Il 20 luglio 1969 i primi uomini calcarono il suolo lunare (veramente, per noi europei, erano le prime ore del mattino del 21).
Chi all’epoca era troppo piccolo o non era ancora nato non può capire, penso, come ci sembrasse storica quella data. Ero convinto, e molti altri miei coetanei con me, che nel 2000 i viaggi spaziali sarebbero stati ordinari come allora i viaggi aerei e che probabilmente avrei festeggiato i miei 50 anni con una gita sulla Luna o su Marte.
Molti restarono alzati tutta notte. In Italia, la telecronaca (anche i collegamenti in mondovisione erano una cosa recente – il primo era stato quello del giugno 1967, quando i Beatles cantarono All you Need is Love dal vivo) fu condotta dai leggendari Tito Stagno (in studio) e Ruggero Orlando (dall’America). Io ero a Dublino e la seguii sulla tv irlandese.
Sapevo tutto sulla Luna – sapevamo tutto, dovrei dire, perché la copertura mediatica fu massiccia: la polvere, la gravità pari a 1/6 di quella terrestre per cui gli astronauti procedevano a balzelloni, il ritardo di circa un secondo nelle conversazioni (384.000 km sono tanti anche alla velocità della luce). Qualche anno dopo feci la fila (alla Fiera di Milano, mi pare) per vedere i sassi portati dalla Luna da Neil Armstrong e Buzz Aldrin. Dopo un po’ lo spazio passò di moda. Adesso è di moda dire che lo sbarco sulla Luna non avvenne mai.
Si stima che allo sbarco assistettero 500.000.000 di persone. Armstrong e Aldrin scesero con il modulo lunare Eagle, mentre quel poveraccio di Michael Collins restava in orbita lunare nella capsula (la quintessenza della sfiga: 384.000 km per niente!). Armstrong, che era il comandante, uscì per primo e disse la storica frase: “That’s one small step for a man, one giant leap for mankind“. Chissà quanto se l’era studiata e preparata, ma sbagliò lo stesso e disse invece “That’s one small step for man, one giant leap for mankind“. Poi piantarono la bandiera americana (d’alluminio, perché altrimenti sarebbe rimasta moscia, data l’assenza di atmosfera e dunque di vento) e Aldrin si fece fotografare mentre la salutava militarmente (Armstrong era un civile). Infine lasciarono una placca firmata da Nixon (bella traccia lasciata ai posteri e agli extraterrestri!).
“We came in peace for all mankind”: alla fine degli anni 60 ci credevamo.
venerdì, 20 luglio 2007 alle 16:14
Io speravo davvero di andare sulla luna nel 2000, invece adesso i soldi che venivano spesi per i viaggi spaziali servono per progettare armi sempre più sofisticate (lo scudo spaziale da mettere in Euroa) contro nemici rappresentati come demoni e spiriti del male. Nessuno direbbe più veniamo in pace
lunedì, 23 luglio 2007 alle 19:16
[…] Luglio 23rd, 2007 — borislimpopo A complemento di quanto ho scritto sulla mondovisione. Il 23 luglio 1962 fu effettuata la prima trasmissione televisiva transatlantica (una partita di […]
giovedì, 1 maggio 2008 alle 9:49
[…] canzone in realtà usci nel Regno Unito l’11 luglio 1969, per sfruttare il clamore dello sbarco sulla luna dell’Apollo 11. Rick Wakeman alle […]