta alla sede centrale di Google il 24 settembre 2007 riassume piuttosto bene le conclusioni del libro (la conferenza, dibattito compreso, dura più di un’ora).
Qualche anno fa (penso nel 2002, ai tempi di The Blank Slate) Pinker è anche stato intervistato da Robert Wright (quello di Nonzero) per la rivista online Slate: metto qui sotto il video, anch’esso interessante, e per i vostri esercizi d’inglese potete seguire con la trascrizione che trovate qui.