Secondo il dizionario di Tullio De Mauro, nella versione online, è un termine poco usato, che significa: “compenso per un’attività professionale”. Il secondo significato del termine è obsoleto: “profitto, entrata, guadagno”; e anche: “interesse sul denaro”.
Trovo divertente l’etimologia, dal latino ex (da) e molĕre (macinare, grattugiare; è la stessa radice di mulino, molare e dell’inglese meal, pasto). Rinvia alla pratica di prendersi da soli l’interesse sul danaro prestato “tosando” con una lima il bordo delle monete, che erano di metallo prezioso (ancora adesso le monete hanno i bordi zigrinati, per vedere subito se sono state sottoposte a questa pratica). Non è male pensare che i compensi dei professionisti siano una limatura del valore prodotto nelle attività realmente produttive (che rinvia alla concezione del lavoro nei servizi come improduttivo).
E mi fa tornare in mente una storiella che si raccontava negli anni Ottanta.
Visita del presidente del consiglio a Reggio Emilia. Gli portano una forma di parmigiano-reggiano. “È da grattare?”, chiede Bottino Craxi. “Ma no, Presidente, glielo regaliamo noi!”
lunedì, 30 aprile 2007 alle 16:50
[…] Speravo che mulo avesse la stessa etimologia di molĕre (in fin dei conti si può mettere un mulo per far girare una macina, no?), ma pare che invece sia […]