Un gustoso piatto piatto di carne, fatta a pezzi, fritta e ripassata in salsa.
Composto di due parole latine, frigĕre (friggere) e quassare (scuotere, fare a pezzi). Anticamente, le parole coprivano una gamma di significati che ora consideriamo opposti: fortuna in latino significa sia “fortuna” che “sfiga”, e così un fortunale è un evento meteorologico estremo non esattamente fortunato. La radice di frigĕre è la stessa di frigidus; allo stesso modo, in inglese, cold è “freddo” ma to scald significa “scottare”.
Quando il primo giorno che ho messo gli sci, 11 febbraio 1970, mi sono rotto scompostamente e in più pezzi tibia e perone sinistri, il radiologo ha efficacemente definito il mio tipo di frattura “fricassea”.
venerdì, 20 luglio 2007 alle 19:56
avevo avuto l’impressione che questa descrizione della fricassea fosse troppo povera e infatti ho controllato sull’enciclopedia della gastronomia dove specifica che la fricassea è uno spezzatino di carni rigorosamente bianche condite e legate all’ultimo con uovo e limone. Io ricordavo solo il limone, per questo ho controllato. Succo e buccia grattugiata di limone con prezzemolo tritato sono anche la “gremolata” indispensabile per fare i veri ossi buchi alla milanese, che non ho più fatto dai tempi della mucca pazza, ma che potrei provare a rifare se mai mi capiterà di trovarli in qualche supermercato.
venerdì, 20 luglio 2007 alle 20:01
Le mie carni erano ben rosse (mi hanno detto spesso pollo e maiale, ma nell’occasione soprattutto “angelo caduto in volo”). Non mi hannop curato con uovo e limone, ma con gesso e trazione…
venerdì, 7 settembre 2007 alle 17:40
[…] memorabile. Nel febbraio del 1970 (avevo 17 anni e Guerra e pace non l’avevo letto da molto) mi ruppi una gamba in montagna. Mentre aspettavo che una barella che mi venisse a prendere, guardavo il cielo sereno di quel primo […]