Mannaggia al senso del dovere. Almeno la storia delle oche di magro ve la debbo raccontare.
Percebes, dunque. Sono un frutto di mare, particolarmente apprezzato in Galizia (dove si trova Santiago de Compostela, guardacaso) e in Portogallo (dove si chiamano perceves).
Sembrano un mollusco (monovalva, come una lumachella, non bivalva come una cozza o una vongola), ma in realtà sono crostacei, come i gamberi o le aragoste. Infatti, passano lo stadio larvale della loro vita come una specie di gamberetto (il nauplio), nello zooplankton. Quelli che non finiscono nella pancia di qualche balena, dopo un paio di settimane e qualche trasformazione, cercano un posto adatto (forte marea e grandi onde). Come un professore universitario, il nostro mollusco cirripede ci si getta letteralmente a capofitto, si aggrappa con la testa alla roccia (o anche a un’imbarcazione o a un animale!), sviluppa una corazza formata da sei placche dure e lascia sporgere soltanto i piedi “pennuti” con cui cattura plankton e uova di passaggio. La testa, al nostro ordinario, non serve più.
Il nome scientifico dell’infraclasse, Cirripedi, significa appunto “dai piedi arricciati”.
Fanno impressione ma, credetemi, sono una squisitezza. Bolliti, e nient’altro. Puro mare. Soltanto le ostriche li battono.
Poiché le percebes crescono sugli scogli battuti dalle onde della costa atlantica, in Galizia e Portogallo, il lavoro del percebeiro è pericolosissimo. Sotto il profilo commerciale, per essere maturo un crostaceo deve essere lungo almeno 5 cm e avere 1 cm di diametro. Se ne distinguono due varietà, quelli ancorati “al sole” (de sol), più tozzi e cicciotti, e quelli meno pregiati cresciuti sotto il livello del bagnasciuga (de sombra), più smilzi e acquosi.
Come si cucinano? Si buttano vivi in acqua bollente salata per 5 minuti (ma tanto non li troverete qui). In gallego si dice: “auga a ferver, percebes botar, auga a ferver percebes sacar”.
I loro parenti più stretti, nei nostri mari, sono i balanidi, quelle specie di verruche biancastre e calcaree che cresconio sugli scogli e sulla chiglia delle vecchie barche. Li avete visti senz’altro.
In inglese, i percebes si chiamano barnacles. Hanno un posto nella genesi della teoria dell’evoluzione, perché se ne è occupato anche Darwin tra il 1851 e il 1854.
Cosa c’entrano le oche di magro? Adesso arrivo. Il Pollicipes polymerus (gooseneck barnacle), la specie più prelibata, ha un peduncolo carnoso simile a un collo d’oca. Lo vedete bene qui sotto.
La rassomiglianza indusse gli antichi a pensare che l’oca – o meglio un’oca migratoria marina che non si risproduceva nei paesi temperati, ma soltanto nell’Artico – nascesse dai barnacles. Quest’oca fu chiamata barnacle goose (Branta leucopsis) e, in quanto di origine marina, si poteva mangiare nei giorni e nei periodi di magro.