Chi è morto alzi la mano

Vargas, Fred (1995). Chi è morto alzi la mano (Debout les morts). Torino: Einaudi. 2006.

Sto mantenendo la promessa. Me li sono comprati tutti (quelli pubblicati in italiano, per lo meno – il mio francese non è abbastanza buono da leggerli in originale) e vado in ordine di pubblicazione.

Prima delusione: la traduttrice non è la bravissima Yasmina Melaouah, ma una più grigia Maurizia Balmelli che, oltre a essere meno brillante e scorrevole, incappa in qualche errore: “medievista” (in italiano è più comune “medievalista”). E a Ginevra non c’è la Commissione europea (la Svizzera non fa parte dell’Unione europea!), ma la Commissione economica per l’Europa delle Nazioni unite (UN-ECE).

Il libro, però – fatte salve tutte le mie riserve sul genere (che non sono per nulla smentite, anzi! ma non posso raccontarvi nulla per non rovinarvi il piacere della lettura) – è molto godibile e si legge d’un fiato. L’idea del terzetto di storici (più lo zio/padrino) disposti sui piani di una casa come strati archeologici è divertente, come i dialoghi e la caratterizzazione dei personaggi. Forse restano un po’ sottili, più fotografie che ologrammi, ma non si può pretendere troppo.

Mi piace molto la normalità del delitto raccontato nel romanzo. Proprio in questi giorni (20 giugno 2006), il Ministero dell’interno ha pubblicato il Rapporto sulla criminalità in Italia – Analisi, Prevenzione, Contrasto. “Un dato impressionante che emerge dal rapporto – afferma il comunicato-stampa del Ministero – è l’aumento dei reati ‘familiari’, a fronte della significativa riduzione degli omicidi volontari, a partire dal 1992, e di quelli ad opera della criminalità organizzata. Il fenomeno denota, ha osservato Amato, una situazione molto brutta, ‘di cui qualcuno si deve occupare’. ‘Sono assolutamente sconvolto dal capitolo della violenza sulle donne, non solo sessuale’, ha proseguito il ministro a proposito dell’aumento dei reati commessi nei confronti delle sole donne, come lesioni e maltrattamenti, il 62% dei quali commessi dal partner.

Qualche citazione dalla Sintesi del Rapporto:

Negli ultimi anni il numero di omicidi commessi in Italia è notevolmente diminuito. Dal 1991, anno in cui si registra il picco più alto con 1.901 omicidi, la parabola discende fino a registrare nel 2005 il minimo storico di 601 unità, per poi attestarsi a 621 nel 2006, un livello comunque più basso del 2004 e di tutti gli anni precedenti. […] Gli omicidi scaturiti in ambito familiare o per passioni amorose sono invece aumentati drasticamente negli ultimi anni, registrando la massima frequenza negli anni 2002 e 2003, rispettivamente con 211 e 207 omicidi.

Sono 6 milioni 743 mila, pari al 31,9% della classe di età considerata, le donne tra i 16 e i 70 anni che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita […]. Tre milioni 961 mila donne, pari al
18,8%, sono state vittime di violenze fisiche, 5 milioni (il 23,7%) hanno subito violenze sessuali. Più in particolare, nell’ambito delle violenze sessuali, 482 mila donne sono state vittime di stupro e 703 mila di tentato stupro nel corso della loro vita. Complessivamente, circa 1 milione di donne (il 4,8%), quindi, ha subito stupri o tentati stupri.

Negli ultimi dodici mesi sono 1 milione 150 mila le donne che hanno subito violenza, pari al 5,4% delle donne dai 16 ai 70 anni. In particolare il 2,7% delle donne ha subito violenza fisica, il 3,5% violenza sessuale e lo 0,3% stupri o tentati stupri.

Spingere, strattonare, afferrare, storcere un braccio o tirare i capelli sono i comportamenti subiti dalla maggioranza delle vittime di violenza fisica (dal 56,7%); una quota quasi altrettanto elevata, il 52%, ha subito minacce di essere colpita, il 36,1% è stata schiaffeggiata, presa a calci, pugni o morsi, il 24,6% è stata colpita con oggetti. Appaiono, invece, meno diffuse alcune forme più gravi, comunque presenti, come l’uso o la minaccia di usare una pistola o il coltello (8,1%) o il tentativo di strangolamento, di soffocamento o di ustione (5,3%).

Tra le violenze sessuali, invece, sono le molestie fisiche sessuali a rappresentare la forma decisamente più frequente (per il 79,5% delle vittime di violenze sessuali), seguite dai rapporti sessuali non desiderati (19,0%), dai tentati stupri (14,0%), dagli stupri (9,6%) e dai rapporti sessuali vissuti dalla donna come degradanti ed umilianti (6,1%).

Le violenze fisiche sono state commesse dal partner nel 62,4% dei casi, le violenze sessuali, senza considerare la molestia, nel 68,3% dei casi e gli stupri nel 69,7% dei casi. I partner sono dunque responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fisica e delle forme più gravi di violenza sessuale.

Un milione 400 mila donne hanno subito violenza sessuale e fisica prima dei 16 anni in famiglia. Complessivamente, i parenti sono responsabili del 23,8% delle violenze sessuali subite prima dei 16 anni.

Due milioni 77 mila donne, il 18,8% delle donne che hanno avuto un partner in passato e che si sono separate da lui, al momento della separazione e/o dopo di essa hanno subito forme di stalking, cioè di persecuzione che le hanno particolarmente spaventate.

Agghiacciante, vero? Family Day, una bella festa! Un inferno gli altri 364 giorni!

Antoni Gaudí (e Romina Power)

Antoni Plácid Guillem Gaudí y Cornet è nato il 25 giugno 1852 (quindi compirebbe oggi 155 anni), non a Barcellona, ma a Reus (comunque in Catalogna).

Considerato un esponente del modernismo catalano, era in realtà abbastanza isolato.

Girare Barcellona alle ricerca delle sue opere, cercando di entrare e di visitare soprattutto le meno note, è un’esperienza esaltante (ricordo, molti anni fa, di aver suonato campanelli per visitare gli appartamenti all’ultimo piano della Pedrera e vedere da vicino quei fantastici comignoli…).

La Sagrada Familia, cui dedicò gli ultimi anni della sua vita, è una delle sue cose meno convincenti. A me provoca anche molto fastidio l’uso del genio di Gaudí per farne un’icona del cattolicesimo catalano, che si spinge fino a chiederne la beatificazione. Gaudí visse i suoi ultimi anni da eremita, posseduto da una specie di mania religiosa; morì travolto da un tram.

Secondo me, la sua cosa più bella è il Parque Güell, forse anche perché – passeggiando – si gode meglio l’affastellarsi dei dettagli e delle invenzioni architettoniche e decorative.

Nel Parque Güell furono girati gli esterni di un film divenuto leggendario, Justine and Juliette (in Italia noto come: Justine, ovvero le disavventure della virtù). Il film è diretto da Jess Franco e ha un cast d’eccezione: Klaus Kinski, Jack Palance, Akim Tamiroff, Sylva Koscina e una giovanissima Romina Power.

A lungo censurato in Italia, e mai uscito in versione integrale, nei primi anni delle televisioni private lo passavano talvolta a tarda notte, in versioni selvaggiamente tagliuzzate, finché Romina Power (ormai in odore di santità, come Gaudí ) non è riuscita a farlo sparire. Qui sotto riporto la trama, ripresa da Wikipedia.

Nella Francia del XVIII secolo, Justine e Juliette, due giovani sorelle rimaste improvvisamente orfane, sono costrette ad abbandonare il collegio e a procurarsi da vivere.
Scelgono vie opposte. La bionda e viziosa Juliette va a lavorare nel bordello di Madame de Buisson, a Parigi e di lì fa fortuna passando di delitto in delitto, uccidendo senza esitare chiunque si ponga sulla sua strada, fino a diventare la mantenuta di un Conte.
La mora e virtuosa Justine si stabilisce dapprima a casa di Monsieur de Harpin, lavorando come sguattera, ma per aver rifiutato le avances di Monsieur Desroches viene accusata ingiustamente di furto, mandata in prigione e condannata a morte. Evasa al seguito della più celebre delinquente di Francia, Madame Dubois, deve difendersi dalla foia degli accoliti dell’assassina. Durante la fuga ha la fortuna di imbattersi nel romantico pittore Raymond, che la ospita nella sua casa. Ricercata dalle guardie, deve però abbandonare il nido d’amore e nascondersi nel palazzo del marchese de Bressac, lavorando come cameriera personale della marchesa. Ma il marchese, divenuto omosessuale, assassina la moglie e si libera della sua cameriera, in quanto pericolosa testimone, non prima di averle impresso sul petto la lettera “M”, quale marchio d’infamia. A Justine non resta che cercare ricovero in un convento, dove è accolta molto calorosamente da fratello Antonello e dagli altri confratelli, che però si rivelano un manipolo di sadici e iniziano a torturarla insieme alle altre graziose ospiti. Fuggita anche dal convento, Justine è intercettata da Madame Dubois, che la fa esibire nuda su un carro teatrale. Ma alla vista del marchio, il pubblico la addita come assassina e Justine è sul punto di essere arrestata, non fosse che per il tempestivo intervento della sorella Juliette che ottiene dal suo potente amante di farla liberare.
Così Justine e Juliette si riuniscono, e grazie alle scelleratezze della sorella Justine può coronare il suo sogno d’amore e abbandonare la scena mano nella mano con Raymond.

L’ingresso del Parque Güell è la casa di Raymond, mentre i portici all’interno sono il chiostro del convento in cui si pratica ogni sorta d’efferatezza.

Su questo bel sito russo trovate alcune immagini del film (che mi vergogno di riportare qui!).