Mi sembra pertinente, in questi tempi cupi, questo bell’intervento di Giovanna Zincone, che risale a circa un anno e mezzo fa (è stato pubblicato su La stampa del 23 febbraio 2007). Sembra passato un secolo, dai richiami alla tolleranza di Chirac, Merkel, Napolitano e Ciampi, tanto è cambiato il clima…
L’EROISMO DELLA TOLLERANZA
di Giovanna Zincone
La tolleranza è il principio cardine delle attuali democrazie europee. Se una civile convivenza richiede la condivisione di alcuni valori comuni, il primo di questi valori, quello che regge tutti gli altri, è la disponibilità a tollerare opinioni, pratiche religiose, costumi diversi da quelli maggioritari. Solo i regimi autoritari chiedono omogeneità di pensiero e di credo religioso, o magari di credo irreligioso. Solo quei regimi provvedono a disfarsi dei dissidenti, e talvolta pure a ripulire il loro territorio dalle minoranze etniche. I regimi liberali non hanno paura della protesta, dell’opposizione anche radicale, né delle diversità di comportamento persino quando sconfinano nella devianza. Non le temono in qualunque ambito esse si presentino. Basta che non facciano del male, che non si macchino di sopraffazione, violenza, meno che meno di sangue. Sembrano punti ovvi, acquisizioni solide delle democrazie europee. Eppure se ne ritorna a parlare con crescente frequenza sulla scena politica, come a segnalare che c’è un problema aperto. La prima a richiamare quest’anno la tolleranza come un valore fondante dell’Unione europea, nel suo discorso di apertura del semestre tedesco di presidenza del Consiglio d’Europa, è stata Angela Merkel, il 30 gennaio a Berlino. Da allora, durante queste prime settimane di febbraio, sulla centralità della tolleranza si sono accumulati consensi eminenti e ponderosi. Sono mattoni a sostegno di un pilastro centrale e tuttavia non solido. In una sorta di intervista di addio alla vita pubblica, è stato poi Jacques Chirac a ribadire il ruolo insostituibile del principio di tolleranza, ma ha pure indicato il rischio che si corroda, proprio in Francia, che lì perisca soprattutto sotto i colpi della destra xenofoba. Se questo accadesse, i conflitti tra minoranze di origine immigrata e maggioranze di tradizione nazionale diverrebbero sempre più aspri e, infine, ingovernabili. Questo teme il Presidente francese. Anche il nostro, Giorgio Napolitano, ha sentito la necessità di invitare al rispetto del principio di tolleranza tutti coloro che vivono in Italia, siano essi italiani per discendenza, stranieri diventati italiani, immigrati rimasti stranieri. Lo ha fatto nell’incontro al Quirinale con un gruppo di immigrati per i quali aveva lui stesso firmato il decreto di attribuzione della cittadinanza italiana. In quella occasione, anche il Presidente italiano ha evidenziato la presenza di molteplici tensioni a cui è sottoposto oggi il principio di tolleranza. Così ha fatto Carlo Azeglio Ciampi in un brillante dialogo con un gruppo di giovani studiosi europei convenuti a Torino. Insomma, sulla diagnosi importanti esponenti delle democrazie europee oggi concordano: la tolleranza che è necessaria all’Europa ha molti nemici. E non si tratta solo e non sempre di nemici esterni, estranei alla sua cultura. Sono gli spiriti mai spenti dei nazionalismi e dei fondamentalismi, che ritrovano vigore. Di fronte a questi rischi occorrono rimedi forti, bisogna imparare a chiedere qualcosa in più della tolleranza. L’ex Presidente Ciampi, nella conferenza torinese, ha invitato a fare un passo avanti. Non bisogna accontentarsi della tolleranza, occorre pretendere rispetto. Nella tolleranza c’è sempre un grumo di disprezzo, che nel concetto di rispetto è assente. Si tollerano comunità ed esseri fastidiosi, mentre si rispettano gruppi che consideriamo diversi da noi, ma tuttavia dotati di pari dignità. Teorici della tolleranza come il filosofo canadese Charles Taylor ci hanno insegnato quanto sia importante per un individuo, per la sua autostima, essere rispettato e non solo tollerato, fin da piccolo, non solo come singolo ma anche come membro del gruppo di appartenenza. Tuttavia non mi pare che tolleranza e rispetto si pongano in ordine gerarchico. Tolleranza non è peggiore di rispetto, è complementare, e qualche volta persino più eroica. Il rispetto dovrebbe riguardare le comunità nel loro insieme. La tolleranza dovrebbe riguardare specifici comportamenti, pratiche, credenze. Immagino di essere un cittadino europeo agnostico e animalista; rispetto le comunità ebree e musulmane nel loro insieme, ma posso deprecare la macellazione rituale, che mi può sembrare ancora più crudele di quella laica. Però la tollero, anche se contraddice il mio profondo amore per gli animali, anche se mi fa male all’anima. Sono un musulmano; rispetto la comunità nazionale in cui sono immigrato, ma trovo ignobile la mercificazione del corpo delle donne, l’impudicizia ostentata. Tuttavia la tollero, anche se mi provoca disgusto. La tolleranza è la difficile e specifica premessa di un generico rispetto. È eroica, perchè ci obbliga a superare i confini dei nostri principi, a volte di quei principi che ci stanno più a cuore. È un atteggiamento mentale e pratico doloroso, ma necessario. Una società umana moderna e plurale, in cui maggioranze e minoranze non accettino di valicare i confini del proprio insieme di valori, è destinata a conflitti insanabili. Lo è a maggior ragione se in quei confini si arroccano non solo un certo numero di comuni cittadini, non solo èlite religiose che un po’ arroccate tendono a esserlo di mestiere, ma anche èlite politiche e semiliberi pensatori.
lunedì, 15 settembre 2008 alle 1:08
I nazionalismi e i fondamentalismi hanno davvero nemici esterni e interni; Hanif Kureishi – “Il budda delle periferie (1990) ” – descrive una Londra degli anni Settanta in cui intolleranza/violenza si muovono su una scacchiera che vede tutti contro tutti: inglesi contro neri, indiani, pakistani; indiani contro neri, inglesi, pakistani; pakistani contro inglesi, neri, indiani; neri contro inglesi, indiani, pakistani. In un bel film presentato a Venezia 2008 – Machan – il protagonista, un giovane che vuole andarsene dallo Sri Lanka per lavorare in Germania, deve scontrarsi con l’ambasciata tedesca che gli rifiuta il visto e con i nemici interni. L’intolleranza e l’odio, che hanno provocato la lunga guerra tra cingalesi e tamil, continuano a dividere i giovani dello Sri Lanka.
venerdì, 19 settembre 2008 alle 5:50
Sono toccato dalle reflezione e a dire vero del vostro sito,
e ci piacere a collaborare insiemi e organizzare quache serata con la mia associazione sotto tema di toleranza e rispetto riceproco..
kadari rachid
presidente Saharavoice
3485264953