Bajani, Andrea (2007). Se consideri le colpe. Torino: Einaudi. 2007.
Non so se avete mai bevuto il Rabarbaro Zucca. Improbabile, perché dopo un periodo di gran voga – quantomeno milanese, dove l’aperitivo è un rito ed esisteva anche un famoso Bar Zucca – mi risulta sia sparito.
Secondo quanto dice chi lo commercializza (creato da Mario Pavesi, l’inventore dei Pavesini e degli autogrill a ponte, adesso il Rabarbaro Zucca è un marchio dello stesso produttore dell’amaretto di Saronno), è un aperitivo naturale a base di rabarbaro. Ha un gusto piacevole e delicato. Si può gustare Zucca al naturale, con acqua gassata o shakerato con cubetti di ghiaccio. È realizzato con i rizomi del rabarbaro, del genere Rheum, posti in infusione insieme a corteccia di china e d’arancio amaro, semi di cardamomo e altre erbe medicinali. Dopo dieci giorni di riposo, la bevanda è filtrata e imbottigliata. Ha un colore ebano e un gusto gradevolmente amaro che persiste a lungo nel palato.
Quando ero bambino esistevano delle caramelle al rabarbaro, sottili e perfettamente quadrate, con un gusto speciale, dolce-amaro, da grandi. Mi piacevano follemente. Quando ebbi l’età, con emozione, mi avvicinai all’aperitivo. Che delusione! Aveva una bassissima gradazione alcolica (16% in volume) e sembrava annacquato anche a berlo liscio.
Questo romanzo di Bajani è così. Senza nerbo, come diciamo noi critici. Non sa scegliere se vuole raccontare una storia d’amore e d’abbandono tra madre (Lula) e figlio (Lorenzo) ambientata in Romania, o se vuole raccontare la colonizzazione italiana della Romania a partire dalla vicenda Lula/Lorenzo. Alla fine, resta una storia patetica e dolciastra, piena di luoghi comuni.
La cosa più bella del libro è la definizione degli imprenditori italiani in Romania come “pionieri italiani del Far East” (quarta di copertina): peccato che l’idea non sia venuta a Bajani (che anzi nel libro parla più volte di Far West) ma ai creativi dell’Einaudi.
La cosa più brutta: il discorso diretto non è mai introdotto dagli artifici convenzionali (due punti e virgolette, o trattino) ma semplicemente dalla maiuscola, senza segni d’interpunzione. Che bisogno c’era? Questa è l’idea bajanica della sperimentazione linguistica?
L’occasione mancata: ho apprezzato fino quasi alla fine che fosse un libro senza scopate, che la proverbiale pistola appesa sulla panoplia all’inizio del testo non sparasse prima della fine (la bella Monica e il protagonista Lorenzo). Non lo fanno, ma un bacio, nelle ultime pagine, rovina tutto. Suvvia, Bajani!
venerdì, 19 settembre 2008 alle 9:05
C’è poco da aggiungere a questa recensione: anche io sono rimasta blandamente delusa da un libro troppo blando e falsamente sperimentale.