Wu Ming (2007). Manituana. Torino: Einaudi. 2007.
Il nuovo romanzo di (o dei?) Wu Ming era molto atteso. Mi sono precipitato a comprarlo quando è uscito, anche se non l’ho letto subito. E non mi è piaciuto.
Wu Ming ci aveva abituato a esplorare pezzi e parti della storia poco note, e dalla parte dei perdenti: la Germania della Riforma e delle rivolte dei contadini, l’Italia del dopoguerra… Ne ho parlato in due occasioni su questo blog e vi invito ad andare a leggere i due post sul 7 maggio e su Cary Grant. Anche Manituana è un romanzo storico “dalla parte sbagliata della Storia”: soltanto che non funziona.
Forse il problema è mio: non mi piacciono gli indiani d’America. Non mi piace, meglio, il culto che si è creato intorno a loro: saggi, taciturni, profondi, in armonia con l’ambiente (chiedevano scusa alle prede che cacciavano…), le prime vittime dell’imperialismo americano. Poteva andare diversamente da come è andata? Provo a spiegarmi. La controstoria di Contro-passato prossimo di Guido Morselli è plausibile: se l’Austria avesse vinto la prima guerra mondiale – e l’avrebbe potuta vincere – come sarebbe cambiata l’Italia? Nell’ipotesi di Morselli, a guerra finita, morto Francesco Giuseppe e deposto il Kaiser tedesco, l’Europa si organizzava in una federazione di stampo socialdemocratico ed entrava in pacifica competizione economica e culturale con la neonata Unione Sovietica. Persino le ipotesi di una vittoria nazista nella seconda guerra mondiale, per quanto più dubbie, conservano una loro plausibilità: ho in mente La svastica sul sole (The Man in the High Castle) di Philip K. Dick e Vaterland di Robert Harris. Ma, ahimè, gli indiani non potevano vincere. Temo che la parola definitiva l’abbia detta Jared Diamond nel suo Armi, accaio e malattie (Guns, Germs, and Steel). Un altro caso di ergodicità! Come sarebbe potuta andare a finire? Gli indiani erano comunque condannati, ma potevano vincere gli inglesi? Ce lo saremmo dovuti augurare? Niente Dichiarazione d’indipendenza? Niente Jefferson? Niente rivoluzione francese? Tutto molto difficile da immaginare.
Sono troppo serio: il mio fastidio è anche più superficiale. Tra il western di John Wayne e quello di Soldato blu, mi chiamo fuori e scelgo Sergio Leone o Sam Peckinpah. E sugli indiani, il Manara di Un’estate indiana, recentemente in edicola con Il sole-24 ore.
Per di più, il romanzo è brutto (se mi concedete un giudizio estetico). La scrittura è a volte sciatta, a volte inutilmente “artistica”, a volte “sperimentale”, sempre compiaciuta. I Wu Ming se la tirano, e se la tirano per 600 e passa pagine. E poi il battage martellante, il sito web: andatevelo a vedere, da non credere (www.manituana.com); ma chi vi siete messi in testa di essere? sgonfiatevi, prima che sia troppo tardi!
Tra le poche cose buone: il romanzo di può scaricare legalmente qui.