No Country for Old Men

McCarthy, Cormac (2005). No Country for Old Men. London: Picador. 2007.

Uno strano romanzo, che ti prende e ti trascina in una riflessione cupa. In un western ambientato nel 1980, un uomo è in fuga da pericoli tutti mortali. Due killer, di cui uno è gelido e lucido come un angelo vendicatore, lo inseguono. Un attempato sceriffo cerca inutilmente di salvarlo.

Una parabola amara (e reazionaria) sugli Stati Uniti dell’edonismo reaganiano (e a fortiori su quelli di oggi). Contro la lucidità spietata, razionale all’estremo, dell’uomo nuovo Chigurh non c’è scampo: nessuna delle regole del passato si applica, nessuna convivenza è possibile, nessuna via d’uscita, nessuna speranza.

Il pessimismo di McCarthy è temperato da una scrittura bellissima, soprattutto nei dialoghi (ma molto difficile da seguire per un lettore straniero, per la capacità di rendere anche nell’ortografia la lingua parlata del Texas).

Più difficile da digerire la sua morale reazionaria, che emerge nelle riflessioni dello sceriffo Bell. Davvero la droga è all’origine di tutti i mali (If you were Satan and you were settin around tryin to think up somethin that would just bring the human race to its knees what you would probably come up with is narcotics)? E se invece fosse il proibizionismo? Davvero è l’abbandono di Cristo? E se invece fosse l’incapacità di fondare una morale laica sulla solidarietà e l’empatia? Davvero l’esito ultimo della razionalità è la spietatezza? Ma la razionalità è soltanto quella fondata sul calcolo economico?

Quando affronta questi temi “filosofici”, McCarthy ha il fiato corto e i suoi personaggi perdono spessore. Le riflessioni di Bell sono, secondo me, la parte più debole del romanzo. La sua forza, invece, è nei dialoghi, soprattutto in quelli che coinvolgono i bei personaggi femminili di questo libro apparentemente così macho.

Pubblicato su Recensioni. 4 Comments »

4 Risposte to “No Country for Old Men”

  1. wu ming Says:

    I fratelli Coen, nel film che ne hanno ricavato, riescono a rendere il “male” attraverso il personaggio di Javier Bardem: è un’icona spietata, che si muove meccanicamente come in un delirio mistico. Il suo rituale, ogni volta che deve uccidere, si manifesta con questo scambio di battute con la eventuale vittima che gli dice (in questo caso, Carla Jean Moss, la moglie del ladro inseguito da Chigurh e dallo sceriffo :
    You don’t have to do this.
    Anton Chigurh: [smiles] People always say the same thing.
    Carla Jean Moss: What do they say?
    Anton Chigurh: They say, “You don’t have to do this.”
    Carla Jean Moss: You don’t.
    Anton Chigurh: Okay.
    Si sa che i Coen sono grandi registi anche per la capacità di indovinare SEMPRE le faccie giuste. E questo vale anche per la faccia di Tommy Lee Jones per la tenacia, seppur disillusa, con cui cerca di fermare l’assassino e la faccia di insensata avidità con cui il ladro Ed Llewelyn va incontro alla morte pur di tenersi il bottino. Un film imperdibile! Immagino che il titolo voglia dire che in un paese così spietato e arido è difficile arrivare a diventare vecchi; bisognerà leggere il libro per avere la conferma di questa spiegazione.

  2. miriam Says:

    Dei tre che ho letto di McCarthy “No Country for Old Men” è il meno bello. Consiglio “La strada” e “Cavalli Selvaggi”.

  3. borislimpopo Says:

    Bentornata, Miriam. La strada è in coda d’attesa.

  4. The Road « Sbagliando s’impera Says:

    […] tutti gli altri dubbi che avevo avuto leggendo No Country for Old Men trovano per me conferma. McCarthy racconta un’America post-apocalittica (l’inverno […]


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