Nanook l’esquimese (Nanook of the North), 1922, di Robert Flaherty.
Che c’è di meglio, in una torrida sera d’estate a Roma, di vedere un documentario muto girato nell’Artico?
Considerato il primo documentario, e criticato per non esserlo (Flaherty scrisse una sceneggiatura e gli esquimesi recitano la loro parte), resta bellissimo e godibilissimo.
E pieno d’un involontario humour: ad esempio, quando inaspettatamente dal kayak (sembrava che Nanook fosse solo) scende tutta la famiglia, neonati e cane compreso, come da una Cinquecento napoletana del 1955. Quando Nanook deve sempre fare tutto da solo, dal fabbricarsi un igloo al catturare una foca, mentre gli altri numerosi familiari giocano e si fanno i fatti loro. Quando – dopo una didascalia che spiega che all’interno dell’igloo la temperatura deve restare sotto lo zero, se no si squaglia – vediamo che la famigliola per mettersi a dormire si spoglia nuda. Quando la moglie mastica gli stivali per ammorbidirli dopo il gelo della notte. Quando il babbo lava il bambino sputangogli addosso (impagabile la faccia disgustata del bambino). Nanook e il grammofono (e assaggia il disco).
Nulla di tutto questo esiste più.
Qui qualche scena, compresa la prima che ho citato.