Quando ero più giovane e più irrequieto (o, meglio, diversamente irrequieto) citavo spesso un brano del Don Giovanni di Mozart e Da Ponte e sostenevo di essere costante, ma non fedele.
Fedéle è, secondo me – e forzo un po’ le definizioni dei vocabolari – chi osserva la fede data ed è devoto a una persona (o a un ideale).
Costante è più affine a durevole o continuo (un dolore costante…) e dunque chi persevera nei propositi e nei sentimenti.
Sostenevo di essere costante, ma non fedele, nei miei affetti.
La citazione del Don Giovanni è questa:
DON GIOVANNI:
È tutto amore!
Chi a una sola è fedele,
verso l’altre è crudele:
io che in me sento
sì esteso sentimento,
vo’ bene a tutte quante.
Le donne, poiché calcolar non sanno,
il mio buon natural chiamano inganno. (Atto II, scena prima)
martedì, 24 aprile 2007 alle 18:22
Ieri ascoltavo il Rigoletto e ho ripensato a questo tuo post….La tua è una filosofia diffusa nell’opera. Il duca nel primo atto va anche oltre…odia anche la costanza….
“Questa o quella per me pari sono
a quant’altre d’intorno, d’intorno mi vedo;
del mio core l’impero non cedo
meglio ad una che ad altra beltà.
La costoro avvenenza è qual dono
di che il fato ne infiora la vita;
s’oggi questa mi torna gradita,
forse un’altra, forse un’altra doman lo sarà,
un’altra, forse un’altra doman lo sarà.
La costanza, tiranna del core,
detestiamo qual morbo, qual morbo crudele;
sol chi vuole si serbe fidele;
non v’ha amor, se non v’è libertà……”
martedì, 24 aprile 2007 alle 19:44
Sospetto che Francesco Maria Piave conoscesse fin troppo bene il libretto che Lorenzo da Ponte scrisse per Don Giovanni. Il duca di Mantova, però, è un losco figuro (modellato originariamente da Victor Hugo su Francesco I di Francia), mentre Don Giovanni, secondo me, rivela un orgoglio diabolico, un hubris da tragedia greca:
LA STATUA:
Tu m’invitasti a cena,
Il tuo dover or sai.
Rispondimi: verrai
tu a cenar meco?
[…]
DON GIOVANNI:
A torto di viltate
Tacciato mai sarò.
LA STATUA:
Risolvi!
DON GIOVANNI:
Ho già risolto!
LA STATUA:
Verrai?
[…]
DON GIOVANNI:
Ho fermo il cuore in petto:
Non ho timor: verrò!
LA STATUA:
Dammi la mano in pegno!
DON GIOVANNI
(porgendogli la mano):
Eccola! Ohimé!
LA STATUA:
Cos’hai?
DON GIOVANNI:
Che gelo è questo mai?
LA STATUA:
Pentiti, cangia vita
È l’ultimo momento!
DON GIOVANNI
(vuol sciogliersi, ma invano):
No, no, ch’io non mi pento,
Vanne lontan da me!
LA STATUA:
Pentiti, scellerato!
DON GIOVANNI:
No, vecchio infatuato!
LA STATUA:
Pentiti!
DON GIOVANNI:
No!
LA STATUA:
Sì!
DON GIOVANNI:
No!
LA STATUA:
Ah! tempo più non v’è!
Ed ecco, puntuale, la nemesi.
(Fuoco da diverse parti,
il Commendatore sparisce,
e s’apre una voragine.)
DON GIOVANNI:
Da qual tremore insolito
Sento assalir gli spiriti!
Dond’escono quei vortici
Di foco pien d’orror?
CORO di DIAVOLI
(di sotterra, con voci cupe):
Tuo a tue colpe è poco!
Vieni, c’è un mal peggior!
DON GIOVANNI:
Chi l’anima mi lacera?
Chi m’agita le viscere?
Che strazio, ohimè, che smania!
Che inferno, che terror!
LEPORELLO:
(Che ceffo disperato!
Che gesti da dannato!
Che gridi, che lamenti!
Come mi fa terror!)
(Cresce il fuoco, compariscono diverse furie,
s’impossessano di Don Giovanni
e seco lui sprofondano.)
domenica, 16 dicembre 2007 alle 20:42
[…] non il miglior Handke. Anzi, per me, che sono un appassionato del Don Giovanni della musica e del mito, una grossa delusione. Il libro mi sembra singolarmente […]