Toti Scialoja, un assaggio

Ti ricordi gli storni che a stormi
nei tramonti dei nostri bei giorni
quando i treni si fanno notturni
attorniavano Terni e dintorni?

Bei tramonti che accesero Terni
rispecchiandone il fuoco dei forni
mentre i cieli diventano inferni
taciturni se ruotano stormi.

Neri stormi sui monti di Terni
che di sera perdendo i contorni
frastornavano i nostri ritorni
con l’eterno stormire degli orni.

Son trascorsi gli autunni e gli inverni
sono andati e tornati gli stormi
sulla Nera su Terni su Narni
sulle pere forate dai vermi.

***
Locomotiva avanti, locomotiva indietro,
cento camaleonti mi guardano dal vetro.
La comitiva è affranta, la comitiva è muta,
son tutti al finestrino nessuno mi saluta.
La commozione è forte, la commozione è piena,
quando schiacciano ai vetri le squame della schiena.
 ***

La stanza la stizza l’astuzia
di quando vivevi a Venezia
ed eri zanzara… la pazza
zanzara – che all’alba è un’inezia.

***

Passa in cielo una folaga…
Ne segue un’altra, analoga.

***

La cincia maschio che fischia a Schio
corre un bel rischio: ci fischio anch’io!

***

Son teneri, rosei ed inermi
i vermi di Forte dei Marmi
che in coro mi cantano : “Dormi!”.
Cullato dal canto dei vermi
se dormo non posso sognarmi
che un mare di vermi che mormori.

***

Ogni topo di chiavica
appena nato naviga.

 ***

Si fa bruno a Brunico il cielo all’imbrunire.
Dentro l’ombra al lombrico non resta che lombrire.

Carducci, la vendetta

T’amo pio bove, anzi ne amo nove
T’amo passerotto, anzi ne amo otto
Vi amo civette, anzi ne amo sette
Vi amo osèi, anzi ne amo sei
Amo chi delinque, anzi ne amo cinque
T’amo mio gatto, anzi ne amo quattro
T’amo scimpanzè, anzi ne amo tre
T’amo pio bue, anzi ne amo due
Non amo nessuno, Carducci importuno

Grazie al compianto Toti Scialoja per l’idea originaria.

Garrire

Un dubbio che mi tormenta da anni: perché garrìscono sia le bandiere al vento sia le rondini?

Ma – direte voi – non hai tormenti peggiori, che te li meriteresti anche?

Io sono arrivato fin qui, e non è molto (cito dal De Mauro online, ma i vocabolari sono pressoché concordi e non sciolgono il mio dilemma):

  • di uccello, emettere garriti: ascoltare le rondini garrire.
  • di vela, bandiera, drappo e simili, sbattere, sventolare rumorosamente: nera | dietro garria co ’l vento imperial bandiera (Carducci)
  • (obsoleto) chiacchierare, ciarlare vanamente | fare rimproveri: garrire a qualcuno | litigare; imprecare, inveire; anche, transitivo, sgridare, rimproverare: pur che mia coscienza non mi garra (Dante).

Per il verso degli uccelli, la radice indoeuropea sarebbe gar (gridare, emettere un suono), da cui il sanscrito gir (voce) e girâ (canto): ne deriverebbero, anche tramite il latino e il greco, parole italiane apparentemente disparate come gracchiare, gracidare, gallo, gru e gergo.

Ma il garrire delle bandiere? per il rumore che fanno sventolando? non mi convince!

Perché il proto-indoeuropeo gar, secondo Grassmann (apparentemente un’autorità in materia) significherebbe anche innalzare? Non sarebbe male, se non fosse che Grassmann, fondatore misconosciuto dell’algebra lineare, si è dedicato alla linguistica come ripiego dopo il mancato riconoscimento del suo lavoro come matematico…

Il dubbio resta. Ma non ho dubbi almeno su questo: preferisco sentir garrire le rondini che veder garrire le bandiere.

Pubblicato su Parole. 4 Comments »

Singapore

Una delle canzoni più brutte della storia. E l’ha scritta Roberto Vecchioni.

Pubblicato su Musica. 6 Comments »